Sopravvivono 34 negozi piacentini, 25 hanno chiuso
Al posto della storica drogheria Bisi e dell'altrettanto antica pasticceria Piccoli sono subentrati gli immigrati coi loro phone center. Dietro il vecchio banco di salumeria all'angolo con via Vescovado ora si vende kebab. Per qualcuno che lascia - "Peppino", colonna della ristorazione della strada, ha appena riaperto in via Scalabrini, mentre il mobilificio Lambrini ha abbassato la saracinesca alla fine dello scorso anno - c'è chi resiste: la farmacia Bertuzzi, per 40 anni in attività al numero civico 266, ha da poco dischiuso i battenti al 141. Restando in via Roma, perché, dice una delle titolari, Francesca Bertuzzi, «in questa strada ci crediamo al punto di averci nuovamente investito, ma vorremmo che anche gli altri ci credessero».
Via Roma, avamposto piacentino dell'immigrazione - qui i primi immobili affittati in maniera consistente agli stranieri, qui anche il primo "boom" di aperture commerciali d'importazione, e sempre in questa strada i primordiali vagiti della Piacenza multiculturale, non esenti dalle innumerevoli problematicità di integrazione - è terra di confine. E di rapido mutamento, quanto ad aspetto e ad offerta: perché i dati forniti dal Comune (i quali indicano otto nuove aperture e due chiusure di esercizi commerciali dal gennaio 2005 ad oggi) non esauriscono la poliedricità del turn over che ogni giorno va consumandosi in poche centinaia di metri, e che riassume l'autentica essenza della società multietnica, con le sue frizioni, le sue contraddizioni, il suo fascino di luogo di frontiera, dove le rivendite di lunga generazione si mischiano ad esotiche insegne di recente ingresso, dalla Rosticceria Marakkech al New Bangla Shop.
Lungo tutta via Roma, da barriera della Lupa a piazzetta santa Maria, la rete commerciale resta a maggioranza locale, con 34 negozi di piacentini, comprendenti un paio di banche e due agenzie di lavoro interinale. L'altra fetta commerciale è rappresentata dagli esercizi degli immigrati, phone center, mini-market oppure tavole calde, 13 in tutto.
Ma c'è lo scoglio più ostico, quello che, di tanto in tanto, fa levare il grido: «Via Roma sta morendo». E sono le circa 25 serrande abbassate, concentrate soprattutto nella parte alta, verso la Lupa. Abbassate e mai più rialzate. Colpa degli immigrati che tengono lontano i piacentini, accusa qualcuno. Colpa della paralisi del commercio di vicinato e dell'espansione dei centri commerciali, aggiungerebbero le statistiche.
«La zona è di forte transito, ai piacentini si sono aggiunti gli immigrati, il via vai è continuo», osserva Tiziana Ponzini, edicolante ai giardini Merluzzo. Ed il fornaio della strada che si affaccia su piazzetta santa Maria: «Via Roma è stata una delle strade più belle di Piacenza, quando aveva 8 negozi di frutta e verdura, due cooperative, le macellerie di carne equina, lo storico negozio di abbigliamento "Zavaroni". «Avevo 13 anni quando ci sono arrivato, da Cadeo» racconta Pietro Struzzi. «Ma il problema - ritiene il fornaio - è che si fatica a trovare chi riapra i negozi, piazzetta santa Maria era un piccolo supermercato. È vero, magari si registrano tante aperture sulla strada, ma dopo 6 mesi sono in tanti a mollare». Abdul Qayyum, pakistano, banco di kebab all'angolo con via Vescovado, resiste da 6 anni: «La chiusura di via Roma - dice - è stato un colpo per gli affari, sono stato costretto a diminuire il personale, ma ci sono tanti piacentini che hanno imparato ad apprezzare il kebab e a mezzogiorno vengono qui». «L'impresa funziona abbastanza bene - testimonia Mohamed Navid, phone center dal 2003 in via Roma - tanta gente del posto viene qui per navigare su internet. I ripetuti controlli della polizia, benvengano se è necessario, ma quando sono continui a volte fanno scappare i clienti». In poche centinaia di metri si concentrano poli geografici opposti e storie antiche e recenti. Da una parte c'è Ali Ahmad, giovane pakistano: continua a risiedere a Brescia ma da due mesi ha trovato lavoro a Piacenza, nel negozio di kebab di suoi connazionali. Al lato opposto c'è lo storico orologiaio, Giovanni Bosini, negoziante della strada dal Dopoguerra. «Tutto è cambiato», chiude il cerchio. Simona Segalini, Libertà del 20 ottobre 2006
Mariuccia Trenchi, vicepresidente del Comar : «Il Comune ci deve aiutare»
«Via Roma ha bisogno di un'offerta commerciale più ricca». Mariuccia Trenchi, barista della strada (e vice presidente del Comar, comitato di operatori e residenti della strada), dal 1960 orbita in zona, prima via Tibini, poi via Roma. «Quando affermo la necessità di un'offerta commerciale più varia - spiega - mi riferisco in particolare a negozi di artigianato etnico, oppure a ristoranti tipici, che potrebbero favorevolmente essere gestiti dagli stranieri, rendendo più ricca la nostra strada. È vero infatti che adesso le nuove aperture sono tutte provenienti da immigrati - fa presente Mariuccia - ma è anche vero che l'offerta è confinata nei generi di call center, supermercati o kebab, e questo non contribuisce ad arricchire di proposte la rete commerciale della zona. Eppure le possibilità di nuove aperture ci sarebbero: per esempio, manca in strada una gelateria d'asporto, manca una ferramenta, manca un fiorista, siamo giù nell'offerta», considera. I commercianti di via Roma, spiega, avevano lanciato a palazzo Mercanti la loro idea per rivitalizzare la rete commerciale con innesti di qualità: il progetto, che avrebbe richiesto la collaborazione dei vicini liceo artistico Cassinari e Politecnico, era quello di promuovere in via Roma l'apertura di laboratori artigianali (cornici, dipinti, sculture, pelletteria), mediante l'incentivo di canoni d'affitto di favore. «Purtroppo - ammette la barista - non abbiamo ricevuto nessun riscontro, da tre anni a questa parte». Il mercatino dell'usato, che per anni riempì la strada, imboccò in seguito un tribolato percorso, e non venne più ripetuto. Il mercato del Forte, oggi, guardato con appetito dai commercianti di via Roma, ha finora disertato la strada. «Ma il Comune - avverte la barista - dovrebbe trovare iniziative anche per noi, perché non esiste soltanto piazza Cavalli, ed il nostro auspicio è che ci si possa inventare qualche manifestazione anche per via Roma».
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