Prove di dialogo tra i poli ieri in consiglio comunale sulla politica culturale. Dialogo non facile alla luce dei differenti giudizi sull'operato della Fondazione Toscanini, che della cultura locale ha gestito in questi tre anni un pezzo importante come le stagioni musicali (lirica, danza, concerti) del Municipale datele in affidamento dal Comune nel 2003. Affidamento che scadrà a giugno, per cui la giunta si sta muovendo per il rinnovo dell'appalto con un bando triennale su scala europea.
Ne ha dato notizia l'assessore al teatro Giovanna Calciati parlando di un «orientamento» in tal senso dell'amministrazione con l'obiettivo di arrivare all'aggiudicazione in primavera.
E già questo è un motivo di scontro con l'opposizione che invece è per una «soluzione-ponte», tale cioè da non legare le mani alla prossima giunta che si insedierà nel 2007. Lo ha chiesto Massimo Trespidi (Forza Italia) che l'ha posta quale condizione per la ricerca di un percorso bipartisan sulle politiche culturali, fermo restando che c'è chi, come Antonio Levoni (gruppo misto), ritiene opportuno un ritorno alla gestione diretta del Municipale da parte del Comune.
Una fondazione "multiculturale" Ma c'è un altro scoglio, e cioè la fondazione che l'amministrazione ha ieri confermato di avere intenzione di creare per «riunire le principali entità culturali cittadine» - insieme al teatro, i musei civici, la biblioteca e quant'altro sia giudicato utile -, un'unica istituzione (presieduta dal sindaco) a cui partecipino «tutti i soggetti, pubblici e privati, interessati alla cultura» e in grado, sono sempre parole di Calciati, di sviluppare quegli «intrecci virtuosi» che sprigionino le risorse soprattutto finanziarie di cui una politica culturale di qualità ha bisogno.
Il Polo la preferisce "leggera" Notoriamente diversa la prospettiva del centrodestra. Trespidi ieri l'ha ribadita: una fondazione mista, sì, ma che sia limitata a sovrintendere al teatro («È quanto hanno fatto a Cremona con il Ponchielli riuscendo a coinvolgere soggetti pubblici e privati e col Comune che tiene le redini»), ed eventualmente un'altra per i restanti contenitori culturali.
«La Toscanini ci snobba per Parma» Man forte a Trespidi è arrivata anche dalle file della maggioranza. Massimo Silva (Margherita) ha chiesto «un confronto largo per costruire una realtà che porti cultura per il territorio». Ma, insieme a Emilio Gorgni (gruppo misto) e Sandro Ballerini (Forza Italia), ha anche sviluppato una serie di critiche alla gestione della Toscanini che a suo parere punta a diventare «sempre più grande» a discapito della realtà piacentina. I segnali? Dal progetto "Terre Verdiane" che Silva giudica al palo a una strategia generale che starebbe portando la fondazione ad allontanarsi da Piacenza. Prova sarebbe la sua partecipazione al progetto "Parma capitale della musica" che decolla nella città ducale incardinato sul teatro Regio e forte di ingenti fondi ricevuti dagli enti di emanazione ministeriale.
«Il governo dà i soldi a chi vuole» «Ma si sa come vengono erogati i fondi statali», ha replicato Calciati: a tenere i cordoni di certe borse destinate alle attività teatrali «sono due ministri direttamente», Rocco Buttiglione e Pietro Lunardi, che appartengono a un governo di centrodestra, con il secondo che oltretutto è di Parma. Si capisce perciò, secondo l'assessore, come mai sul Regio piovono risorse, «è tutto discrezionale, non ci sono bandi o concorsi».
«Basta scetticismi alla piacentina» Calciati ha peraltro difeso a spada tratta i risultati della Toscanini a Piacenza: dagli spettacoli impennatisi per numero e qualità senza aggravio di costi per il Comune fino alla Cherubini di Riccardo Muti, l'orchestra giovanile che «sta conferendo prestigio alla città». Per cui «gli scetticismi alla piacentina dovremmo scrollarceli di dosso una buona volta».
«Imparare a produrre cultura» E tuttavia che l'impressione sia di aspettative iniziali non pienamente corrisposte è l'opinione anche il diessino Gianni D'Amo. Il quale, volgendo lo sguardo al futuro e alla prospettiva di una fondazione culturale, ha indicato due aspetti centrali: che a farne parte si facciano avanti soggetti con solide disponibilità economiche e che si ragioni su una seria valorizzazione culturale della città, il che significa «ricostruire a Piacenza le condizioni per la crescita di professionalità culturali» a tutti i livelli, dall'artigiano-falegname al grande direttore, cioè «produrre qua intelligenza e ricchezza culturale e poi magari essere capaci di esportarle fuori». Un buon esempio visto sin qui? La Cherubini, a giudizio di D'Amo, con i due terzi dei suoi giovani musicisti che sono venuti a risiedere in città con tutta il loro potenziale di «contaminazione» artistica. Gustavo Roccella, Libertà del 7 dicembre 2005
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