Il presidente nazionale di Confindustria: qui eccellenza alimentare
Il sigillo più autorevole sul ruolo di Piacenza in vista dell'esposizione universale di Milano ("Nutrire il pianeta. Energie per la vita") arriva da Giorgio Squinzi, presidente nazionale di Confindustria e ospite d'onore all'assemblea di palazzo Gotico.
«La vostra provincia deve essere in prima linea per l'Expo 2015 - sostiene Squinzi - grazie alle eccellenze agroalimentari e alle attrattive territoriali da offrire ai visitatori».
Un riconoscimento quanto mai gradito e un ulteriore sprone a serrare le fila del progetto di promozione della nostra città. Per il resto, Squinzi affronta tutti i temi che più gli stanno a cuore e che in questi giorni va ripetendo dalle Alpi a Capo Passero: «Credito, fisco, giustizia, semplificazione burocratica sono i segni che ci aspettiamo da uno Stato amico». E sì, non c'è molto tempo per decidere le cose essenziali per la vita delle imprese e del Paese.
«Vedo segnali di cambiamento nel Governo, ma è presto per parlare di svolta» commenta il presidente nazionale, dando un credito di fiducia. Ma il problema è più vasto, mentre altri Paesi sostengono in modo «temerario» le loro economie, l'Europa non lo sta facendo. In quanto alla crescita, non potrà che poggiare sulle fondamenta dell'industria e della manifattura che contribuisce in Italia al 17 per cento del Pil, in Germania al 23 e nell'Euro zona complessivamente al 15,7, ma si deve arrivare al 20. La perdita di un milione e quattrocentomila posti di lavoro negli anni della crisi mette a repentaglio la nostra tenuta sociale, la prima regola è dunque far leva sull'industria, perché di manifattura vivono in Italia 8 milioni di famiglie («a Piacenza avete una vocazione industriale forte, so che non mollate e non mollerete mai»).
La ricetta di Squinzi ha pochi ingredienti, ma necessari: la riduzione del cuneo fiscale, l'Italia è al 53 per cento del salario versato allo Stato e occorre tagliare di almeno 11 punti il peso fiscale; il rilancio del credito alle imprese che rischiano di non sopravvivere («è sceso di 50 miliardi nei diciotto mesi passati»); i pagamenti dello Stato sollecitato a versare almeno una parte dei suoi debiti che ammontano a 120 miliardi ai fornitori; la partenza delle infrastrutture. Solo lavorando su questi fronti si può pensare di creare un milione e 800 mila nuovi posti di lavoro da oggi al 2018. Confindustria, come corollario, ha già inviato un pacchetto di proposte al governo Letta anche sullo snellimento burocratico che minaccia il Paese tutto, dove il nord trainante sta perdendo la connessione con il resto d'Europa.
«La politica deve metterci nella direzione giusta e rimettere le imprese al centro delle preoccupazioni del Paese». La luce in fondo al tunnel? «Pensavamo che la seconda parte dell'anno sarebbe stata di ripresa, ma mese dopo mese le proiezioni peggiorano, tra - 1,5 e -1,8 della produzione. Tanto, troppo dopo il - 2,4 dell'anno passato, bisogna mettercela tutta per la svolta, spero che a fine anno la congiuntura internazionale, migliorando, ci dia una mano». L'evasione fiscale? «Il sommerso c'è ma non è il punto centrale». Infine il dramma del lavoro giovanile, il ministro Zanonato ha annunciato la defiscalizzazione: «Lo chiedevamo da tempo ad alta voce. E in generale, negli ultimi cinque anni il costo del lavoro in Germania è diminuito del 2 per cento e in Italia è aumentato del 9, occorre la neutralizzazione della base imponibile Irap e la decontribuzione per avere un miglioramento del 9-10 per cento». C'è tutta una platea ad applaudire. Pat. Sof. LIBERTA' 04/06/2013
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