Ogni numero è prezioso. Sono preziose quelle 27mila e 851 imprese iscritte in Camera di Commercio a fine maggio di quest'anno, tanto più se pensiamo che altre 781 sono scomparse rispetto a maggio di un anno fa e sono mille quelle cadute sul campo dal maggio di due anni fa. Già 25 i fallimenti registrati a Piacenza nei primi cinque mesi.
E' il quadro, ancora una volta faticoso, demoralizzante e difficile da tollerare dell'economia locale, stretta, come tutte, dalla morsa della crisi.
Ieri, in occasione della giornata nazionale dell'economia, la Camera di Commercio ha reso noto lo scenario che accusa una perdita in tutti i settori: dalle costruzioni (-249 unità) al commercio (-190 unità), dall'agricoltura (-174 unità) al manifatturiero (-93 unità).
Interessante l'andamento delle esportazioni e delle importazioni del primo trimestre 2013, se l'export a Piacenza tiene (+ 0.2) - la seconda voce del paniere sono i prodotti tessili e l'abbigliamento, forse influenzata dal polo logistico - nel complesso rallenta e il calo riguarda Asia orientale e Africa, mentre restano stabili i rapporti con Europa e America.
L'import rallenta e cede 4 punti percentuali. Da notare come il settore di punta, le macchine utensili, si fermino a un valore di 205 milioni (-17).
Giù anche i prodotti in metallo (-5,7) e gli alimentari (-16,8), in crescita gomma e materie plastiche (+10,4 per cento).
Il commento del presidente camerale Giuseppe Parenti ripete un dato incontrovertibile: «Tutte le aziende che hanno a che fare con il mondo esterno "tengono" la posizione e crescono, abbiamo prodotti tecnologicamente molto validi e così l'industria, il cibo italiano è come la moda, una qualità intrinseca al territorio - prosegue - e gustata in tutto il mondo». Questi ambiti si difendono, reggono il passo o stanno migliorando, invece i settori legati al mercato interno subiscono la concorrenza di prodotti dall'estero con prezzi sempre più bassi. In Camera di Commercio si sente fortemente e quotidianamente la drammaticità della situazione, specie delle imprese che hanno a che fare con lo Stato. E per chi vive solo di mercato interno la «fine» può colpire fra tre mesi o tre anni ma appare difficilmente evitabile se non cambieranno le regole.
«Ogni giorno tanti imprenditori mettono i loro risparmi nelle microaziende per sostenerle, sperando che cambi il trend di sviluppo» fa notare Parenti.
Intanto misure come l'imposizione dell'Imu ai massimi livelli sulle attività produttive, sui capannoni (così a Piacenza) sono macigni: «Se un'impresa perde soldi e gliene vengono tolti più di quelli che guadagna, si bruciano posti di lavoro, un posto di lavoro mediamente va dai 30 ai 100mila euro, se tolgo risorse dal capitale taglio il lavoro». Parenti insiste su vent'anni di continua politica sbagliata e se anche oggi tutti sanno cosa andrebbe fatto, mancano risorse, bisognerebbe «sconfinare» un po', stampare moneta e riportare la proporzione dell'euro a quando si è partiti, un euro e un dollaro a pari. L'euro svalutato aiuterebbe.
Mentre appare meno convincente l'indicazione regionale, venuta anche da Banca d'Italia, che vede nella ricostruzione del dopo terremoto una significativa opportunità, stante i finanziamenti promessi («In realtà c'è molta burocrazia e le risorse non arrivano»). Il terremoto ha molto danneggiato il Pil regionale ma difficilmente la ricostruzione può generare un beneficio stabile ad economie tanto più lontane come quella piacentina.
E l'Expo? Partito lentamente, oggi «siamo orientati su una direzione concreta per realizzare un progetto sostenibile nel territorio - conclude Parenti - con treni, collegamenti, un museo nazionale dell'agricoltura, cose che rimangano a Piacenza dopo i sei mesi dell'Expo». Speranze a cui dar gambe e muscoli.
A Giuseppe Conti, presidente dei Giovani Industriali, chiediamo come possa un giovane aver fiducia nel far impresa in un simile contesto. «Ai neo laureati giovani e disoccupati consiglio di viaggiare, di andare in Cina, in America, in Brasile e poi tornare, mentre serve a tutti un esame di coscienza, chiedersi se si è abbastanza preparati e formati di fronte a sfide globali, se si conosce bene l'inglese... ». Un tempo bastava un uomo al comando, oggi non più, servono nuovi strumenti e un buon team. Patrizia Soffientini LIBERTA' 15/06/2013
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