E' l'ago nel pagliaio di una crisi senza fine e mai così drammatica, lo ha "trovato" lo studio della Banca d'Italia sul 2012 presentato ieri all'Università Cattolica, e solo per questo merita un riflettore a sé: l'Emilia Romagna vede crescere la sua forza attrattiva all'estero e gli investimenti che arrivano sono superiori a quelli delle imprese regionali fuori confine.
Enrico Ciciotti (Laboratorio di Economia della Cattolica) commenta con cautela: «E' un fenomeno da presidiare, perché un conto è chi arriva qui e crea nuova occupazione, un conto è se acquista imprese e poi cosa ne fa». E ancora da Ciciotti arriva una sintesi fra le più convincenti per battere una crisi ormai strutturale e con una assenza di crescita ventennale in regione: serve capitale finanziario per sostenere investimenti e serve capitale umano per innovare in tecnologia e processi. Invece accade che troppe imprese abbiano «trovato conveniente investire in finanza a breve e a Piacenza se ne son visti tanti casi». E succede che le banche abbiano ristretto il credito anche a chi va bene ed è «inconciliabile» il + 7 per cento di raccolta con il calo dei prestiti, come spiegare poi lo spread di 5 punti percentuali tra tassi attivi e passivi? «Il costo del denaro scoraggia la imprese virtuose». L'invito alla banche è di correggere il tiro.
Nell'insieme il convegno della Banca d'Italia "L'economia dell'Emilia Romagna nella crisi internazionale" ha proposto dati che sono ormai parte degli studi consolidati di Unioncamere e Confindustria. Quest'anno è stata scelta Piacenza, una delle sessanta filiali, per far da cornice alla presentazione, dove Banca d'Italia tratta il contante per il Centro Nord e la distribuzione di nuove banconote, come ha sottolineato Antonio De Filippo, direttore della sede piacentina. Il report conferma un andamento con molti segni "meno", attenuati dalle esportazioni che pure vedono diminuire la spinta propulsiva, crollano ai livelli delle compravendite, calano i presti alle famiglie e alle imprese. Analisi già entrate nel Dna di una classe imprenditoriale che oggi ha bisogno soprattutto di risposte, azioni, soluzioni. E dove Paolo Rizzi (Università Cattolica e AISRe Associazione Italiana Scienze Regionali), si esprime sull'importanza di tenere occhi aperti sia sulle condizioni internazionali, sia su quelle territoriali per far muovere una "generatività" progettuale locale.
Nelle conclusioni, Luigi Cannari, capo del Servizio Statistiche di Bankitalia, non lascia spazi ad aspettative ottimistiche. Forse una boccata d'ossigeno arriverà dai 40 milioni («potrebbero aumentare») con cui la pubblica amministrazione pagherà i suoi debiti alle imprese, ma sul fronte del credito il diktat non cambia: «resterà modesto, non sarà allentata la cautela, ci sarà attenzione nell'erogare», medicina amara, in attesa che arrivino le riforme per ridare fiducia al Paese.
Patrizia Soffientini libertà del 14/06/2013
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