I tempi sono strettissimi, già giovedì sulla carta il decreto potrebbe essere convertito in legge. La zattera di salvataggio sembra una sola, il referendum per passare alla Lombardia, per dare il via al quale basterebbe una delibera di consiglio provinciale, entro la fine di agosto.
«Solo così potremo dare a Piacenza la possibilità di essere Comune capoluogo, e quindi protagonista, di una provincia che comprenda la nostra e Lodi».
È iniziata un'altra settimana di passione per la Provincia di Piacenza, la provincia perduta, e l'onorevole Tommaso Foti, dalla sede del suo partito, il PdL, stronca le ultime speranze di poter salvare il palazzo di corso Garibaldi con una cascata di emendamenti, in totale 1.980 a livello nazionale, 200 dei quali riguardano le sorti delle Province. Politica, quella degli emendamenti, adottata in particolare dal presidente della Provincia, Massimo Trespidi, per tentare di salvare il salvabile. Ma secondo il parlamentare azzurro «su questo tema non si toccherà palla - annuncia - anche se i parlamentari piacentini ripresenteranno alla Camera le proposte». Quindi, due considerazioni.
La prima è sui tempi, perché «entro il 3 agosto, probabilmente, potremo parlare già di Piacenza come di una provincia accorpata».
La seconda è che «dopo aver fatto il parlamentare per 16 anni non prendo in giro né gli elettori né me stesso - dice il deputato -: la revisione della spesa pubblica non è un divertimento estivo, ma un provvedimento senza il quale rischiamo di trovare lo spread a livelli altissimi». Anche ieri, lo spread si è mosso in decisivo rialzo, l'euro è rimasto ai minimi e le Borse si sono mostrate ancora in forte calo, con Milano e Madrid in precipitata. Il lunedì dei mercati, dopo un venerdì nero, ha ricalcato alla lettera le previsioni. Il Governo porrà la fiducia sul testo uscito dal Senato, dove «non ci sono piacentini, chi potrebbe sostenere la nostra causa dovrà necessariamente conciliarla con gli interessi di altri territori» ricorda Foti. Qualche nome? Amici di Piacenza potrebbero essere Giampaolo bettamio e Filippo Berselli, ma, ad esempio, per far dire sì al criterio di storicità della Provincia i due dovrebbero mettere in discussione la Rimini dove vantano il proprio bacino elettorale e il proprio passato politico.
Le strade sono due.
O si stralcia l'articolo 17 del decreto legge 95 del 2012 (cioè la spending review), come richiesto a gran voce dall'Unione Province Italiane, per "incostituzionalità" dello stesso provvedimento Monti, oppure il territorio si muove da sé, e chiede ai cittadini cosa vogliano fare.
L'onorevole sostiene che non saranno toccati i criteri del numero degli abitanti (350mila) e della superficie (2.500 chilometri quadrati), anche se, dal suo punto di vista, sarebbe l'alternatività di uno dei due requisiti a poter salvare l'ente. Oppure, altra strategia proposta da Foti, il Senato potrebbe almeno limitarsi a prorogare i termini per l'applicazione della norma dando più tempo ai Consigli delle autonomie locali di pronunciarsi, spostando il termine al 30 settembre.
La delibera di consiglio provinciale dovrà essere trasmessa all'ufficio centrale per il referendum della Corte di Cassazione. In caso di pronunciamento favorevole, entro la fine dell'anno i piacentini potranno essere chiamati a scegliere tra Lombardia o Emilia. I costi dell'azione referendaria? C'è chi dice siano troppo alti. «Sarebbe il costo delle elezioni, ma ci troviamo di fronte a un momento eccezionale, un referendum costituzionale - conclude Foti -. Quando mai c'è stato un simile riordino geografico dopo l'Unità d'Italia? Io sono per conservare le tradizioni, non le poltrone. Con lo spread a 520 dubito che in Parlamento qualcuno dica di salvare le Province. Il referendum deve essere proposto a livello istituzionale, non da un partito». Quindi, l'appello al consiglio provinciale, a tutto il consiglio, è lanciato. Elisa Malacalza LIBERTA' 24/07/2012
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