L’ultimo atto dello scontro sulle regole per le primarie, e della sfida per la premiership del centrosinistra, è il ricorso di Matteo Renzi al Garante della Privacy contro norme che «violano la riservatezza» e per prevedere la possibilità della registrazione on line. Un `atto di guerra´ che isola il sindaco di Firenze rispetto a Pier Luigi Bersani e Nichi Vendola e che alimenta, tra i supporter dei leader Pd e Sel, il sospetto, come esplicita il presidente della Toscana Enrico Rossi, che Renzi, invocando la privacy, «voglia vincere a tutti i costi, anche con gli elettori del centrodestra in incognito». Mentre Renzi oggi a Carbonia e Iglesias riceve fischi e contestazioni perché esponente della politica, il suo comitato passa alla vie legali. E chiede al Garante della Privacy un intervento «urgente» per chiarire se la sottoscrizione dell’appello pubblico per il centrosinistra, passaggio necessario per votare alle primarie, «rischi di vanificare la Carta Costituzionale». I renziani puntano ad ottenere una maggiore riservatezza per chi andrà ai gazebo per scegliere il candidato premier denunciando, come fa il coordinatore Roberto reggi, il doppio regime del Pd che «tutela i dati sensibili dei cittadini quando si iscrivono al partito, ma non quando votano». Ad essere pubblico non sarà l’albo degli elettori, che sarà formato da chi veramente andrà a votare, ma l’appello per il successo del centrosinistra alle elezioni come già deciso dall’assemblea del Pd del 6 ottobre, al termine della quale i renziani si dissero soddisfatti. I garanti del centrosinistra hanno poi confermato definitivamente che il manifesto sarà pubblico e a questo punto il sindaco ha comunque deciso il ricorso. Antonello Soro, il deputato Pd eletto, non senza polemiche, presidente della Privacy, fa sapere che si esprimerà presto. E la velocità della decisione potrebbe forse accorciare i tempi delle polemiche. «Sono regole che - taglia corto Pier Luigi Bersani - abbiamo deliberato all’unanimità. Adesso ci sono i garanti che devono farle rispettare: le regole non le ho fatte io, sono in mano ai garanti». Ma tra i sostenitori di Bersani e Renzi, le allusioni ai veri motivi del ricorso abbondano. «Probabilmente dopo la cena con banchieri e finanzieri a porte chiuse - dice velenoso Nicola Fratoianni del comitato Vendola - Renzi si è innamorato della segretezza più assoluta». E il coordinatore del comitato Bersani Roberto Speranza si chiede che c’è da «nascondere», di che «si ha paura» nel chiedere a chi vota per il candidato premier di fare un appello pubblico per il centrosinistra. Insomma l’accusa implicita è che, coprendo con la privacy i votanti, il sindaco voglia favorire la partecipazione alle primarie anche a chi non è disposto a dichiarare che poi alle elezioni voterà per il centrosinistra. Coalizione a cui oggi Pier Luigi Bersani si dice «orgoglioso» di appartenere in replica a Renzi che lo accusava di «lisciare troppo il pelo» alla sinistra. Il sindaco, dal canto suo, preferisce far difendere il ricorso dai suoi: «Mentre i professionisti delle dichiarazioni straparlano di trasparenza e di regole, noi stiamo in mezzo alle persone».
|