Subito polemiche....
Non supera il 70%, ma anche a Piacenza Matteo Renzi domina le primarie per la segreteria del Pd distaccando, con il suo 65% (8.516 voti), sia Gianni Cuperlo che Pippo Civati, fermi rispettivamente al 20% (2.632) e al 15% (1.922).
Questo il risultato nei 51 seggi di città e provincia dove si sono recati a votare in 13.101.
Alle primarie del 2012, che riguardavano però la premiership dell'intera coalizione di centrosinistra, votarono in 18.300 al primo turno e in 17mila al ballottaggio tra lo stesso Renzi e Pierluigi Bersani.
Più omogeneo il raffronto con il 2009, quando in gioco c'era sempre la segreteria nazionale del Pd e alle urne andarono 14mila elettori. Solo un migliaio più di ieri, scongiurato dunque il flop che in molti temevano.
«Siamo soddisfatti dell'affluenza riscontrata, la vittoria del partito è indiscutibile», ha commentato Stefano Cugini, responsabile organizzativo delle primarie.
Il risvolto del risultato piacentino sull'attribuzione dei delegati all'assemblea nazionale dovrebbe vedere eletti i primi tre della lista collegata a Renzi (Roberto Reggi, Katia Tarasconi, Alessandro Ghisoni), un cuperliano (Giulia Piroli) e probabilmente un civatiano (Daniele Bosoni).
All'insegna della soddisfazione i commenti dei renziani piacentini. A partire da Roberto Reggi: «Due elettori su tre hanno chiesto il rinnovamento totale alla politica», osserva l'ex sindaco di Piacenza, «se aggiungiamo che anche il voto di Civati è per il rinnovamento pieno, c'è il vecchio partito, rappresentato dai nostri tre parlamentari (Bersani, Maurizio Migliavacca e Paola De Micheli, ndr), che è stato bocciato clamorosamente come dimostra il basso risultato di Cuperlo. La loro sconfitta è spietata, basta guardare che cosa è successo a Pontenure o a Fiorenzuola ("feudi" rispettivamente di De Micheli e Migliavacca, ndr) ». «Così come a Roma Renzi dovrà fare la rivoluzione e stimolare partito e governo ad agire con coraggio, cla stessa cosa dobbiamo fare noi a Piacenza», considera Reggi paragonando il livello nazionale a quello locale: «Non possiamo permetterci di galleggiare nella palude come si sta facendo, il Paese e Piacenza non lo meritano. Questo segnale forte per fare diventare la politica luogo del servizio e non del privilegio deve rendere consapevoli i nostri parlamentari e anche i nostri assessori che l'incarico non si riveste al rallentatore, il programma si attua con una squadra decisa, non tirando il freno».
Reggi torna dunque su un tema che dal versante renziano già era stato sollevato a Palazzo Mercanti nelle scorse settimane, con la messa in discussione di alcuni assessori rei di non metterci tutta l'energia necessaria nell'espletamento delle pratiche di competenza, erano girati in particolare i nomi di Giovanna Palladini (welfare), Silvio Bisotti (urbanistica) e Pierangelo Romersi (bilancio e personale), guarda caso cuperliani i primi due e fresco di adesione renziana il terzo. Rimpasto di giunta in vista? Era la domanda ricorrente in Comune, tanto che lo stesso sindaco Dosi era dovuto intervenire per assicurare che «al momento» non era in agenda nessuna messa in discussione degli assetti di governo. Nel frattempo c'è stato però anche il congresso provinciale, con la netta vittoria dei renziani. E il risultato di ieri ha tutta l'aria di far tornare pressanti le spinte per un rimpasto di giunta.
«Non è compito mio parlare di rimpasto», ha risposto Reggi incalzato sul punto, «dico solo che non dobbiamo arretrare o vivere sugli allori delle cose fatte in passato perché la città non lo merita, e la consapevolezza di ricoprire un ruolo di grande privilegio nel servizio lo devono avere tutti e chi non è adeguato si faccia da parte. Il segnale non può essere interpretato solo a Roma. Renzi ha detto cose precise: ad esempio "se non volete togliere i privilegi dalla politica non votatemi". E deve essere così a Roma e a Piacenza. In entrambe le realtà il Pd è l'azionista di maggioranza».
Che cosa può cambiare nella carriera politica del renziano di ferro Roberto Reggi dopo il risultato di ieri? «Dobbiamo smetterla di guardare ai percorsi personali», è stata la sua risposta, «il successo di Renzi è stato di un gruppo di persone che non ha mai smesso di crederci anche quando ridevano di noi - e un anno in tanti ridevano di noi -, noi non ridiamo di nessuno, siamo solo contenti che sia successo anche se con un anno di ritardo. Abbiamo perso le elezioni e fatto una figura da tapini e il Paese ha perduto terreno, ma siamo ancora in tempo per recuperare».
Gustavo Roccella Libertà 09/12/2013
Molti non iscritti, mentre i giovani hanno disertato PIACENZA - (malac) Pochissimi under venticinque, ma record di non iscritti. I dati ufficiali sull'identikit di chi ha votato alle primarie, ieri, saranno pronti solo nei prossimi giorni, ma da un rapido giro di interviste, direttamente ai seggi, tra gli oltre trecento volontari, sembra che il numero dei non tesserati che hanno pagato due euro e fatto la propria croce sulla scheda sia piuttosto alto e significativo. L'incubo flop alle primarie del grande freddo di ieri sembra quindi essere stato scongiurato non solo dai fedelissimi del partito ma anche, e soprattutto, da chi si è avvicinato anche da altre vocazioni politiche all'appello a scegliere il nuovo segretario del partito, esattamente come toccò un anno fa per la scelta di Pierluigi Bersani, arrivato ieri alle 12.30 per il voto nel seggio di via XXIV Maggio dribblando giornalisti e fotografi. Anche sulla grande piazza dei social network si scatenano i commenti, gli inviti ad aderire, le chiamate a votare entro le 20, rivolte soprattutto ai giovani, che sembrano essere stati i grandi assenti dalla partita. «Io mi trovo nell'auditorium di Sant'Ilario - spiega Stefano Borotti -. Molti si sono presentati dicendo "Questa è l'ultima speranza", è una frase che mi ha colpito, l'hanno detto in tanti. Abbiamo colto un certo senso di stanchezza, ma in tanti sono venuti a votare quindi la gente vuole ancora avere evidentemente fiducia nel futuro. Ho visto diverse età, uomini e donne, difficile fare una sintesi. Sì, confermo anch'io la presenza di tanti non iscritti».
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