La Gazzetta Ufficiale numero 259, quella di ieri, ha pubblicato il decreto legge 5 novembre 2012, numero 188. Un atto storico, che sancisce la nascita della Provincia di Parma Piacenza (e non di Piacenza Parma, come concordato dal Consiglio delle autonomie locali). Sarà operativa dal primo gennaio 2014, avrà 731.995 abitanti e un reddito pro capite annuo, stando alle prime stime, di 29.995 euro, con un tasso di disoccupazione che dovrebbe aggirarsi intorno al 4,2 per cento. Sarà capoluogo di provincia il Comune che ha maggiore popolazione residente, quindi Parma: gli organi di governo avranno sede esclusivamente nel comune capoluogo di provincia, si legge ancora nel decreto, e non potranno essere istituite sedi decentrate. Ad Avellino, in tremila hanno protestato in corteo, nei giorni scorsi, per chiedere il capoluogo.
Qui, senza cortei, come fa notare l'onorevole pidiellino Tommaso Foti, Parma vince la corsa al nome, e, al di là della dicitura, Piacenza potrebbe perdere praticamente tutto. In prospettiva, Prefettura, Questura, comandi provinciali, Agenzia delle entrate, Inps, motorizzazione. «Come previsto, il cambiamento delle carte in tavola della Regione Emilia-Romagna rispetto alla denominazione delle Province proposta dal Comitato delle autonomie locali ha avuto pieno seguito nel testo del decreto legge di riordino delle province - incalza ancora il parlamentare piacentino Foti (PdL) -. Pur non avendo mai fatto di una questione nominalistica un fatto di vitale o di essenziale rilevanza resta il fatto che sarà operativa la Provincia di Parma e Piacenza in luogo di quella di Piacenza e Parma prospettata dal Cal. Tanto per cambiare una nuova beffa per Piacenza, con la Regione che traccia il solco e il ministro Patroni Griffi che lo difende».
Dello stesso parere anche il presidente della Provincia, Massimo Trespidi. «Premesso che, di fronte a tutto questo, quello del nome mi sembra ormai il problema minore, dico che siamo alle comiche, anche se non c'è proprio nulla da ridere - dice -. Un decreto di questo tipo non poteva che finire in un modo assurdo. Il Cal aveva deciso che la provincia si sarebbe chiamata di "Piacenza e Parma. La giunta dell'Emilia-Romagna ne aveva preso atto. L'assemblea legislativa di viale Aldo Moro a Bologna non ha mai votato una provincia di"Parma e Piacenza". La stessa bozza di decreto, approvata da questo Governo il 31 ottobre, parlava di provincia di "Piacenza e Parma". Vorrei sapere chi ha deciso di cambiare, ch gliel'ha detto, chi gliel'ha chiesto. Sono allibito».
La Corte Costituzionale, martedì, aveva rimandato la sentenza sul ricorso di otto Regioni che hanno contestato la legittimità costituzionale del decreto Salva Italia. Come motivazione, la Corte ha dichiarato di dover aspettare la lettura del testo, non ancora pubblicato in Gazzetta. Pubblicazione che è avvenuta poche ore dopo dal rinvio del pronunciamento. Un fatto che suona strano all'Unione Province d'Italia. «È successo quello che temevamo - dice il vicepresidente vicario dell'Upi, Antonio Saitta -. Questo continuo ricorso alla decretazione d'urgenza sta di fatto svuotando i principi costituzionali e lo stesso principio di legalità». Elisa Malacalza LIBERTA' 08/11/2012
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