Debutto della commissione speciale.
Tra marzo e aprile la proposta della giunta con le linee guida per il Psc, lo strumento di pianificazione territoriale che sostituirà il Prg e al cui interno largo spazio avranno anche le aree militari, proposta che sarà discussa dal consiglio comunale, dopodiché, una volta licenziata, si procederà al lancio del concorso internazionale per individuare, verso l'autunno, il progettista di fama chiamato a definire lotto per lotto le destinazioni urbanistiche delle aree militari stesse.
Il passaggio successivo, approntata la progettazione funzionale, sarà il tavolo con la Difesa e l'Agenzia del demanio per stringere quello o quegli accordi di programma per la messa a fuoco delle operazioni di dismissione dei beni in mano allo Stato.
Questa l'agenda di massima che ha preso forma ieri alla seduta inaugurale della commissione speciale sulle Aree militari. Il percorso è stato indicato dal sindaco Roberto Reggi e dall'assessore al demanio Francesco Cacciatore ascoltati dalla commissione presieduta da Gianni D'Amo.
Un'audizione volta a illustrare lo stato dell'arte su una partita, quella delle aree militari, su cui tutta la città scommette per il suo sviluppo futuro.
In gioco ci sono 1,5 milione di metri quadrati di superficie urbana, in gran parte all'interno o a ridosso del centro storico, uno straordinario patrimonio territoriale sin qui in mano ai militari la cui elencazione è stata evidenziata da Cacciatore in una relazione dettagliata che ha avuto il plauso unanime dell'aula.
Le principali preoccupazioni dei commissari hanno riguardato l'individuazione della strada più corretta da battere per gestire al meglio un'operazione di indubbia complessità. Poiché centrale per la sua riuscita sarà l'attenta ricerca di che cosa fare delle aree - è del resto la legge che richiede agli enti locali di predisporre piani di valorizzazione dei beni da recuperare dallo Stato -, condivisa è emersa l'indicazione di una progettazione unitaria, e il più possibile partecipata dalla città, di tutto il pacchetto degli 1,5 milioni di metri quadri in gioco.
Se, però, c'è chi, come Dario Squeri (Piacenza Libera), concepisce come unitaria anche la «fase realizzativa», altri hanno ammonito dal rischio che i potenziali scogli su alcune aree finiscano per far incagliare l'intera operazione. Da Gianpaolo Crespoli , Giovanna Calciati, Pierangelo Romersi (tutti del Pd) e Sandro Ballerini (Forza Italia) è arrivato l'avvertimento, e l'invito a procedere anche per stralci nella trattativa con il demanio, guardando cioè bene per bene.
L'idea che la giunta si è fatta sul corretto approccio l'ha precisata ancora Cacciatore: «Prima di sederci al tavolo con il demanio per valutare i dettagli di un accordo di programma, siamo noi, il consiglio comunale, a dover valutare come pensare lo sviluppo di Piacenza». Li ha chiamati «paletti su che cosa la città vuole come destinazioni urbanistiche di quelle aree», a partire dal lavoro prodotto da Vision 2020 («Non prescinderemo dal Piano strategico», ha chiarito anche Reggi), binari da cui non dovrà discostarsi chi, con il concorso internazionale, sarà chiamato a confezionare il documento di progettazione unitaria.
Questo il ruolo di regìa che il Comune intende ritagliarsi, guardandosi dal diventare acquirente di beni che non può permettersi di pagare. Basti dire che tutta l'operazione poggia sulla delocalizzazione dell'attuale polo industriale dell'esercito, le cui attuali strutture vanno accorpate in un sito individuato a Le Mose la cui acquisizione e attrezzature richiedono un costo di 233 milioni di euro secondo una stima di massima. È in cambio di quella contropartita che la Difesa è disposta a liberare e cedere le aree nella cerchia urbana, ma è evidente che il suo interlocutore economico diretto non può essere il Comune. Ci vogliono fondi dei privati, a loro spetta preparare i business plan la sostenibilità economica, del resto «è sull'intervento dei privati che l'Agenzia del demanio ha concepito i suoi modelli». A sottolinearlo è stato Giacomo Vaciago (gruppo misto) considerando come i 50 anni previsti dalle norme come lasso temporale massimo per le concessioni dei beni siano un orizzonte sufficiente alla costruzione di piani di rientro dagli investimenti
Vaciago, con Marco Fumi (Per Piacenza con Reggi), ha anche insistito sulla opportunità di coinvolgimento della Sovrintendenza visto che della partita fanno parte beni vincolati.
Altri, come Carlo Mazza (gruppo misto), hanno ammonito dal rischio di ingorgo procedurale rappresentato dagli intrecci tra aree militari, Psc e linee di mandato della giunta.
Un fruttuoso ruolo di coordinamento, secondo Reggi, potrebbe spettare proprio alla commissione speciale, chiamata a incardinarsi nel percorso cogliendo i frutti dell'operato della giunta e rilanciando a sua volta con suoi spunti e contributi.
Calciati ha proposto la definizione di un'agenda di massima dei lavori della commissione spalmata sui 18 mesi di vita su cui è programmata. Idea che il presidente condivide («Sarebbe davvero un nuovo modo di lavorare») così come la richiesta di massimo coinvolgimento della città ribadito da Carlo Pallavicini (Rifondazione). Gustavo Roccella
«Priorità alla permuta» Obiettivo: dare futuro al polo industriale
(guro) Clima collaborativo ieri all'esordio della commissione speciale per le aree militari. Merito anche dell'apprezzata relazione dell'assessore al demanio Francesco Cacciatore che ha ripercorso le tappe della partita con lo Stato sulla dismissione dei beni della Difesa fino alle nuove strade aperte dalla Finanziaria 2007 e ribadite da quella 2008. Cacciatore si è soffermato sulla logica alla base dell'operazione che per Piacenza si connota su due canali. Uno per la delocalizzazione a Le Mose delle strutture che compongono l'attuale polo militare industriale, un sito in contropartita del quale lo Stato cederebbe le aree rese libere all'interno della cerchia urbana (Arsenale con l'ex ospedale militare, Laboratorio Pontieri, ex Pertite, Macra-Staveco, Piano caricatore militare, sedime dei binari). Una permuta dunque, del costo stimato in circa 233 milioni di euro.
Il secondo canale riguarda beni già dismessi e oggi gestiti dall'Agenzia del demanio (caserme Alfieri e Dal Verme in via Benedettine, bastione Borghetto, caserma De Sonnaz in via Castello, caserma Cantore sullo Stradone, parte di Borgo Faxhall). In questo caso si tratta di definire dei progetti di valorizzazione e di individuare i soggetti privati interessati a finanziarli e realizzarli avendo la disponibilità del bene fino a 50 anni.
Per Cacciatore, la cosa più utile è cominciare dal canale della permuta, quindi indicare delle idonee destinazioni d'uso per quel pacchetto di aree. Anche perché, ha sottolineato, uno dei principali obiettivi è garantire futuro produttivo e lavorativo al polo industriale, pur se ricercando un'occupazione il più possibile di qualità.
Fuori elenco, ma oggetto di sicuro interesse pubblico c'è la caserma Nicolai di piazza Cittadella. Sin qui è stata giudicata indisponibile dalla Difesa così come la caserma Artale di via Emilia Pavese e la Lusignani di Sant'Antonio. Il Comune ha però già sottoposto ai vertici militari un'ipotesi di accorpamento della Nicolai e della Lusignani nell'attuale caserma Artale, così da liberare le prime due. (da Libertà del 17 gennaio 2008)
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