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Polo militare? Meglio dov'è, ma senza castello e ospedale.

Qualche stoccata polemica ben assestata all'amministrazione Reggi («Hanno perso due anni inseguendo inutili protagonismi e velleità utopiche e adesso si trovano con un protocollo d'intesa da cestinare»), ma anche la mano tesa al Comune per ripartire nel negoziato con spirito bipartisan e unità di intenti. Alla vigilia del tavolo interistituzionale sulle aree militari (è convocato per lunedì in municipio) e due giorni dopo la commissione consiliare in cui il vicesindaco Cacciatore ha fatto il punto sulla situazione dovendo ufficializzare che il ridimensionamento degli obiettivi della Difesa sul nuovo polo industriale costringe a rimettere in discussione i ragionamenti fatti sin qui circa sia la localizzazione e i costi dello stabilimento sia le aree dell'Esercito dismissibili, i parlamentari del centrodestra Tommaso Foti (Pdl) e Massimo Polledri (Lega) hanno detto la loro in una conferenza stampa congiunta.
Il protocollo del 2008 Per prima cosa hanno intonato il de profundis del percorso che nel marzo 2008 aveva portato Comune e Difesa a siglare il protocollo di intesa per dare avvio a un'operazione di dismissione delle aree militari rimasta però sempre al palo. Era l'ultimo scorcio del governo Prodi, in aprile il ribaltone che ha portato al governo il centrodestra e Ignazio La Russa al ministero della Difesa. Un protocollo che ha durata due anni, ma che «è scaduto nei fatti, il ministero non lo porterà avanti», è stato tranchant Foti che con Polledri si è detto persuaso che occorra ripartire da capo cercando di mettersi d'accordo su che cosa, a questo punto, convenga puntare.
Tra utopia e realismo Messo da parte il progetto che era sul tappeto sin qui (su indicazione dei militari, ha sempre detto il Comune; per le visionarie utopie della giunta, secondo invece i due deputati), e cioè la delocalizzazione a Le Mose (in un'area privata del polo logistico sui 450mila metri quadrati) dello stabilimento industriale per un costo stimato in 250 milioni di euro, occorre ridisegnare lo scenario affidandosi, sì, a «qualche grammo di utopia, ma soprattutto a sano realismo», dicono Foti e Polledri.
Staveco no, pertite sì Uno schema plausibile potrebbe essere questo: un nuovo polo militare che non costi oltre 170-180 milioni di euro e che trovi posto in una delle attuali aree della Difesa. Quale? Premesso che «spetta in primo luogo ai militari indicarla» sulla base delle esigenze produttive che si vuole assegnare al Polo di mantenimento pesante Nord, secondo i due deputati non ci sono tante alternative: a loro giudizio l'ipotesi Staveco, di cui si sente dire, non è praticabile perché i 62mila metri quadrati del comparto di San Lazzaro non sarebbero sufficienti; considerato che l'attuale stabilimento è accorpato nell'ex Arsenale di viale Malta che misura 209mila metri, un lotto di tali dimensioni i militari ce l'hanno solo all'ex Pertite (270mila metri tra via Emilia Pavese e via I Maggio). A meno che non si cambi rotta e anziché di un nuovo polo industriale da realizzare altrove si inizi a ragionare di ristrutturazione di quello esistente all'Arsenale.
Arsenale e ex ospedale A questa soluzione vanno le preferenze di Foti («Se mi si dice di farlo alla Pertite mi viene da ridere»), e però non significa rinunciare a vedere restituita alla città una porzione urbanisticamente centrale come l'Arsenale: al negoziato con la Difesa «andiamoci con le idee chiare sulle aree che riteniamo strategiche», a partire, per il loro «valore storico-culturale», dal castello farnesiano e dai bastioni che stanno nel comparto di viale Malta, nonché dall'ex ospedale militare.
Niccolai e pontieri Ristrutturare, dunque, il polo industriale nella sua attuale sede, ma liberando quelle preziose architetture. E nell'elenco i due onorevoli del centrodestra ci mettono anche la caserma Niccolai di piazza Cittadella (permetterebbe sia di «risolvere il nodo parcheggi a servizio del centro grazie alla disponibilità di una grande area in superficie evitando di trivellare la piazza per farci un silos interrato» sia di immaginare insediamenti «in parte commerciali, in parte a terziario e in parte culturali tenuto conto della vicinanza del complesso di San Sisto») così come l'ex Laboratorio Pontieri (liberando la fascia verso il Po che potrebbe essere riqualificata «a partire dal progetto già disegnato dalle cooperative»): due proprietà che i militari cederebbero prendendo forma l'intenzione di traslocare il Reggimento Pontieri alla caserma Lusignani di Sant'Antonio.
polemiche e mano tese Si tratta, perciò, di ridefinire, alla luce dei mutati obiettivi, le priorità di risultati da spuntare con i militari. Se poi invece la scelta della sede dello stabilimento dovesse cadere sull'ex Pertite, «sarà Reggi a dovere spiegare ai piacentini perché non può mantenere la avventata promessa elettorale di farci un parco», hanno polemizzato Foti e Polledri dicendosi però pronti a farsi «garanti» di un nuovo protocollo con la Difesa, «disponibili a un percorso insieme» sia al sindaco che ai parlamentari del centrosinistra De Micheli, Bersani, Migliavacca.
i privati da coinvolgere E a farsi facilitatori anche dell'indispensabile coinvolgimento dei costruttori privati chiamati, in cambio delle opportunità edilizie che si aprono, a metterci le risorse economiche senza le quali ogni operazione di dismissione è destinata a rimanere al palo. «Ci permetteremo di avanzare qualche idea concreta, ad esempio per dei centri direzionali più che per delle abitazioni e promuovendo un concorso di idee», ha detto in proposito Polledri. E «guardando alla qualità architettonica», ha aggiunto Foti secondo il quale «c'è spazio per tutte le realtà imprenditoriali, dalle coop alle altre».
Gustavo Roccella
gustavo. roccella@liberta. it


18/07/2009


pubblicazione: 18/07/2009
aggiornamento: 22/07/2009

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