Industriali sul piede di guerra a causa della mancata approvazione del piano provinciale per le cave, che regola l'estrazione del materiale inerte utilizzato come materia prima da numerose aziende del Piacentino.
Alcuni Comuni piacentini, infatti, non hanno ancora recepito il piano delle attività estrattive, bloccando di fatto una parte delle escavazioni di sabbia, ghiaia e argilla della provincia.
«La conseguenza di tali ritardi - spiega il presidente di Confindustria Sergio Giglio - comporta gravi danni per le nostre aziende. L'approvvigionamento di inerti per l'industria edilizia è di primaria importanza, poiché sostiene il secondo più importante comparto produttivo dell'economia provinciale. Ogni volta che un piano sovracomunale rende disponibili volumetrie estraibili di materie prime, come nel caso del Piano 2001, approvato dalla giunta provinciale nel 2003, si ripropone il problema dei ritardi nell'adeguamento dei piani estrattivi comunali, che secondo la legge regionale avrebbero dovuto essere approvati nel luglio 2005».
«Non avere a disposizione tali risorse in tempi brevi - prosegue Giglio - penalizza le aziende utilizzatrici, che sono costrette ad approvvigionarsi fuori provincia, a Brescia e Pavia in particolare, con prezzi che nell'ultimo anno sono lievitati in misura esponenziale. Il risultato è la perdita di competitività delle aziende piacentine su un mercato che in questi anni è diventato altamente concorrenziale. Tra quelle che maggiormente lamentano questa situazione ci sono la Rdb spa, la Canova, la Paver, la Beton Rossi, l'Unical, la Edilmovi».
Tra i Comuni nel mirino c'è quello Piacenza, di cui l'associazione segnala «una grave inadempienza, poiché proprio Piacenza è la maggior assegnataria di volumetrie di materiali utilizzabili per un totale di 5 milioni di metri cubi, pari al 25% dell'intera disponibilità prevista dal piano». «Se a questo aggiungiamo - prosegue Giglio - alcuni fra gli altri Comuni ancora inadempienti, come Calendasco con 2 milioni di metri cubi, Rottofreno con 3 milioni, Sarmato con 600mila, Rivergaro con un milione 300mila, Lugagnano con un milione, emerge una situazione insostenibile per i comparti delle industrie estrattive, della prefabbricazione e dell'edilizia in genere che vantano a Piacenza 5mila addetti. Per non parlare dell'indotto collegato».
La situazione, afferma il presidente, si sta già ripercuotendo sul numero del personale addetto alle lavorazioni.
Per questo motivo Confindustria ha indetto per l'11 luglio una riunione a cui parteciperanno le maggiori aziende piacentine interessate dal piano cave. L'incontro si propone di trovare il modo migliore per sollecitare le amministrazioni ad adempiere alla normativa.
«Non siamo autonomi - conclude Giglio - e non faremo proteste di piazza o blocchi stradali. Cercheremo la via della mediazione: vogliamo una soluzione condivisa anche dalle amministrazioni comunali, a cui chiederemo successivamente un incontro. Se questa situazione dovesse protrarsi ancora a lungo senza una risposta positiva da parte dei Comuni, però, faremo valere in altro modo i nostri interessi. Anche arrivando alle vie legali». Alessia Strinati, Libertà del 4 luglio 2006
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