Rapporto Prometeia: dati positivi, ma guai all'orizzonte
Le cose a Piacenza non andrebbero neppure troppo male, considerando il funesto quadro economico internazionale. E' bravo chi perde di meno, ma a quanto pare la «scivolata» è finita. L'occupazione tiene, l'export cede ma non così tanto come in altre province. Però il rapporto periodico di Prometeia e Union Camere Emilia Romagna presentato ieri in Camera di Commercio dall'esperto Massimo Guagnini contiene un segnale di pericolo per noi proiettato sui prossimi due anni. Il nostro valore aggiunto per occupato scende più velocemente rispetto al resto della Regione Emilia Romagna. Cosa significa? Che il lavoro a Piacenza "varrà" meno che altrove nella produzione di ricchezza. «Sul Pil pro capite ci dà un colpo duro la logistica - commenta il presidente camerale Giuseppe Parenti - dove si fa solo facchinaggio o quasi. Le sedi legali delle società sono altrove, qui non c'è valore aggiunto e continuiamo ad assistere al fenomeno del pendolarismo, con sei, settemila pendolari». Dai numeri, dai diagrammi presentati, emerge che in generale i tassi di crescita sono «da tempo di guerra», ovunque in forte riduzione e la ripresa nei prossimi anni sarà per «piccoli punti».
Le variazioni del valore aggiunto per settore a Piacenza colpiscono negativamente le costruzioni (-4,7 nel 2010, -2.9 nel 2011), mentre tiene l'agricoltura (+ 2.5), sempre giù il commercio, i ristoranti e le comunicazioni (0,7), l'unica inversione di tendenza significativa è quella dei servizi che passa da un segno negativo ad un +1,7 per l'anno nuovo.
Lo scenario delle esportazioni è invece penalizzante, Piacenza nel 2009 crolla insieme ad Emilia Romagna e Italia tutta, si viaggia sui 19 punti in meno, ma nei due anni a venire Piacenza resta sotto (-6,3 nel 2010 e -1,3 l'anno successivo), mentre in Italia e nel resto della regione c'è una risalita in positivo.
Il commercio con l'estero è un po' in ribasso rispetto al resto della regione, con le importazioni siamo in pari.
L'occupazione? Bene rispetto al contesto, abbiamo perso quest'anno lo 0,3 ma l'Emilia Romagna il 2,2 e l'Italia il 2,7. Bene anche la ripresa occupazionale proiettata sull'anno prossimo. A soffrire di più, per forza lavoro, quest'anno è l'industria (-4,6), mentre le costruzioni tengono (0.1), scende il commercio (-2.5), resta ben salda l'agricoltura, che però ha numeri piccoli (15,3 per cento).
Uno dei risvolti giudicati più gravi è la caduta generale in due anni di un quarto del commercio estero. Abbiamo, come tessuto regionale, dieci punti in meno sull'import e sette sull'export, in un solo anno, mentre prima della crisi occorreva un decennio per valutare simili variazioni. E' la misura di uno tsunami che non ha ancora cessato i suoi effetti. Patrizia Soffientini Libertà del 03/10/2009
Parenti: «Servono aziende a maggior valore aggiunto» E intanto si osserva un saldo negativo di 200 imprese Si raccolgono i cocci della crisi. E si guarda all'orizzonte che non brilla in quanto a capacità del nostro tessuto produttivo di generare valore («colpa anche delle scelte fatte, per esempio sulla logistica» insiste Giuseppe Parenti, presidente camerale). Alla voce "crisi" «ci ridimensioniamo su questa situazione presente, per fortuna la caduta sul piano inclinato è finita, se no sarebbe stato il disastro» commenta Parenti a margine della presentazione del rapporto Prometeia-Unioncamere Emilia Romagna. Resta il fatto che manca liquidità alle imprese, che le nostre aziende sono sottocapitalizzate e che sulle spalle del mondo produttivo continuano a gravare tanti oneri impropri. «Ma se l'impresa non produce ricchezza non ci sono risorse per il sociale». Piacenza, entrata più tardi di altri nella crisi globale, ha sofferto meno per certi aspetti. «Ma siamo sotto di duecento imprese nel saldo di apertura e di chiusura di attività» informa Parenti. Il presidente però, incalzato dalle domande dei giornalisti, prova ad analizzare il vero punto dolente del tessuto piacentino: il buio dei prossimi anni, fra un andamento negativo contingente - ma è così per tutti - e un'occupazione che nell'immediato riprende eppure sembra destinata a generare minor ricchezza. Allora tornano temi sempre verdi, come la carenza infrastrutturale del territorio. C'è l'esigenza di selezionare meglio le imprese che si insediano nel Piacentino. «Bisogna considerare bene le realtà che arrivano, ci sono imprese che portano ricchezza, un metro da applicare potrebbe essere l'assunzione del cinquanta per cento di laureati, ma se invece si assume un solo laureato e il resto è forza lavoro non qualificata, le cose non vanno». Insomma, par di capire che Piacenza dovrà inventarsi una nuova vocazione. Magari, aggiungiamo noi, si potrebbe prendere spunto dalla obamiana "green economy". Meno movimento di merci e più intelligenza applicata all'ambiente.
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