Si chiude un'era durata 21 anni e se ne apre un'altra. Dalle 9 di oggi il 118 di Piacenza, nato nel settembre del 1993, cesserà di esistere. Diventerà qualcos'altro, d'accordo. Ma con le urgenze sanitarie non avrà più nulla a che fare. Si occuperà di trasporti di malati da un ospedale all'altro e di smistare le chiamate alle guardie mediche. Da oggi la gestione delle telefonate al 118 avverrà a Parma. Si compie così il progetto di Centrale operativa Emilia Ovest, che coprirà le province di Piacenza, Parma e Reggio Emilia: un territorio di 8.541 chilometri quadrati, con un milione e 262.995 abitanti e 140 comuni. Da tempo circola un mantra sull'argomento: l'utente non si accorgerà di nulla. Lo riprende Adriano Furlan, direttore della centrale di Parma: «Chi chiamerà per chiedere un'ambulanza sentirà forse un accento diverso dall'altro capo del telefono, ma questa sarà l'unica differenza rispetto al passato. E se qualcuno ha mai temuto che cambiasse qualcosa rispetto ai mezzi di soccorso, vorrei rassicurare che continueranno a partire dal territorio di riferimento». Questo è chiaro. Si può anche credere al fatto che l'unificazione abbasserà i tempi di risposta e farà funzionare tutto meglio. «È la logica del call-center, più centralizzi più sei efficiente, soprattutto quando si presentano grosse emergenze», afferma Antonio Pastori, responsabile infermieristico del 118 di Parma, snocciolando qualche cifra: «Dall'8 ottobre scorso la centrale di Reggio Emilia si è unificata a quella di Parma e oggi il tempo medio di risposta dal primo squillo è di cinque secondi e mezzo. Nei primi quindici giorni di servizio soltanto 23 chiamate hanno dovuto attendere più di 20 secondi. Ma se confrontiamo questo dato con quello di Parma e di Reggio di un anno fa, quando le due centrali erano ancora indipendenti, scopriamo che gli utenti che hanno atteso più di venti secondi per avere una risposta sono stati 54. Questo significa che nei momenti critici, uniti reggiamo meglio all'urto». D'accordo, la mega centrale di Parma ha le spalle più grosse. Tuttavia non ci si può nascondere che una fettina di storia della sanità piacentina chiude i battenti. E che il sentimento dominante dalle nostre parti, insieme alla soddisfazione per aver raggiunto un nuovo traguardo, è quella della perdita. Lo sottolineano Enrica Rossi e Stefano Nani, fino a ieri, rispettivamente, dirigente dell'area emergenza urgenza e coordinatore del 118 di Piacenza e da oggi alla guida del coordinamento di direzione e controllo della centrale Emilia Ovest. «Non si può negare che proviamo un po' di malinconia», afferma la dottoressa Rossi. «La riorganizzazione in cui siamo stati coinvolti era inevitabile, un dato che toccherà prima o poi tutto il Nord Italia - aggiunge Nani - ma guardandoci alle spalle c'è molta nostalgia per il cammino professionale percorso assieme. Un cammino condiviso anche in questa fase di trasformazione». Il trasloco a Parma ha rappresentato anche una storia di passione civile, che a Piacenza ha visto una mobilitazione pubblica e la creazione di un comitato di cittadini sceso in campo per difendere la nostra centrale operativa e il ruolo del volontariato (Croce Rossa e Anpas in prima fila) che lavora spalla a spalla con infermieri, medici e autisti dell'Ausl sul fronte delle emergenze. Il comitato è andato allo scontro frontale con la Regione Emilia Romagna, promotrice del processo di accentramento, finché la politica e la dirigenza sanitaria locali non sono riusciti a trovare una mediazione in modo da far digerire a tutti il cambiamento. È stato così ottenuto qualcosa in cambio della chiusura del 118 di Piacenza: due piacentini a capo del coordinamento tecnico della nuova super-centrale, la garanzia della riconversione della centrale di via Anguissola e maggiori investimenti dell'Ausl sul territorio, col potenziamento dei mezzi in campo. Paolo Marino
LIBERTA' 10/12/2014
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