Fosse stato per Alessandro Morelli, dicono i suoi, l'avrebbe fatto subito: far entrare Piacenza, proprio ora che ha un vicepresidente provinciale del suo stesso colore verde Lega, tra le rappresentanze non solo economiche, agronomiche e universitarie ma anche politiche di Expo 2015.
Protocolli tra Moratti, Trespidi e gli amministratori sparsi nella Penisola a parte.
L'assessore al turismo del Comune di Milano, Morelli, ha voluto partecipare alla "favola piacentina" raccontata alla Borsa internazionale del turismo. Con lui, al seguito, anche Renzo Bossi, 22 anni. Il delfino, pardon, la "trota", di Umberto Bossi. Il piccolo Senatur, in maglietta e jeans. Un passaggio rapido dei due nello stand, contornato da una pancetta, due coppe, cinque kg di grana, otto salami, quattro kg di chisola e tre chili di pane, sufficiente per far capire che la Bit - chiusa ieri in un bagno di folla e con i carnet di sconti, ideati da Mauro Ferrari, spazzolati via - dovrebbe essere il trampolino di lancio verso Expo 2015. E, forse, così sarà.
Morelli sembra non avere dubbi mentre saluta il collega del turismo provinciale piacentino Maurizio Parma: «Dobbiamo capire - ha spiegato - che Milano riuscirà ad assorbire un turismo soprattutto manageriale e imprenditoriale. Ma Expo 2015 non sarà solo questo. L'Expo sarà necessariamente l'Expo di più province. Stiamo ragionando su Piacenza, dovremmo avere sviluppi in tempi rapidi. Milano conta soprattutto sulla sua città, la provincia è importante ma gravita soprattutto sul capoluogo come risposta a un target professionale. Per questo allarghiamo il "tavolo". Abbiamo cominciato con Pavia, ora arriveremo a Piacenza».
Lo stand milanese alla Bit non lasciava dubbi sull'intento "affaristico" su cui puntare. Grigio, nero e rosso, con maxi schermi e open space. Tutta un'altra favola rispetto a una Piacenza che scalda i motori alla Bit, ne esce vincitrice, tesse la favola ma manca ancora di un ingresso ufficiale nel "tavolo" decisionale.
La Bit si chiude così. «Siamo ancora più soddisfatti dell'anno scorso - commenta l'assessore Parma - perché il visitatore ha una maggiore conoscenza del territorio, arriva allo stand sapendo cosa chiedere. Abbiamo visto tra i visitatori anche molti piacentini, siamo contenti». «A colpo d'occhio le richieste sono più strutturate - conferma il dirigente Bruno Bedani - Il nome di Piacenza acquisisce notorietà, esce dal limbo della genericità e viene riconosciuta con un'identità». «Il visitatore chiede le nostre ricette, non si ferma solo ad abbuffarsi - aggiunge Gianpietro Bisagni di Agriturist - abbiamo avuto conferma dell'importanza del valore dell'artigianalità».
Allo stand non arrivano solo vip, come Michele Perini, presidente di Fiera Milano, ma anche persone attratte dall'allestimento curato da Erisa e Jessica, giovanissime studentesse del Casali di Castelsangiovanni e, soprattutto, da una favola di ricordi. «Io sono di Milano ma mi sono sposato a Vigoleno - ricorda Gianfranco Anselmi, classe 1933 - Era il 1955, avevo 22 anni. Alcuni amici mi avevano parlato di questa pieve». «Da anni sento parlare di come portare il nome di Piacenza al di fuori delle mura - sottolinea Giovanni Boninsegna, piacentino - ora ci stiamo riuscendo, con i fatti». «Il pubblico è attento e sensibile - spiega Fabrizio Masini di Coldiretti - e lo dimostra il riguardo nei confronti degli agriturismi: alla Bit abbiamo presentato la terza edizione della nostra guida alle aziende del settore, realizzata con Terranostra e aggiornata di dieci new entry. I milanesi ormai anziché muoversi verso la Brianza si dirigono a Piacenza nei fine settimana». La Bit fa anche riflettere. «Non ci sono più botteghe e l'artigianato si sta perdendo - conclude Giovanna Caldani del Fai - La provincia dovrebbe essere valorizzata con piccole chicche di artigianato, Grazzano Visconti era nata a questo scopo, ad esempio».
Elisa Malacalza, Libertà del 21/02/2011
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