di Gaetano Rizzuto
Archiviati i secondi "Stati Generali" di Piacenza, insediato il nuovo Comitato Strategico la parola deve passare, senza rinvii, ai fatti.
Il 2020 è davvero "praticamente domani" e per nessuno ci saranno più alibi.
C'è il nuovo Piano Strategico, ci sono i nuovi progetti (una trentina, quasi tutti fattibili). Nei prossimi mesi, entro l'autunno, il Comitato dovrà decidere su quali puntare.
I progetti poi entreranno nel "Piano" che vincolerà la Provincia e i Comuni per le scelte dei prossimi anni nei piani regolatori e di programmazione. Benessere e sviluppo sono gli obiettivi. Vuol dire che le persone - gli uomini, le donne, i giovani e gli anziani di questa terra - vanno messe al centro di ogni progetto.
La Piacenza del futuro - come ce l'hanno presentata i ragazzi - deve avere più qualità, più felicità e più vivibilità. Un banco di prova decisivo. L'ultima prova di appello per l'attuale classe dirigente che ha avuto sinora il merito - in mezzo a incertezze e tentennamenti - di puntare sul futuro dando l'impressione di crederci ma non riuscendo ancora a pensare in grande e a far scattare quella "scossa" decisiva che metta tutti in cammino nella stessa direzione, con lo stesso obiettivo: far crescere Piacenza.
C'è bisogno, a tutti i livelli, di una classe dirigente coraggiosa e motivata. Ci vogliono pubblici amministratori capaci di scegliere (e ogni scelta è questione di priorità). La priorità di un cattivo amministratore è il suo interesse personale. La priorità di un buon amministratore è l'interesse della comunità.
Gli Stati Generali, conclusisi ieri mattina con lo stimolante intervento del ministro Bersani, sono insieme un punto di arrivo e di partenza per Piacenza. La grande scommessa sul domani è sulla città nuova, sulla città dell'innovazione e dello sviluppo, sulla città delle persone, della cultura, della solidarietà e dell'accoglienza, dell'integrazione e dei servizi alla persona. Piacenza deve crescere.
Uno sviluppo, dunque, compatibile con l'ambiente e con una migliore qualità urbana.
Piacenza deve sempre più diventare città della conoscenza, luogo privilegiato per i processi di produzione, diffusione e scambio del sapere. La grande sfida è quella di una maggiore vivibilità migliorando l'ambiente urbano.
Il tempo delle promesse è finito. E' arrivato il momento delle scelte coraggiose, di passare cioè dalle parole ai fatti, dai progetti alle opere, alle cose da fare. E non bisogna aver paura di pensare positivo.
Piacenza in questi anni è cambiata ma è destinata a cambiare ancora.
Occorre, nei prossimi anni, sempre più fare i conti con una città plurale e aperta. Un ruolo importante lo sta svolgendo l'Università favorendo la ricerca e l'innovazione al servizio del territorio, aiutando Piacenza ad uscire dai suoi confini per guardare all'Europa, creando un laboratorio permanente di proiezione verso il futuro.
Se gli obiettivi sono quelli di creare più sviluppo (diecimila nuovi posti di lavoro in dieci anni sono un grande obiettivo), di puntare sul sociale, di "comunicare meglio" Piacenza con un vero marketing territoriale e di investire sui giovani non resta che mettersi al lavoro e recuperare il tempo perduto.
Non c'è più spazio per divisioni, veti incrociati e altri rinvii. Vanno abbandonati per sempre - come ha consigliato il ministro Bersani - gli storici "vizi piacentini" e cioè che ognuno lavora per sè e cerca di ostacolare chi ha voglia di fare. Finalmente i piacentini cominciano a parlarsi.
Da oggi tutta la classe dirigente piacentina - rappresentata nel Comitato Strategico - è in gioco. Individuati e definiti i progetti, condivisa la visione e la strategia, tutti devono concorrere, positivamente, a realizzare le cose. Il fallimento del Piano Strategico sarebbe il fallimento dell'intera classe dirigente piacentina.
Gaetano Rizzuto, Libertà del 11/06/2006
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