di Carlo Merli
Non lasciamoci sfuggire il maestro Riccardo Muti e l'orchestra Cherubini: ci vuole una casa stabile. di CARLO MERLI (Libertà del 31 dicembre 2005) Fare di Piacenza una "Armani-city", mettendo assieme i tasselli iniziative come la "cittadella della moda" di Nanni Campolonghi e Margherita Margaroli, un certo palazzo a forma di aquila...
Ripensavo in questi giorni all'anno che si sta concludendo, e mi sono chiesto quali eventi realmente significativi, quali fatti epocali (quello che gli anglosassoni chiamano "breakthrough", cioè elemento di rottura) abbia portato il 2005 alla comunità piacentina, in particolare sul piano economico e sociale: dal mio punto di vista, nessuno. Nella competizione globale, un territorio che vive nella routine rischia il declino, quindi è vitale che Piacenza, nel prossimo anno, sappia fare qualche salto verso il futuro: vorrei proporre, in questo senso, alcuni spunti, basati a mio parere sulle effettive potenzialità della nostra città. Mi piacerebbe veder partire una Società di Trasformazione Urbana (STU) per la riqualificazione di Piacenza: semplificando molto, una STU è un soggetto pubblico-privato, al quale gli Enti locali contribuiscono con gli strumenti amministrativi e con la visione di sviluppo della città, mentre gli investitori privati apportano spirito d'iniziativa e capitale. L'attività di una STU è il recupero architettonico-funzionale e la valorizzazione anche economica di strutture urbanistiche, edifici e aree altrimenti dismesse. Il tutto con un'agilità imprenditoriale e una snellezza impossibili a un'Amministrazione Comunale. Proviamo a immaginare la straordinarietà del campo di azione di una STU piacentina, con 100 ettari di aree da recuperare e riqualificare dentro e nelle immediate vicinanze del centro storico: si potrebbe oscurare, nel medio termine, il tanto celebrato esempio di Bilbao.
Vorrei che lo slogan " Piacenza città del ferro (inteso come ferrovia)", cominciasse a diventare realtà. Può sembrare paradossale parlare di questo obiettivo in tempi di grande disagio dei nostri diecimila pendolari, nei confronti di Trenitalia. Eppure, c'è veramente la possibilità che Piacenza diventi la principale piattaforma per la mobilità su ferro delle persone e delle merci nell'Italia del Nord Ovest: la Rete Ferroviaria Italiana (RFI, che è il vero interlocutore-chiave di questa partita, non Trenitalia) sta cercando la localizzaione ideale per questa piattaforma, e il nostro territorio ha le caratteristiche per esserlo, sia dal punto di vista geografico che infrastrutturale; naturalmente, per prevalere su altri territori concorrenti, dovremo muoverci come un vero sistema, Enti pubblici, operatori del trasporto locali e cittadini.
Mi piacerebbe anche che Piacenza non si lasciasse sfuggire le opportunità che, anche per merito dei suoi Amministratori, si sono create nel campo della cultura e del gusto: penso a Riccardo Muti e alla sua orchestra Cherubini, alla quale dovremo dare una casa stabile, prima che gliela dia qualcun altro (Parma?), utilizzando strutture di qualità unica come l'ex-Collegio S. Vincenzo; penso alla possibilità di fare di Piacenza una "Armani-city", mettendo assieme i tasselli di alcune iniziative che stanno partendo (la "cittadella della moda" di Nanni Campolonghi e Margherita Margaroli, un certo palazzo a forma di aquila a dieci metri dall'Autostrada del Sole?.).
Vorrei assistere a una nuova primavera per la sede piacentina del Politecnico di Milano, nel quale la laurea in Ingegneria dei Trasporti non sembrasse più una scelta di risulta dell'ateneo, capace di sopravvivere solo grazie alla buona volontà e alla professionalità di alcuni docenti (uno per tutti, il Professor Gino Marchet), ma invece diventasse un nodo di eccellenza strategico e unico, nella rete territoriale delle sedi del Politecnico, in grado di attrarre i migliori studenti dall'Italia e dall'Europa e di sfruttare realmente le opportunità offerte dai nostri Centri di Ricerca ( il laboratorio MUSP, l'Istituto Regionale di Trasporti e Logistica, l'Innovation Center).
Mi piacerebbe infine che si confermassero e si consolidassero i segnali di un nuovo atteggiamento della Confindustria piacentina, orientato a stimolare i "giochi cooperativi" (parafrasando Giacomo Vaciago) tra le imprese del nostro distretto economico: a titolo d'esempio, auspico che il neonato Consorzio tra le principali aziende del terziario piacentino si rafforzi e provi ancora a competere su altri territori limitrofi a grande potenzialità di intervento nel settore dei servizi, come Alessandria, Pavia o Cremona.
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