Maledetta crisi. I resti romani sotto palazzo ex Enel valgono almeno 3 milioni di euro. E l'immobiliare "Campo della Fiera", che non vuol lasciare monco il suo cantiere come troppo spesso accade e intende portare a termine il nuovo palazzo di fronte al Farnese, quei soldi non ce li ha. I costruttori si sono «guardati in tasca» e arrivano solo a finanziare il progetto del nuovo edificio che vale una decina di milioni.
Hanno dovuto rinunciare invece all'idea originaria di portare alla luce i resti, si è sacrificato un piano e parte dei parcheggi. Gli scavi, la valorizzazione delle mura romane, le indagini stratigrafiche supplementari costano troppo.
Ecco, in sintesi, quanto riferisce Marco Tirelli, legale rappresentante dell'immobiliare.
Ed è chiaro che, tolti gli scavi, la Soprintendenza ai Beni Archeologici dell'Emilia non avrebbe più competenza sul progetto, che è unico ma ridimensionato nel tempo.
Intanto, dopo le esternazioni della Soprintendenza stessa sul fatto di non essere stata informata che il progetto su cui aveva espresso un parere era mutato, si esprime Italia Nostra per chiedere a gran voce un sopralluogo sul cantiere e verificare come stanno le cose.
Il presidente della sezione piacentina di Italia Nostra, Stefano Antonio Marchesi, ha inviato al Soprintendente di Parma (che inoltrerà la lettera a Bologna) la sua richiesta, richiamando la mobilitazione del fronte ambientalista, insieme a Fai e associazioni varie. Marchesi contesta le dichiarazioni rilasciate a Libertà da Tirelli là dove dice di essersi attenuto alle valutazioni della Soprintendenza, la quale dichiara di essere all'oscuro delle ultime modifiche progettuali. La contraddittorietà delle dichiarazioni e il cambio del progetto rendono «necessario, doveroso e improcrastinabile» un sopralluogo e «l'acquisizione di tutta la documentazione amministrativa al fine di valutare la natura - è scritto - e compatibilità degli interventi in fase di realizzazione con la conservazione e valorizzazione del sito archeologico».
A questo sopralluogo Italia Nostra vorrebbe partecipare, come portatrice di un pubblico interesse legittimo. Sarebbe utile. Si attende risposta. Piacenza, ci spiega a parte Marchesi, «reclama l'interesse alle proprie esigenze di tutela del patrimonio storico-culturale, che troppe volte, nel corso degli anni, è stato disatteso come avvenne negli eclatanti casi della distruzione del Chiostro San Michele e della rimozione del mosaico romano con intombamento dei resti della Chiesa di San Gregorio». Non solo, Italia Nostra respinge il rilievo economico fatto dall'impresa circa l'apporto di lavoro a favore della comunità, «ben si potrebbe coniugare i diversi interessi, la tutela e valorizzazione del sito archeologico non comporterebbe certo minori opere da realizzarsi». Patrizia Soffientini LIBERTA' del 06/08/2014
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