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O la va o la spacca

L'ultimo rodeo di Silvio

di UGO MAGRI
La Stampa del 7 novembre 2007


A mano a mano che l’ora della verità si avvicina, e le sue profezie sulla fine imminente di Prodi assumono sempre più le sembianze di un «bluff», e gli stessi suoi alleati della Cdl si preparano a presentargli il conto dell’ennesima sconfitta, c’è un interrogativo cui perfino i conoscitori del Cavaliere non sanno dare risposta: «Chi glielo ha fatto fare?».
Per quale strana e incomprensibile ragione Silvio Berlusconi ha deciso di giocarsi un pezzo consistente di reputazione politica su una scommessa così ad alto rischio, come annunciare la caduta del governo in base a un’incerta campagna acquisti?

L’unica risposta paradossale ma convincente che si raccoglie ai piani alti della Cdl ha poco a che vedere con la politica, molto invece con la psiche del leader.
Berlusconi, è l’affascinante teoria, non ne ha più voglia.
Settantuno anni, due volte capo del governo, destinato comunque a restare nei manuali scolastici, tanti denari da non sapere che farne: come stupirsi se al teatrino della politica lui preferisce il cabaret, quello vero?

Non è un caso se il giorno in cui si spegneva Giovanna Reggiani all’ospedale Sant’Andrea, ferita a morte da un immigrato romeno, lui era al Bagaglino, dove si rappresentava il nuovo spettacolo comico di Pippo Franco e Oreste Lionello dal titolo «Vieni avanti cretino», e contribuiva al buonumore collettivo raccontando dal palco un paio di sapide barzellette delle sue. Ridiamoci su.

Per cui Silvio ha puntato tutto il suo patrimonio politico sulla crisi il 14 o il 15 novembre.
Basta così, o la va o la spacca.
Se gli va bene, torna a Palazzo Chigi.
E poco importa se qualche consigliere come don Baget Bozzo gli ha detto che sedersi oggi su quella poltrona è pura follia, «in queste condizioni caro Silvio l'Italia è ingovernabile, ti lincerebbero peggio di Prodi, per desiderare una cosa del genere devi essere un grande pazzo oppure un grande santo...».

Niente da fare, Berlusconi non ascolta.
Giorgio La Malfa gli ha mandato da una settimana 40 cartelle di analisi della crisi italiana per scongiurarlo di non perdere l'occasione delle riforme istituzionali prima di andare alle urne. Zero risposte.
Il Cavaliere galoppa lanciatissimo verso il suo ultimo rodeo.
Se lo vince «conquista la terza insalatiera», ironizza Bruno Tabacci.
Torna al tavolo dei Grandi, si prende una rivincita planetaria.
E se va male?
Nulla fa credere che Berlusconi abbia voglia di tirare la carretta del centrodestra per un altro anno o magari due, o tre, o per il tempo che può durare un’onesta battaglia d’opposizione.

Chi lo frequenta è pure portato a escludere che l'uomo si ritiri in azienda e torni a fare Caroselli, come ai tempi in cui era Sua Emittenza.
Ma avverte che l'ennesimo blitz fallito avrebbe ripercussioni pesanti sul suo animo.
Prima ancora che siano gli alleati (Fini, Casini, Bossi) a rinfacciargli il fiasco, sarebbe lui stesso a interrogarsi se vale la pena spendere altre energie per un Paese «che non mi merita» (sfogo all'indomani della sconfitta elettorale).

E' un fatto che, rispetto al Berlusconi lungimirante, all'imprenditore geniale fattosi statista a modo suo rivoluzionario, l'orizzonte temporale del personaggio odierno sembra drammaticamente accorciato. Più che investire sul futuro, spreme quanto può dal presente.
Perfino il Milan ne sta facendo le spese.
E' la squadra più vecchia del mondo, ma Berlusconi non ha voluto cacciare di tasca un soldo, en attendant Ronaldinho.
Quando Galliani gli ha fatto il nome di un campione come Buffon, lui ha storto la bocca.
Idem nella politica: in questo caso il Ronaldinho che Berlusconi aspetta si chiama Dini, tutto il resto lo annoia.
Partito unico per la destra di domani?
Sì, no, boh, vedremo.
Fini sarà il successore?
Certo, anzi no, anzi forse.
Prima Michela Vittoria Brambilla e i suoi Circoli vengono finanziati con 200 milioni di euro, poi Berlusconi congela tutto, MVB morde il freno.

Una lista senza fine.
La destra in Europa è laboratorio di idee, Sarkozy fa scuola.
Invece la berlusconiana Officina, che dovrebbe redigere il nuovo programma, ancora non parte.
E pazienza: tanto, basta ripetere il mantra delle grandi opere, del Ponte sullo Stretto, delle tasse da tagliare e al resto ci pensa il governo Prodi.
Due settimane fa l'emergente britannico Cameron ha stretto un patto col governatore della California Schwarzenegger sulla politica ambientale, embrione di un'«ecodestra» mondiale.
L'unico che in Forza Italia se ne occupa con proposte concrete è Tremonti.
Il Cavaliere mai ha pronunciato la parola «ambiente», tranne che su Rete4 tanti anni fa, quando la Carlucci lo intervistò sulle rose del suo giardino.
Ma in fondo, insistono a difenderlo i fedelissimi, tutto si gioca tra pochi giorni.
«Se mi va bene», è la promessa del Cavaliere, «ne vedremo di belle».
Altrimenti, venga pure il diluvio.


pubblicazione: 07/11/2007

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