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"Non faccia la vittima, è uno degli artefici del clima violento

di CARLO BERTINI

di CARLO BERTINI
ROMA
Nel “buen retiro” della sua casa di Sinalunga, Rosy Bindi scorre i flash di agenzia sull’aggressione al premier.
E’ da poco tornata dalla messa delle cinque ed ha appena finito di ragionare sulla proposta di Casini, «efficace solo se viene presentata come alternativa di governo con una proposta programmatica e sociale».
Ma di fronte alla piega improvvisa che la giornata politica sta subendo, ragiona sconsolata:
«Ci mancava pure questa. Sia ben chiaro, questa intervista deve aprirsi con la solidarietà a Berlusconi e con la condanna del gesto. Resta il fatto che tra gli artefici di questo clima c’è anche Berlusconi, non può sentirsi la vittima. Questi gesti vanno sempre condannati, mai giustificati. Qualche volta però sono spiegabili. Certo, se si continua a dividere questo paese, alla fine...».

Dunque aveva visto giusto Di Pietro sul rischio di scontri in piazza per un clima di odio alimentato dal premier?

«Motivi di esasperazione ce ne sono molti, legati alla crisi economica che alcuni pagano con prezzi altissimi.
La sensazione più diffusa è che non sai più a chi rivolgerti, non sai più chi ti tutela.
C’è perfino una rottura in parte creata ad arte del movimento sindacale.
E poi c’è uno scontro politico che si porta dietro sicuramente frange estremiste o persone che perdono la testa, ma chi ha più responsabilità fa di tutto per dividere il paese.
Sbagliano i contestatori, non si disturbano le piazze degli altri, è anche vero che c’è modo e modo per zittire le persone.
E anche oggi il premier ha mantenuto toni duri, mancava solo la frase “e per tutto questo ora andiamo al voto”».


Il Cavaliere dice di voler continuare a governare.
Allora perchè un leader prudente come Casini si spinge così avanti?
Sarà perchè il voto anticipato è un esito su cui nessuno più dubita?

«Può essere un segnale del tipo “se hai intenzione di tirare la corda, sappi che...”.
Certo le opposizioni sono pronte a reagire se il premier vuole elezioni per cambiare la Costituzione. Berlusconi a Milano non ha fatto altro che confermare il messaggio che siccome lui ha il consenso popolare nessuno lo può fermare».

Ma quanto potrebbe durare un esecutivo con Casini e Di Pietro?

«Questo è il punto.
E poi sia ben chiaro, non è il premier che decide se si va a votare.
E il Pd starà molto attento alle decisioni del Quirinale: saremo disponibili a collaborare per rendere effettivo il dettato della Costituzione che le Camere le scioglie il Capo dello Stato».

Quindi è vero, secondo lei, che in cinque minuti si trova una maggioranza in Parlamento per un governo istituzionale.

«No, non è così.
Mi pare ve ne siano troppe di situazioni da definire e grazie a Dio al Quirinale c’è una persona saggia».


Ma esiste o no qualche controindicazione nel far nascere un Fronte democratico “anti-Silvio”?

«E’ un primo passo che considero indispensabile, ma non scontato, tutto da costruire e comunque non sufficiente. Il paese sta attraversando una forte crisi sociale ed economica.
Quindi la soluzione della crisi democratica deve essere funzionale alla soluzione della crisi sociale. L’Alleanza per la democrazia trova il consenso se ha la forza dell’alternativa programmatica.
Non si può dire ai disoccupati “vieni con noi a salvare la democrazia del paese” senza dirgli come saremo in grado di ridargli il lavoro.

Lei dà per scontato che gli elettori di Casini lo seguano se va con la sinistra e che i vostri militanti votino per Casini premier?

«Non penso agli organigrammi e mantengo due punti fermi.
Il bipolarismo e il Pd come partito plurale, non come sinistra.
Anche il sistema politico da troppi anni non si assesta perché deve pensare alle emergenze.
Tradotto, il Pd non ha nessuna intenzione di ereditare il complesso dei “Figli di un Dio minore” della sinistra che per vincere bisogna che qualcun altro ci copra al centro».

Ma questa esigenza non si scontra con un’alleanza con l’Udc?

«No, ci alleiamo come partito di centrosinistra, non andiamo a costruire il centrosinistra con il “trattino”. Il Pd non può perdere la sua natura nel fare questa operazione.
E Casini sa che in questo caso non può mantenere una politica dei “due forni”.
E aggiungo che questa è un’occasione, non per rinnegare il bipolarismo, ma per costruirne uno più europeo.
Dunque per il Pd è una sfida.
Vorrei rassicurare Veltroni: non ho intenzione di perdere l’Ulivo per strada, per me difendere il futuro democratico del paese significa anche difendere il nostro progetto politico».

(da La Stampa del 14 dicembre 2009)


pubblicazione: 14/12/2009

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