Ben 50 milioni di euro all'anno che se ne vanno dalle casse dell'Ausl piacentina per finire in quelle delle aziende sanitarie delle province limitrofe. Il corrispondente di un quarto dell'intero budget aziendale relativo alle spese ricovero, con 30 milioni di euro che varcano i confini regionali a rimpinguare le finanze della sanità lombarda.
È il peso economico della cosiddetta “mobilità passiva”: il fenomeno dell'emigrazione di pazienti verso ospedali e strutture di cura al di fuori del proprio territorio di appartenenza. Una “patologia” che affligge in maniera cronica il nostro sistema sanitario e nel caso di Piacenza, città di confine fra due regioni, assume pure i connotati di uno scontro tra le “filosofie” assistenziali contrapposte, quella emiliana e quella lombarda. La concorrenza sulle rive del Po rischia però di far pagare ai cittadini il conto due volte: per ogni prestazione medica praticata in un'altra regione, quella di origine deve infatti rimborsare le spese.
«In realtà la devolution in materia sanitaria - spiega Luca Baldino, direttore del dipartimento di staff dell'Ausl di Piacenza - esiste già perché non abbiamo alcuno strumento per dissuadere i nostri pazienti ad accettare in Lombardia cure o ricoveri che qui da noi non sarebbero ritenuti necessari: oltre il Po è come trovarsi in un altro stato». «Affrontiamo il problema della mobilità passiva - fa notare - senza diventarne schiavi, consapevoli che è un fenomeno complesso difficile da governare e vi è una componente di migrazione fisiologica». «I settori sanitari che soffrono maggiormente questa emorragia - sostiene - sono la chirurgia a bassa complessità, ovvero interventi di scarso peso medico, l'ostetricia, anche se il trend si è invertito, l'area tumori, la gastroenterologia e l'ortopedia. Per contrastare una tendenza alla fuga che in questi anni è sempre aumentata, seppur con percentuali in diminuzione, sono state messe in campo diverse misure per affinare la qualità dei servizi». Ma Baldino non risparmia critiche verso il «comportamento opportunistico della sanità lombarda», nella quale la scelta di puntare sulla liberalizzazione e sull'incremento indiscriminato dell'offerta ha avuto l'effetto di indurre una forte domanda di prestazioni inutili e pertanto di gonfiare la spesa. «Le statistiche dicono - aggiunge - che mentre nel sistema emiliano si tenta di ridurre il numero dei ricoveri, incrementandone la complessità, in Lombardia sta avvenendo il contrario: aumentano le ospedalizzazioni a bassa complessità, e molto spesso bassa complessità è sinonimo di ricovero inappropriato, ovvero inutile». Sono dati che testimoniano una sorta di concorrenza sleale fra regioni e politiche alternative che si gioca sulla pelle dei malati. Dal canto suo, il direttore generale dell'Ausl Francesco Ripa di Meana, afferma che della mobilità passiva presto si occuperà la conferenza Stato-Regioni «per dare regole precise a tutti i territori di confine coinvolti dal problema». La situazione, afferma, «va governata in varie regioni per evitare il verificarsi di una contesa dei pazienti, che alla fine risulta economicamente dannosa per l'intero sistema sanitario nazionale. Si potrebbe ragionare sulle prestazioni offerte e sulle tariffe fra aziende limitrofe».
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