di Roberto Reggi
Ci sono cose che ormai fanno parte del sentire comune, che si intersecano nei discorsi al bar, sull'autobus o nei luoghi più disparati, che a questo stadio non sono ancora di destra o di sinistra, perché riflettono ciò che si sente, si vede , viene percepito da tutti, o quasi tutti, che manifestano insofferenza o un disagio che investe le persone indipendentemente dalle loro idee.
Alcune di queste cose sono riferite alle emergenze che interessano la vita quotidiana, non chiamiamole ambientali perché già a questo termine qualcuno potrebbe dare una colorazione, ma quante volte abbiamo sentito dire "non si può più respirare" "mi sento soffocare" "c'è un traffico insopportabile" "la città è diventata invivibile"? Discorsi, questi, che si sentivano anni fa a proposito delle metropoli (per noi piacentini era Milano la città che presentava questi problemi) nel tempo il fenomeno si è espanso sino ad investire anche i piccoli centri: oggi in qualsiasi luogo le frasi riportate sono la normalità. E' evidente che qualcosa è successo, qualcosa che ha cambiato radicalmente la nostra vita e, da questo punto di vista, l'ha peggiorata. Siamo di fronte a un dato di fatto e quindi penso che possiamo essere tutti d'accordo; siamo ad uno stadio nel quale possiamo sperare di non contrapporci ideologicamente.
Se invece iniziassimo un'analisi sui motivi che hanno portato a questa situazione già riscontreremmo delle differenze che ci dividerebbero, perché dovremmo parlare di che cosa ha significato il termine "progresso", di quali sono stati i valori, le priorità che hanno determinato lo sviluppo delle città, di quale è stato, insomma, il motore dell'azione umana che ci ha portati oggi ad una situazione di invivibilità. E' un ragionamento che per il momento possiamo accantonare. Facciamolo in altra sede e partiamo dal dato di fatto che "qualcosa" bisogna fare a fronte dell'emergenza che ci investe. Che cosa? Siamo stati costretti a prendere provvedimenti di limitazione del traffico a fronte di un livello molto alto delle polveri sottili. I provvedimenti di emergenza non contengono però gli antidoti per risolvere il problema, sono appunto di emergenza e come tali hanno dei limiti intrinseci.
Creano alcuni disagi ai cittadini, ma purtroppo non esistono soluzioni in questo campo che non vadano ad intaccare qualche abitudine consolidata; si registrano in proposito molte lamentele ed ognuno propone una soluzione diversa che non vada ad intaccare le sue abitudini, ma che evidentemente inciderà su quelle di un altro.
Sul punto le forze politiche si contrappongono troppo ideologicamente: gli stessi provvedimenti che vengono adottati da una Giunta di centro-sinistra in una località, vengono adottati in un'altra città da una Giunta di centro-destra e quindi non sarebbe il caso di fare barricate di fronte a tali contingenze.
Il problema vero sul quale bisognerebbe concentrarsi non è la disputa sulle targhe alterne o il giorno di chiusura, ma il fatto che l'aria è diventata irrespirabile. Ciò che appare evidente è che non saranno i provvedimenti di emergenza a modificare questo stato di fatto, bisogna pensare a qualcosa di più strutturale. Che cosa?
Se è vero che determinate scelte hanno portato alla situazione che viviamo, bisogna cominciare a rendersi conto che qualcosa va modificato. Per questo abbiamo varato il nuovo Piano Urbano del Traffico. Non ho sottolineato a caso il termine "modificato". Avverto che c'è, in generale, una reazione immediata a qualsiasi tipo di cambiamento, quasi una sorta di difesa automatica: se cambio devo uscire dalle mie abitudini, devo andare verso qualcosa di nuovo, preferisco rimanere nel mio guscio. Anche di fronte alla chiusura del Corso Vittorio Emanuele tanti anni fa ci furono opposizioni: oggi credo che nessuno oserebbe dire che quella via sarebbe meglio con le macchine.
Limitare il traffico in centro non può essere considerata una azione penalizzante: è solo la reazione al cambiamento che può generare una siffatta affermazione. Con meno traffico, infatti, si vive meglio, si ritrova il piacere di frequentare zone dove si può passeggiare, respirare meglio, con meno rumore, con più tranquillità. Non è forse una situazione migliore sia per chi ci abita sia per chi si reca nei negozi? Nelle città dove si è avuto coraggio in questo senso i risultati sono stati sensibili con beneficio per tutti, compresi i commercianti, proprio perché le situazioni gradevoli attirano le persone.
E l'automobile? Sul punto non possiamo nasconderci una evidente realtà: se vogliamo avere risultati concreti e vivere meglio, l'auto dovremo usarla sempre meno in città. E' un dato di fatto non è una posizione ideologica. Da questo punto di vista siamo agevolati dal fatto che Piacenza è una piccola città: una volta parcheggiata l'auto nei parcheggi periferici in pochi minuti si raggiunge il centro con l'autobus; in pochissimo tempo si attraversa in bicicletta; si coprono ampi tratti a piedi senza difficoltà; insomma, le dimensioni della nostra città ci aiutano a trovare soluzioni alternative se vogliamo veramente affrontare in modo serio questo problema.
La sosta a pagamento è stata introdotta per migliorare l'offerta di posti auto nelle vicinanze del centro cittadino e consentire al maggior numero di persone possibile di sostare per il tempo necessario a sbrigare le commissioni di particolare urgenza, riducendo in tal modo il flusso di veicoli alla perenne ricerca di un parcheggio. Diversamente da così, il suolo pubblico, che in centro è comunque scarso, rischierebbe di essere occupato da auto in sosta anche per lunghi periodi; si tenga conto che, da dati forniti dall'Aci, l'incremento annuo di vetture nella nostra città risulta essere di circa duemila unità negli ultimi dieci anni. A questo proposito sono state comunque previste tariffe agevolate per chi in centro ci abita o ci lavora.
Certo il servizio di trasporto pubblico è suscettibile di miglioramenti e sempre più lo sarà se riuscirà a diventare la soluzione centrale per la mobilità e non un fatto marginale.
Abbiamo introdotto il limite di velocità a 30 Km orari nella zona di particolare rilevanza urbanistica perché crediamo sia possibile pensare alla città come ad un luogo dove ci si muove con cautela, con meno stress, con più attenzione per le persone, con meno incidenti.
E' una visione della città che credo possa piacere a molti, del resto le scelte che stiamo facendo erano inserite nel nostro programma e non l'avevamo nascosto, l'avevamo detto in campagna elettorale. Poi, durante il percorso si affronta la realtà, si possono fare aggiustamenti, si possono ampliare o ridurre alcune scelte, ma l'impostazione di fondo deve rimanere tale. L'innalzamento di barricate da parte di alcuni sui provvedimenti varati appare sproporzionato e strumentale. Ci sono altre modalità più costruttive per affrontare i problemi, ci si può confrontare e parlare; da parte nostra c'è disponibilità all'ascolto, ma non possono essere accettati insulti o ricatti. Alla base della nostra azione c'è comunque una sensibilità per la città e per le persone che vi abitano, anche per quelle che magari alzano meno la voce e più subiscono i disagi di questa situazione, e la volontà di restituire ai cittadini spazi vivibili, più umani, in un'ottica già adottata con successo in molti luoghi in Italia e in Europa. Roberto Reggi Sindaco di Piacenza
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