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MEGLIO TORNARE AL TERRITORIO.

di Giuseppe De Rita

La dinamica sociopolitica italiana di questi mesi richiama un verso dannunziano sulle vele stanche. Stanche perché non raccolgono vento, non si gonfiano, non producono spinta in avanti; anzi si sfilacciano, producendo ulteriore afflosciamento.
E non è un caso che torni di moda l' idea che continuiamo a galleggiare, senza alcun movimento di onde lunghe.
E' stanca la vela dell' ideologia, che di vento ne raccoglieva tanto, ma con esiti più di tempesta che di progresso.
E' stanca la vela degli interessi da rappresentare politicamente, perché la natura intimamente corporativa del Paese inclina al lobbismo furbastro.
E' stanca la vela del blocco sociale di riferimento, forse anche perché è difficile da issare.
E' stanca la vela del fare coalizione, dove sono più i processi di scoagulamento che quelli di compattamento così che alle elezioni future arriveranno necessariamente le coalizioni, ma in condizioni di appeal di non impetuoso vigore.
Cominciano inoltre ad apparire stanchezze anche nelle vele che sembravano indiscutibili, come appare quella del programma e quella della leadership personalizzata.
Si comincia quasi a sorridere quando si insiste su «il programma» (a sinistra per elaborarlo, a destra per dimostrare di averlo attuato), visto che anche i più inveterati redattori di testi programmatici si sentirebbero oggi ridicoli se dovessero mettersi a scrivere scenari, obiettivi, strumentazioni di medio e lungo periodo.
E questo sapore di già passato lo si ritrova anche per la leadership personalizzata.
Non siamo più a dieci anni fa, quando la figura del potenziale leader aveva la magica forza di convogliare e convertire le emozioni collettive in energia politica; oggi, la leadership personalizzata tende a esser vista (sia a livello nazionale che regionale) come una difesa di aspirazioni individuali più che di una capacità di creare e proporre una nuova offerta politica.

Se le vele sono stanche non si può che galleggiare, sembra aver capito chi ha riscoperto le scaltre virtù di precedenti periodi politici.
Per chi non ha capito o non ne ha voglia è consigliabile però non intestardirsi ad affannarsi sulle vele dell' ideologia, delle coalizioni, dei programmi, delle leadership, ma piuttosto cambiare giuoco e trasferire la dialettica politica in terra ferma, sui temi del territorio, delle autonomie locali, delle autonomie funzionali, dei distretti industriali, dello sviluppo a macchia di leopardo del Sud.
E' sul territorio che oggi si formano interessi e identità collettivi; è sul territorio che si esplica la voglia di viver bene su cui si radica oggi buona parte del consenso sociale; è sul territorio che si può richiamare la responsabilità di tutti (imprese, enti locali e singoli) a rilanciare lo sviluppo e a razionalizzare spese e interventi; è sul territorio che si verificano spostamenti di voti, come è stato evidente nelle ultime elezioni.

E' sul territorio in sintesi che si fa sempre politica e si può operare il suo cambiamento.

Sorprende che lo capisca qualche accorto governatore regionale e non le forze politiche nazionali (specie a sinistra dove pure si governa il 70% delle amministrazioni locali).
Preferiscono il galleggiamento: o per incertezza strategica, visto che combattere in terraferma imporrebbe una cultura che non hanno; o per puro istinto di conservazione delle proprie classi dirigenti, restando insieme nel comune declino.


pubblicazione: 12/10/2004
aggiornamento: 01/05/2005

Giuseppe De Rita 4341
Giuseppe De Rita

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