Elisabetta Ferrari: conquistati i certificati sull'energia rinnovabile
Prima donna a tenere le "redini" dell'inceneritore piacentino, Elisabetta Ferrari, Betty per gli amici, 38 anni, se non incarna più un'anomalia in uno scenario politico che vede cinque donne nella giunta comunale, apre comunque una porta nuova alla rappresentanza femminile, quella della qualità ambientale pensata e gestita in termini manageriali. Lei stessa racconta la sua mobilitazione, da consigliere di amministrazione, per far ottenere all'inceneritore i Certificati Verdi sulla produzione di energia da fonti rinnovabili, che, negoziati sul mercato, danno introiti.
La neo presidente di Tecnoborgo ha idee realiste: «Bisogna essere seri e responsabili, aver la consapevolezza che tutte le attività umane creano inquinamento, vogliamo forse dimenticare che ciascuno di noi produce un chilo e mezzo di rifiuti al giorno, che la nostra auto inquina?». L'ambiente diventa specializzazione per la Ferrari, manager di una holding che opera nella progettazione e gestione di impianti per produrre energia elettrica da fonti rinnovabili. E' il decreto Bersani del '99 sulle liberalizzazioni - rievoca - a far nascere nuove professioni. E la sua scelta della giovane laureata in giurisprudenza non si fa attendere. Nel 2002 entra nel Cda di Tesa: «La cosa di cui vado più fiera è aver lavorato per la rete del teleriscaldamento che significa energia pulita e risparmio energetico». Sono gli anni che vedono la riconversione da parte di Edipower della centrale, si tratta di costruire accordi per le convenzioni tra Comune ed Edipower stessa.
Dal 2004 al 2007, Ferrari è nel Cda di Tecnoborgo, poi il salto alla presidenza, non scevro di polemiche : «A livello personale è stato un riconoscimento importante. Tecnoborgo ha una funzione strategica di sintesi fra produzione di energia pulita e smaltimento dei rifiuti. Essere un tecnico di settore mi aiuta».
Il trend nazionale dice che la produzione di rifiuti aumenta, Tecnoborgo ha un'autorizzazione per smaltirne 120 mila tonnellate, parallelamente c'è domanda di energia in forte crescita.
«Ritengo che Tecnoborgo sia una risposta ecologicamente corretta, visto che l'Ue punta ad un 20 per cento di risparmio energetico e a produrre il 20 per cento in più di energia da fonti rinnovabili entro il 2020, obiettivi ambiziosi, non irraggiungibili e nessuno può chiamarsi fuori».
In questa scia virtuosa si pone la qualifica arrivata a marzo sui Certificati Verdi attribuiti dal gestore del sistema elettrico, riconoscimento ad un impianto a fonte rinnovabile. I certificati, nati con la liberalizzazione Bersani, sono titoli annuali attribuiti all'energia elettrica prodotta usando impianti nuovi e fonti rinnovabili, non fossili come gas o petrolio. Un meccanismo che porta il mercato ad incentivare queste fonti invece di imporre tasse: chi inquina deve acquistare i certificati, sostenendo una produzione pulita.
«Chi ha visto discariche piene di percolato, come accade nel mio lavoro e conosce molte ex municipalizzate in tutta Italia, sa quanto Enìa abbia lavorato bene, la scelta del termovalorizzatore partito nel 2002 e voluto dal sindaco Vaciago, è stata lungimirante e coraggiosa, non è facile trovare città con impianti come il nostro, c'è chi ha solo discariche e a volte neppure quelle». Una buona risposta, conclude Ferrari, che non si discosta dall'opportunità di diminuire a monte i rifiuti («sarebbe la cosa migliore»), invece di pensare a discariche che sono un po' «l'archeologia di rifiuto». Patrizia Soffientini
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