«Non consegno la Provincia a Rifondazione»
Dario Squeri scuote una campagna elettorale fin troppo compassata e “prevedibile” con un clamoroso colpo di scena. Il presidente uscente della Provincia, nonchè fondatore a livello nazionale della Margherita, annuncia che - seppure a livello personale - il 27 giugno, al ballottaggio, appoggerà il candidato di centrodestra, il parlamentare Tommaso Foti, e non l'esponente dell'Ulivo, Gianluigi Boiardi. «Ho grande stima di Boiardi a livello personale - dice Squeri - la mia differenziazione avviene sul piano puramente politico. Foti per me è sempre stato un avversario da battere, ma ritengo che oggi abbia presentato un programma realista ed equilibrato dove sono state abbandonate vecchie ed obsolete concezioni della destra. Ho visto recentemente in campagna elettorale un Foti più moderato ed equilibrato. Si capisce che dopo tanti anni per cui l'ho combattuto oggi forse ha imparato anche lui qualcosa da me».
Dunque, secondo lei, Foti rappresenta meglio di Boiardi il centro? «Questo lo lascio dire a Foti, quello che io voglio chiarire - con molta serenità, ma anche con molta amarezza - è che non mi sento, dopo nove anni di impegno e di duro lavoro, di consegnare la Provincia di Piacenza ad un'alleanza politica dove è prevalente, sia a livello politico che programmatico, la presenza di una sinistra massimalista e condizionata da Rifondazione Comunista. Questa non è la mia Provincia, non è il modello sul quale mi sono impegnato».
Ha parlato con Boiardi? «L'ho incontrato questa mattina e gli ho espresso con molta serenità le mie considerazioni. Gli ho rinnovato la mia stima personale ma gli ho anche spiegato che non mi sento di condividere il tipo di Provincia che lui oggi presenta».
Per quale ragione? «Io ho cercato di fare della nostra una Provincia aperta e solidale, ma soprattutto una Provincia che svolgesse un ruolo di regia prima che di protagonista. Ho la sensazione chiara e netta, leggendo i contenuti del programma del centrosinistra (dove però il centro è ormai scomparso), che sempre di più si ritorni alla visione di una Provincia vera e unica protagonista delle proprie politiche; a livello di organizzazione, programmazione, vigilanza. E' una posizione mutuata da Rifondazione e e dalla sinistra massimalista, che di fatto è stata inserita in modo massiccio nel programma elettorale di Boiardi».
Come mai ha atteso così tanto per fare questa esternazione? «Avevo ritenuto utile in questi giorni scegliere la strada del silenzio, ma visto che sono stato “tirato in ballo” impropriamente ho creduto che fosse importante definire quella che è la mia posizione personale rispetto alla scelta nel ballottaggio. Voglio precisare che io non ho chiesto niente nè a Boiardi nè a Foti. Non ho chiesto posti per me, nè per quelli che condividono le mie posizioni. Non è una questione di posti, è una questione ideale e di posizioni politiche, io oggi non mi sento dentro a questa scelta politica».
Qualche tempo fa disse di non voler consegnare la Provincia alla destra, oggi dice di non volerla consegnare alla sinistra. Che cosa è cambiato nel frattempo? «Mi aspettavo una riconsiderazione di alcuni aspetti programmatici che non ho visto; mi aspettavo che quel segnale che avevo dato - di non fare la lista di centro - potesse mettere qualcuno dell'Ulivo nella posizione di riconsiderare alcune scelte, sia a livello programmatico che di persone. Questo purtroppo non è avvenuto».
E quindi? «Io ritengo che dentro questa compagine di centrosinistra oggi il ruolo del centro moderato sia ormai ridotto ai minimi termini, sia in termini di rappresentanza di persone, che di ascolto».
Lascia la politica? «Assolutamente no. Il mio impegno politico non finisce certo oggi. Anzi, voglio lanciare a Piacenza un nuovo progetto per riaggregare qui, ma anche a livello nazionale il centro moderato; un movimento che oggi non ha valenza in quanto disperso su tanti fronti e su diversi poli. Mi impegnerò in questa direzione all'interno della Margherita, ma una Margherita che deve rimanere autunoma, che non può essere schiacciata dentro ad alleanze di sinistra massimalista che ne annullano il valore storico; una Margherita, in definitiva, che non può esser succube di Rifondazione». (intervista raccolta da Giorgio Lambri)
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