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Litigi e ritardi, l'Expo di Milano rischia il flop

È abbastanza clamoroso quel che sta accadendo a Milano per l’Expo 2015.
Ciò che doveva essere una formidabile occasione per la città finora è stato un susseguirsi di passi falsi, l’ultimo dei quali dovrebbe essere certificato domani con le dimissioni di Lucio Stanca da ad della società che gestisce l’evento.

Tutto appare fermo, al palo. Vediamo di spiegare in parole semplici, e comprensibili anche ai non addetti ai lavori, perché Milano sta paradossalmente rovinandosi la sua immagine di capitale dell’efficienza.
L’Expo, la grande esposizione universale nata alla fine dell’Ottocento e simbolo stesso della modernità (celeberrime quelle di Parigi del 1889 - quando fu costruita la Torre Eiffel - e quella del 1900, che superò i 50 milioni di visitatori e che vide l’inaugurazione della metropolitana) nella primavera del 2008 è stata assegnata a Milano. Un grande successo per il sindaco Letizia Moratti, che si era molto impegnata personalmente, e un momento di speranza di rilancio per tutta la città.

Si diceva che sarebbero arrivati venti miliardi di euro di investimenti fra quartiere fieristico e infrastrutture; che si sarebbero creati 70.000 posti di lavoro; che nei sei mesi dell’esposizione sarebbero arrivati a Milano 29 milioni di turisti; che il fatturato del mondo imprenditoriale milanese sarebbe aumentato di 44 miliardi di euro; che alla città sarebbero poi rimaste opere importanti, fra le quali 11 chilometri quadrati di verde.
Tutto bene, dunque. In teoria.
In pratica dopo due anni la «macchina Expo» non è ancora partita. È successo che sul business è scoppiata una guerra fra i vari potentati locali, e questa guerra è in gran parte la responsabile della paralisi.

S’è cominciato quando il sindaco Moratti ha indicato nel suo fedele consigliere Paolo Glisenti il factotum dell’esposizione.
Glisenti, secondo le intenzioni della Moratti, doveva diventare amministratore unico della società Expo. Alla proposta si sono però opposti tutti.
Il governatore della Lombardia, Formigoni, con tutta la sua rete. Il mondo ex An, vale a dire La Russa e imprenditori a lui vicini. Lo stesso Berlusconi, gli industriali, la Camera di Commercio: tutti convinti che Glisenti amministratore unico avrebbe voluto dire troppo potere alla Moratti.
Così, nell’agosto del 2008 Palazzo Chigi - e Tremonti in particolare - ha di fatto imposto alla Moratti un passo indietro e la scelta non più di un amministratore unico, ma di una gestione collegiale. Nella primavera del 2009 viene finalmente costituita la società Expo: il 40 per cento è del ministero del Tesoro, il 20 della Regione Lombardia, un altro 20 del Comune di Milano, un 10 la Provincia, un altro 10 la Camera di Commercio. Amministratore delegato (in quota Comune) viene nominato Lucio Stanca, ex ministro. Presidente (in quota Camera di Commercio) l’imprenditrice Diana Bracco. Alleluia.
Intanto, però, si è buttato via un anno solo per costituire la società e nominare un vertice. Ma i guai non sono ancora finiti qui.
Ci si mette il terremoto dell’Aquila, ci si mette soprattutto la crisi mondiale. Morale: il finanziamento statale viene ridotto da 4 a 1,4 miliardi di euro, già stanziati e da spalmare sui cinque anni.

Arriviamo ai giorni nostri e i terreni dello spazio espositivo, ad esempio, non sono ancora stati comperati.
Sono di proprietà della Fondazione Fiera e del Gruppo Cabassi, e pare che entro luglio sarà costituita una new company (per un terzo della Regione, un terzo della Provincia e un terzo del Comune) che per dicembre sarà pronta ad acquistarli.
Ma il Bie (il Bureau International des Expositions, l’organismo che sovrintende alle esposizioni) ha già detto che dicembre sarebbe troppo tardi, e chiede di accelerare perlomeno per ottobre.
Manca ancora, poi, un vero e proprio progetto: il tema proposto è «Nutrire il pianeta. Energia per la vita», ma anche anche negli ambienti finanziari sono forti le perplessità per la sua genericità: non è chiaro - dicono in molti - quale prodotto verrà proposto ai visitatori.

Intanto la guerra interna continua.
Dopo Glisenti, bocciato prima ancora di cominciare, è caduto in disgrazia anche Stanca.
È sotto accusa per il doppio incarico: oltre al ruolo di amministratore delegato dell’Expo, che gli vale uno stipendio di 450 mila euro all’anno, è infatti anche deputato.
Da più parti si chiedono le sue dimissioni, ed è probabile appunto che Stanca le darà domani, giovedì, giorno in cui è previsto un consiglio di amministrazione.
Al suo posto dovrebbe andare Giuseppe Sala, city manager del Comune. Il quale non sarebbe comunque un vero plenipotenziario. Gli osservatori della politica milanese dicono che ormai il pallino è nelle mani di Formigoni.

Ma la strada è ancora lunga e difficile. L’Expo non avrà introiti fino alla fine del 2014, e i soldi in cassa sono sempre meno. Bene che vada, sarà un’Expo molto ridimensionata.
E nel Palazzo, anche romano, sempre più insistente sta addirittura girando una voce inquietante: e cioè che alla fine tutto potrebbe saltare, e Milano dovrà rinunciare.
Sarebbe troppo, e non succederà. Ma quel che è già successo è comunque un brutto colpo per Milano.

Michele Brambilla, La Stampa del 23 giugno 2010


pubblicazione: 23/06/2010

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 :.  ECONOMIA Piacenza
 :..  Milano Expo 2015



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