Il braccio di ferro con i Dl indica che il centro sinistra è cambiato.
Le tensioni fra Romano Prodi e la «sua» Margherita sono destinate a diventare una costante; e non solo da qui alle regionali del 2005. L' esigenza del candidato a palazzo Chigi è quella di smarcarsi da qualsiasi identità di parte. Ma questo accentua la determinazione della formazione guidata da Francesco Rutelli, a non appiattirsi sul Professore; a porsi come suo alleato tanto fedele quanto dialettico, anche se nel 2006 dovesse conquistare la presidenza del Consiglio. Così, l' altalena di «unanimità» e «guerre fratricide» finisce per segnalare la difficoltà del centrosinistra a fare i conti con una conflittualità fisiologica, e insieme strategica; il suo rifiuto a prendere atto che l' alleanza è cambiata. Chi, come Castagnetti, giura che Prodi e Rutelli parlano la stessa lingua sulle riforme istituzionali, accredita la verità politica della Margherita: ma è un po' forzata. Sebbene suoni esagerata anche la rappresentazione opposta, di uno scontro senza quartiere. Il coro allarmato dei prodiani doc e dei diessini sul fatto che una sconfitta alle regionali possa trasformare Prodi in un' «anatra zoppa», sembra voler proteggere la sua candidatura; ma in realtà finisce per sottolineare un pericolo di delegittimazione. Per questo, quando Vannino Chiti, portavoce dei Ds, avverte Rutelli che il voto del 2005 sarà «un banco di prova per tutti», la precisazione suona superflua. Testimonia il timore della maggiore forza di opposizione, di ritrovarsi nei panni scomodi del «partito di Prodi» per antonomasia; e in parallelo di dovere assistere senza poter fare molto, alle scorrerie di due alleati corsari: non solo Rifondazione comunista, ma la stessa Margherita rutelliana, e per di più sul versante moderato. Gli applausi di Forza Italia all' ex sindaco di Roma per la sua disponibilità su riforme istituzionali e politica estera, sono inquinati dalla strumentalità; dalla speranza di acuire i contrasti nel centrosinistra, contrapponendo Rutelli a Prodi. Ma, senza volerlo, finiscono per segnalare anche la novità di un altro, virtuale centrosinistra. In questa fase non esistono spazi di dialogo in Parlamento sulle riforme: ieri lo ha ammesso lo stesso presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini. Ma Rutelli e gran parte del gruppo dirigente della Margherita lo sanno. E sembrano decisi a perseguire piuttosto una diversità all' interno dell' opposizione. Di più: la vogliono trasformare in strategia. I complimenti al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, sulla liberazione delle «due Simone» tenute in ostaggio in Iraq; la scelta di Carlo Azeglio Ciampi come bussola nelle scelte di «responsabilità nazionale»; la presa di distanza immediata dalla sinistra sul referendum sulla fecondazione assistita: sono tutti frammenti di questa «strategia della distinzione» dal Prodi «accentratore», e dai suoi sostenitori più convinti fra i Ds. Su questo crinale scivoloso, Rutelli e il grosso della Margherita sono intenzionati a sfidare un Professore che, invece, invoca una leadership indiscussa e senza remore. E' un braccio di ferro appena cominciato, non quasi finito. Ed è improbabile che lo vincano tutti.
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