Slow Food chiama, Piacenza risponde.
Si rinforza continuamente il rapporto tra l'associazione fondata nel 1986 da Carlo Petrini - che s'impegna da anni nel preservare e valorizzare la tradizione gastronomica italiana - e il territorio piacentino.
Quest'anno, infatti, il capoluogo emiliano è stato scelto come sede del corso che, periodicamente, forma docenti, agronomi, educatori ed esponenti del mondo scolastico i quali vogliono approfondire le tematiche legate all'educazione al gusto e alla cultura alimentare.
Gli ospiti, una trentina in tutto provenienti da tutte le regioni italiane, si fermeranno a Piacenza fino a domani - la sede scelta dei lavori è l'istituto alberghiero nel campus agroalimentare della strada Agazzana -, intervallando lezioni frontali a degustazioni di tipicità in ristoranti piacentini.
A fare gli onori di casa, ieri, giorno d'inizio del corso, non sono mancati Mario Spezia, assessore provinciale all'Agricoltura, e Paolo Dosi, assessore comunale alla Cultura, delegato dei rapporti con Slow Food. «È questa una bella opportunità - dice la referente piacentina dell'associazione Luisella Verderi, anche docente - per far conoscere il territorio piacentino, che ha tante peculiarità. Forse non siamo tanto conosciuti perché abbiamo un carattere chiuso, introverso. Eppure la provincia piacentina è da scoprire poco a poco, il 70 per cento è un territorio collinare, e gran parte delle valli è ancora intatta». Si sono aggiunti ai saluti anche Mauro Sangermani e Roberto Belli, rispettivamente preside e vicepreside del Raineri-Marcora.
Il corso, illustra il responsabile nazionale della formazione Davide Ghirardi, prevede vari momenti di studio. Si parte dal primo incontro, sul piacere del cibo: vengono qui presentati i concetti di buono, pulito e giusto, oltre all'introduzione ai cinque sensi e agli elementi di grammatica del gusto, imparando come si organizza un laboratorio di educazione alla sensorialità. Il secondo confronto è dedicato al cibo sostenibile: si affrontano i concetti di stagionalità e territorialità, di tipico e tradizionale, si studiano i prodotti da agricoltura biologica, biodinamica e a lotta integrata, le filiere e chilometri alimentar. Alla fine del secondo ritrovo si prevedono due esperienze pratiche sul tema del pulito. Infine, il terzo incontro, sul cibo solidale. Si parla delle implicazioni socioeconomiche nella produzione, nel commercio e nell'acquisto di cibo, delle etichette - utili chiavi di lettura per il buono, pulito e giusto -, dell'esperienza dei presidi nell'equo e solidale, della multidisciplinarietà dell'educazione alimentare partendo da esperienze pratiche, fino al vissuto degli orti scolastici. Alessandro Rovellini Libertà del 15/03/2009
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