Giuseppe Parenti nella sua relazione ha offerto una disamina economica nazionale e locale invitando, in conclusione, ad investire sulle infrastrutture e sulla conoscenza: «Due pilastri dello sviluppo moderno indispensabili per tenere il passo con le trasformazioni in rapida evoluzione».
E ancora: gli imprenditori non fanno politica, danno un contributo allo sviluppo, che esige l'azione indispensabile delle Amministrazioni che manovrano le leve della gestione del territorio. Insieme «ce la possiamo fare».
In apertura, il presidente uscente di Assoindustria è entrato nel vivo della tessuto economico nazionale messo di fronte alla sfida della competitività crescente e alla globalizzazione: «Non dobbiamo essere pessimisti soprattutto per tre motivi: il rafforzamento degli scambi economici è la via principale mediante la quale i paesi ricchi possono aiutare quelli poveri; l'intreccio internazionale dei legami economici è un potente fattore di pace. La ricchezza e lo sviluppo nel mondo sono in crescita».
E tuttavia, in Europa - s'è detto - è stato realizzato un capitalismo a misura d'uomo che dà rilievo allo stato sociale, ma è chiaro che quando si compete con sistemi che danno molto più spazio alle ragioni dell'impresa, si rischia di soccombere.
«Inamovibilità del posto di lavoro, ordini professionali, burocrazia ridondante, eccessivo peso dello stato, monopoli pubblici e privati che resistono nonostante le Authorities». Contro un incombente declino economico, è necessario trovare il «coraggio» di attuare le riforme strutturali di cui il paese ha bisogno, facendo anche scelte impopolari per introdurre massicce dosi di concorrenza e meritocrazia.
«Noi imprenditori? Dobbiamo dare più qualità alle nostre aziende, quindi prima di tutto in ricerca e innovazione, peraltro l'incitamento a ricercare e a innovare che da più parti ci viene rivolto farebbe pensare che se siamo oggi nei guai è perché gli imprenditori non sanno fare il loro mestiere. Non è così».
Le istituzioni? Devono agire. «Chiediamo, per esempio, l'eliminazione dell'Irap, imposta autolesionista, che colpisce solo la produzione italiana».
La situazione locale Sul locale, Parenti ha detto che il 2004 è stato un anno con luci ed ombre. L'analisi congiunturale effettuata dall'Ufficio Studi evidenziava, alla fine del 2004, una variazione media del fatturato in aumento del 4,30 per cento. Il fatturato estero era in crescita del 10,96 per cento, con una percentuale esportata del 26,31 per cento. «Se passiamo tuttavia ad analizzare i dati 2004 dei singoli settori, dobbiamo purtroppo rilevare performances meno brillanti rispetto a quelle del 2003. Tuttavia non toglie che diverse aziende hanno conseguito risultati positivi e mostrano una tenuta decisa». Anche l'occupazione, nell'anno che si è concluso, ha segnato un meno 0,55 per cento. In crescita la cassa integrazione, sia ordinaria che straordinaria, ma fortunatamente lontana dai livelli preoccupanti del 1993. «In controtendenza gli investimenti, che sono aumentati nel 41 per cento dei casi, dimostrando una volontà di battere la crisi». Piacenza soffre delle debolezze del mercato europeo, del supereuro, situazioni di crisi gestite «in un rapporto franco e costruttivo anche con le organizzazioni sindacali che, a Piacenza, non sono ancora state colpite dal male oscuro della lotta radicale». Le previsioni? «Moderatamente positive, mentre siamo in attesa di conoscere i dati del primo semestre 2005, per i quali non nascondiamo qualche preoccupazione». Sulle scelte in senso lato, Parenti riconosce la positività di aver puntato sulla logistica. Ma se attorno non si costruiscono condizioni infrastrutturali adeguate, «rischia di essere povera di valore aggiunto e di posti di lavoro qualificati». Piacenza ha soprattutto bisogno di insediamenti artigiani e industriali anche per frenare la fuga dei cervelli verso il pendolarismo, quindi occorre reperire nuove aree convenzionate dove far crescere il manifatturiero.
Forte il gap, italiano e locale, da colmare sulle infrastruttute. «Piacenza ha dato molto alla viabilità nazionale in termini di impatto sul proprio territorio ma essa stessa soffre per la propria viabilità di colli di bottiglia che vanno rimossi. Il vecchio ponte sul Po è quasi un monumento ed è inagibile al traffico pesante e la costruzione del nuovo ponte è ormai indispensabile. A che punto siamo? Qualcosa di simile accade nei pressi di Cremona dove le Autostrade Centropadane sarebbero disponibili alla costruzione di un nuovo ponte. Se questa struttura può essere realizzata senza gravare sulle risorse pubbliche noi la accogliamo con favore, perché facilita indubbiamente la mobilità anche sul nostro territorio».
La provincia ha pure l'esigenza di avere una strada pedecollinare, destinata a diventare una nuova direttiva di sviluppo, «visto il collasso della via Emilia» e sarebbe importante unire il nostro territorio alla costruenda arteria che sta realizzando la Brescia-Bergamo-Milano che attraverserà un territorio ad alta intensità di sviluppo.
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