GIACOMO MARAZZI «Non ci sto a farmi ghettizzare, a farmi mettere etichette. Mi rappresentano come uomo del centrodestra, ma io non ho mai avuto tessere in tasca né frequentazioni politiche, mi indicano come il rappresentante di interessi delle categorie economiche e certo arrivo dal mondo industriale, ma la Fondazione ha ben chiari i suoi settori di intervento, alle imprese non andrà nulla. Parte dei fondi vanno alle Università e solo questo potrà produrre ricadute positive anche sulle aziende...». Giacomo Marazzi non vorrebbe dire una parola sulla sua discesa in campo («non voglio che assomigli ad una corsa elettorale...»). Ma dietro insistenza alla fine si lascia convincere. «Sono stato sollecitato sulla presidenza già da tempo, diciamo un annetto, da persone che non appartengono solo al mondo economico, ma anche da esponenti del volontariato, professionisti. Avevo detto no - racconta - poi però la base che mi sostiene si è allargata e non ho più potuto dire no». Non c'è solo la Camera di Commercio, osserva Marazzi, ma esponenti del volontariato, tutti i membri della Comunità vigevanese, dalla Curia al Comune, esponenti delle professioni. E così Marazzi sintetizza il significato del suo programma: «Ci vuole massima unità e coesione fra i soggetti chiamati alla conduzione della Fondazione e una gestione più attenta, con il problema di far fruttare al meglio il capitale, che va difeso in termini reali». E chi vuole un manager, lo vuole anche per questo, lascia intendere lui stesso. Come indirizzare i fondi? Non è una scelta opzionale («se questi sono i timori»). «Ci sono i filoni previsti dallo statuto - elenca Marazzi - ovvero educazione e formazione, ricerca scientifica e tecnologica, arte, attività e beni culturali, volontariato, filantropia e beneficienza, assistenza agli anziani, attenzione alla famiglia». «Onestà e trasparenza per il ruolo di presidente - conclude - sono prerequisiti, chi va a gestire questo ente lo deve fare nell'interesse di tutta, dico tutta, la collettività piacentina e vigevanese».
GIAN CARLO MAZZOCCHI Gian Carlo Mazzocchi - che sceglie ancora una volta la riservatezza come abito necessario - non fa mistero di una certa amarezza tra chi gli sta intorno, avendo offerto la sua disponibilità fin dall'inizio, senza trovare una convergenza generale. Alla fine è arrivata da Comune e Provincia l'offerta di far da «traghettatore» per altri 18 mesi (fino alla scadenza del consiglio di amministrazione, sfalsata rispetto a quella del consiglio generale) in attesa di trovare una soluzione condivisa e per superare le divisioni venutesi a creare tra i vari soggetti che possono dire la loro in Fondazione. «Accetto con l'impegno di favorire la ricerca, da parte dei membri eletti nel consiglio generale della Fondazione, insieme alle realtà istituzionali e sociali che questi rappresentano, di un definitivo assetto degli organi di governo della Fondazione». C'è l'impegno personale a “lasciare” in occasione del prossimo rinnovo del Cda, oltre a garantire un forte coinvolgimento degli enti sulle scelte di finanziamento, di concertazione e di verifica delle attività con le realtà istituzionali e sociali del territorio. (omissis) «Alle scuole e alle università abbiamo dato il 40 per cento delle risorse, all'arte e alla cultura il 30-35 per cento, sul sociale si è contribuito al funzionamento delle case di riposo e sulle rette». Poi il grosso investimento sulla Toscanini e il Teatro: «Regione, Provincia e Comune avevano un progetto. Ha chiesto una comunità intera, non potevamo restarne fuori».
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