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La sentenza è stata eseguita: Saddam Hussein, ex dittatore iracheno, è stato impiccato all'alba del 30 dicembre, intorno alle 6 del mattino a Bagdad, quando in Italia erano circa le 4.

La televisione di Stato irachena ha confermato l’esecuzione di Saddam Hussein, impiccato insieme al fratellastro Barzan al Tikriti e all’ex presidente del Tribunale Rivoluzionario, Awad al Bandar; tutti gli imputati erano stati condannati il 5 novembre scorso per la strage di Doujail.

La radio irachena nel frattempo trasmette preghiere e versetti del Corano.

L'ESECUZIONE - «È stato rapido, è morto subito».
Così uno dei funzionari iracheni presenti all'esecuzione di Saddam Hussein ha raccontato gli ultimi momenti dell'ex presidente iracheno.
La fonte ha precisato che Saddam aveva il volto scoperto e che appariva calmo.
Il consigliere per la sicurezza nazionale Moaffaq al-Rouba, che ha assistito all'esecuzione, insieme ad altre 6 persone, ha precisato alla televisione Al Iraqiya che il condannato aveva le mani legate.
«Saddam è montato con calma sulla forca, appariva deciso e coraggioso» ha ancora detto al Roubai, aggiungendo:
«Ad un certo punto Saddam ha girato la testa verso di me come per dirmi "non ho paura".
È stata una sensazione strana».
Il consigliere per la sicurezza nazionale ha aggiunto che il cadavere di Saddam Hussein sarà sepolto in un luogo segreto fino a quando non sarà deciso di consegnarlo alla sua tribù o alla sua famiglia.

LUOGO SIMBOLICO - Saddam Hussein è stato impiccato a Baghdad all'interno di uno dei centri utilizzati dal deposto regime per torturare i dissidenti.
Sami al-Askari, parlamentare sciita vicino al premier Nuri al-Maliki, il quale ha assistito all'esecuzione, ha detto che la sentenza è stata eseguita nel vecchio quartier generale dei servizi segreti dell'era Saddam.
Il deputato ha sottolineato il significato simbolico della scelta.
«L'esecuzione ha avuto luogo nell'edificio della quinta sezione dell'ex direzione generale dell'intelligence a Kadhimiyah», ha detto, dove sono stati eliminati molti nemici di Saddam.

DISORDINI - La morte di Saddam ha provocato reazioni contrastanti in Iraq. Alle scene di giubilo a Bagdad con balli e canti per strada, si sono contrapposti i violenti disordini in corso nei pressi della città di Falluja, roccaforte della ribellione sunnita.
Successivamente un'autobomba è esplosa in un mercato nella città sciita di Kufa provocando, secondo una fonte del ministero dell'Interno iracheno, almeno 30 morti e 45 feriti.

LE ULTIME ORE - L'esecuzione della condanna morte sembrava ormai inevitabile ma non così vicina alla sentenza come invece è accaduto. Le ultime ore sono state un frenetico rincorrersi di voci, ipotesi e smentite. Nella notte del 29 dicembre la difesa di Saddam Hussein ha cercato un estremo tentativo di allungare i tempi, appellandosi alla giustizia Usa.
Ma la decisione delle autorità irachene era presa.
Le prime conferme della volontà di eseguire entro poche ore erano state espresse da alcuni funzionari. Subito c'erano stati nuovi ma inutili appelli a non procedere, tra i quali quello del premier italiano Romano Prodi.
Le autorità irachene, evidentemente, hanno voluto evitare di trascinare la questione-Saddam per altri giorni, nel timore di far crescere così le tensioni.
Ma anche la morte di Saddam, si teme da giorni, provocherà non pochi problemi in Iraq (dove la minoranza sunnita lo considera tuttora un proprio simbolo e, da ora, martire), sia negli altri Paesi islamici.
Numerose manifestazioni si erano già avute nei giorni scorsi.




Saddam Hussein, il dittatore che voleva regnare sul Golfo

L'esecuzione di Saddam Hussein chiude la lunga vicenda politica e personale dell'uomo che per 24 anni aveva dominato l'Iraq con una sanguinaria dittatura.
Capo carismatico, raffinata intelligenza politica che non ha mai disdegnato l'uso della violenza per raggiungere i propri fini, Saddam è stato presidente dal 1979 al 2003, anno in cui è stato catturato dai militari americani.

La fine del raìs inizia il 19 marzo 2003, quando l'alleanza anglo-statunitense attacca l'Iraq (operazione Iraqi Freedom) accusando il regime di Saddam Hussein di avere legami con Al Qaeda e di detenere armi nucleari, chimiche e biologiche.
Armi che, in realtà, non verranno mai trovate dagli ispettori Onu.

Dopo quello dei Talibani, la guerra al terrorismo lanciata da Washington dopo gli attacchi dell'11 settembre travolge dunque anche il regime di Saddam, generale salito al potere nel 1979 dopo l'uscita di scena del presidente della Repubblica Ahmad Hasan Al Bakr.

Già leader del partito Baath, Saddam si è sempre dichiarato progressista e socialista.
E subito prende provvedimenti per la modernizzazione e la secolarizzazione dell'Iraq.
Tra le sue azioni di governo l'abolizione, quasi immediata, della Sharia (la legge islamica) e l'adozione di un sistema legislativo di tipo occidentale.
Già dai primi anni il raìs impone un ferreo controllo sul paese, fondato sul terrore e la violenza, sui massacri di sciiti e curdi, sul dominio assoluto dei sunniti, la minoranza che ha imposto il proprio potere.

Saddam ha soprattutto un'ambizione: trasformare l'Iraq in un paese strategico dell'area del Golfo Persico e del vicino oriente.
Il petrolio è l'arma vincente.
Ma la stessa ambizione la coltiva il confinante Iran dove, sempre nel 1979, va al potere l'ayatollah Khomeyni.
Saddam giustifica l'attacco all'Iran nel 1980 con la questione delle frontiere fra i due Paesi e la discussa linea di confine che correva nello Shatt al-Arab, fino ad allora regolamentata dall'accordo bilaterale di Algeri.
La guerra Iran-Iraq finisce ufficialmente nel 1988, ma le operazioni militari vanno avanti sino al 1990.
E non bisogna dimenticare che nel conflitto con l'Iran degli ayatollah, Saddam è sostenuto dagli Stati Uniti, anche attraverso la fornitura di materiale bellico.

Chiusa la guerra con l'Iran, nell'agosto del 1990 Saddam invade il Kuwait, che si arrende dopo soli due giorni.
L'idea è sempre quella di assumere il controllo delle risorse petrolifere e imporre l'egemonia irachena sulla regione.
Le Nazioni Unite condannano l'aggressione e il presidente degli Stati Uniti George Bush senior viene autorizzato dal Congresso a utilizzare la forza militare contro le truppe irachene in Kuwait.

Scaduto l'ultimatum dell'Onu che imponeva all'Iraq di ritirarsi dal Kuwait, il 17 gennaio 1991 una coalizione guidata dagli Stati Uniti (ne fanno parte Gran Bretagna, Francia, Egitto, Siria, Arabia Saudita, Italia, Afghanistan, Canada e molti altri Paesi) avvia una campagna aerea e terrestre (Desert Storm) contro Bagdad e le truppe di Saddam in Kuwait prima e in Iraq dopo.

E' l'inizio di una guerra nella quale moriranno 100.000 iracheni (tra civili e militari).
L'armistizio viene firmato il 3 marzo del 1991, senza che le truppe della coalizione marcino su Bagdad. Tra le condizioni poste a Saddam per la cessazione delle ostilità, la rinuncia alle armi di distruzione di massa, il riconoscimento del Kuwait, il risarcimento dei danni.

Il conflitto lascia in Iraq un sanguinoso strascico: quel che rimane della Guardia repubblicana del raìs soffoca nel terrore le ribellioni degli sciiti del sud e dei curdi delnord del Paese.
Dopo due mesi di violenta repressione, in aprile viene creata una zona di non volo nella regione settentrionale per proteggere i curdi.
E le Nazioni Unite avviano un programma di ispezioni volto a verificare il disarmo iracheno.
Nel 1992 la comunità internazionale impone la zona di non volo anche nel sud, a tutela della popolazione sciita.

I rapporti tra Iraq e Onu continuano a essere segnati da alti e bassi, per peggiorare gradualmente dopo gli attacchi terroristici a New York e Washington del 2001.
Fino al conflitto del 2003, che fa calare il sipario sul dittatore iracheno.
Il 9 aprile le truppe americane entrano a Bagdad.
Il 13 dicembre Saddam viene catturato in un nascondiglio a sud di Tikrit, sua città natale.

Il 19 ottobre 2005 inizia il primo processo al raìs accusato di crimini contro l'umanità, quello per il massacro di Dujail dove nel 1982 erano stati trucidati 148 sciiti.
Ce ne sarà un altro, per il massacro dei curdi negli anni '80.
Il primo finisce il 5 novembre 2006 con la condanna a morte, confermata in appello il 26 dicembre.

(30 dicembre 2006, www.repubblica.it)



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 :.  MONDO




pubblicazione: 30/12/2006
aggiornamento: 09/02/2007



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