Dei 1060 bimbi che frequentano le scuole l'84% è nato in Italia.
Straniero a chi? Le seconde generazioni di immigrati, detti anche "italiani col trattino", crescono, figli di quei 20mila lavoratori che si trovano al momento nel territorio piacentino, stando al rapporto annuale della Caritas formulato alla fine del 2010: 1060 bambini stranieri frequentano tutti i giorni le scuole d'infanzia piacentine. Tra questi, l'84% è nato in Italia. Bambini ancora piccolissimi, che non chiedono ancora la cittadinanza. Ma a casa, raccontano alcune mamme, preferiscono senza dubbio mangiare la pizza e la pasta col pomodoro. I genitori gli portano pasta e moussaka, in alcuni casi, o pizza con ciorba.
L'integrazione passa anche da qui, dalla tavola. E alla faccia delle tradizioni culinarie, tra i più grandi, resta gettonato il fast food del cibo globalizzato, per accontentare tutti e accogliere anche quei ragazzi, tra i 14 e i 18 anni, che, stando a una ricerca del 2007 condotta dallo Svep piacentino, alla domanda "Chi sei? «Per il 96,7% risponde di non sentirsi italiano o piacentino.
Tutt'altra risposta cominciano a dare i bambini a scuola. Loro chiedono lo stesso zainetto delle compagne italiane, le invitano a casa per preparare il the alle bambole.
La scuola d'infanzia piacentina è frequentata da una percentuale di stranieri pari al 24,30%, la scuola primaria conta il 18,96% (dato fornito dall'Ufficio scolastico regionale). I Paesi di provenienza sono soprattutto Albania, Marocco, Romania, Macedonia, Ecuador e India.
«Le seconde generazioni stanno arrivando, parliamo al momento ancora di bambini - commenta Massimo Magnaschi, responsabile dell'area promozione Caritas - Ora abbiamo più che altro giovani immigrati nelle scuole medie e superiori. Prima di tutto sono ragazzi; vediamo che organizzano feste nelle loro case, cercano di riunirsi tra loro».
Ne esce una sorta di terza dimensione, tratteggiata da questa "generazione involontaria": creare qualcosa di nuovo dall'unione delle due identità. Un meltin pot gastronomico ma anche legato al vestiario (in alcuni casi, velo sì ma con una gonna alla moda per la sera).
«In generale ogni caso a sé - spiega Jamal Ouzine, coordinatore del forum per l'immigrazione - Certo, c'è ancora da lavorare molto sull'integrazione, le istituzioni devono fare la propria parte e favorire momenti di dialogo, con la società civile, la scuola, le associazioni. Invece, spesso si tende a lasciare al singolo l'iniziativa. Se l'insegnante è preparato ci sono ottimi percorsi e risultati, ma non possiamo dire di vedere una politica coordinata di iniziative».
Il forum per l'immigrazione si riunirà in Provincia il 19. Burocrazia più snella, crisi e lavoro e voglia di protagonismo anche civico. Sono queste le linee guida che Ouzine intende sottoporre all'attenzione dei presenti. Ma anche, perché no, qualche cartello stradale poliglotta, con indicazioni per tutti. Non a caso, ancora oggi, nella stragrande maggioranza dei musei cittadini e provinciali sono del tutto assenti le didascalie alle opere anche solo in inglese. Un biglietto da visita non proprio accogliente. Il problema più grande dei piccoli è legato alla crisi che sentono sulla propria pelle i genitori. Senza lavoro si perde anche il permesso di soggiorno. «Da un giorno all'altro si passa dall'essere regolari a clandestini - continua Ouzine - A Piacenza e provincia, si verifica che, soprattutto nel settore della logistica, gli immigrati arrivino a lavorare in condizioni non proprio adeguate. L'immigrato è costretto ad accettare per lavorare, "prende su" qualunque tipo di attività, in qualsiasi condizioni». Elisa Malacalza LIBERTA' del 07/03/2011
Black school. Si chiamano così le scuole per stranieri, separate da quelle per italiani. Il rischio c'è anche a Piacenza. Se gli studenti italiani, infatti, scelgono i licei per il 48,3%, i tecnici per il 31%, gli istituti professionali per il 15,4%, e il liceo artistico nel 5% dei casi, gli studenti stranieri si iscrivono rispettivamente nel 44,4% dei casi agli istituti professionali, per il 38% agli istituti tecnici e solo per il 16% ai licei. Uno studente su cinque nel territorio, inoltre, è immigrato, o figlio di persone immigrate. Federica Lugani, studentessa piacentina della facoltà di psicologia dello sviluppo e dei processi educativi all'università di Milano Bicocca, ha distribuito 670 questionari negli istituti Casali, Romagnosi, Ipsia, Itis e Colombini, in vista della preparazione della sua tesi. «La scelta della scuola superiore - spiega Federica - pare soggetta ad alcune variabili di contesto anche nel territorio piacentino. Il rischio quindi di "un'assimilazione verso il basso" appare tangibile anche nella realtà piacentina e, con esso, il fenomeno delle cosiddette black schools, ovvero delle scuole a componente straniera superiore al 50%, con il rischio di realizzare gravi squilibri nell' integrazione scolastica e nella possibilità di socializzazione». Un esempio di squilibrio sarebbe ad esempio quello del cortile in comune tra istituto Leonardo da Vinci, frequentato in particolare da stranieri, e Tramello. «Pochi giorni fa - spiega il preside del secondo, Luigi Fogliazza - alcuni ragazzi del Leonardo albanesi hanno preso di mira un giovane studente ecuadoregno. Assistiamo a episodi di bullismo al limite della delinquenza. Cominciano col chiedere cinquanta centesimi come "pedaggio" e poi si finisce con le botte. Noi teniamo alta la guardia e cerchiamo di monitorare la situazione ma la convivenza con i ragazzi del Leonardo non è sempre facile e prevedibile in quel cortile». Per quanto riguarda, invece, le scuole di Bettola, per i più piccoli, «non posso invece che esprimere un giudizio positivo sui piccoli che sono arrivati da tempo in Italia» conclude Fogliazza. Rita Parenti, insegnante di Podenzano e rappresentante di "Mondo Aperto", sottolinea che è impossibile stabilire un identikit univoco di questi ragazzi. «Sono più elastici e duttili dei nostri italiani, hanno più esperienza. Sono abituati a fare sacrifici, a fare fatica. Il livello culturale di alcune famiglie piacentine resta molto basso nei confronti di questi piccoli. Li vedono sempre come i "poveri stranieri, tutti marocchini". Siamo pieni di stereotipi, la scuola può fare tantissimo in questa direzione. Gli insegnanti, spesso, sono i primi ad essere ignoranti: fra poco partirà un corso di formazione distoria e geografia interculturale gratis, è necessario partecipare. Il razzismo esiste, galoppa. Il fatto che molti ragazzi, anche usciti dalle medie con ottimi voti, vadano nelle professionali perché la famiglia non può mantenerli in studi lunghi deve far riflettere». Malac.
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