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giovedì
7
dicembre
2023
Sant'Ambrogio



Il Presidente della Repubblica a Piacenza.

Il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in visita ufficiale a Piacenza il 15 e 16 settembre 2004.


IL MESSAGGIO ALLA CITTA'.
«Siete una terra-crocevia, una provincia operosa e serena»

Vi ringrazio, anzitutto, per l'accoglienza cortese, vostra e dei cittadini di Piacenza; per questo incontro affettuoso, prima nella Piazza Cavalli e poi in questo grandioso edificio, testimonianza insigne delle vostre antiche libertà comunali.
L'occasione di questa mia visita è lieta: la celebrazione dei duecento anni del vostro Teatro Municipale, che rievoca tanti ricordi e momenti felici della nostra storia.
Ma dominano i nostri pensieri eventi tragici.
A Beslan, è stato compiuto un attacco deliberato e atroce a quelli che sono valori fondanti di ogni civiltà, valori che dovrebbero essere sacri per ogni uomo, come la cura e il rispetto istintivo per l'infanzia, come la Scuola.
A Baghdad sono state rapite due giovani italiane, portatrici esemplari di alti valori guida della convivenza umana, animate da quello spirito di solidarietà che non conosce frontiere, per la cura dei diseredati, dei bisognosi.
A coloro che le trattengono in prigionia rinnovo il pressante, accorato appello di tutti gli italiani: liberatele!
Non è facile ritornare, da questi tristi pensieri, a questo nostro incontro, che vuole essere soltanto un giorno sereno, l'occasione per riflettere sulla vostra realtà odierna, la realtà di una provincia operosa e serena, e sulla vostra storia, come parte della storia d'Italia. Ma la forza per affrontare gli eventi drammatici del mondo, che ci coinvolgono, ci viene anche da occasioni come questa, dalla immagine che essa ci offre di una convivenza sociale che è e vuole continuare ad essere un modello di civiltà per tutti.
Torniamo dunque a noi, alla nostra storia, alle passioni e alle conquiste civili che hanno costruito l'Italia d'oggi, la nostra Patria, di cui siamo orgogliosi. E i ricordi che ci danno forza sono tanti, e più che mai vivi. L'opera lirica che concluderà questa giornata, il "Nabucco", rende omaggio, come è stato ricordato, a Giuseppe Verdi, che ebbe in questa provincia la sua residenza definitiva e che fu Consigliere provinciale di Piacenza.
Ma rievoca anche la passione patriottica del Risorgimento, che ebbe nel "Va pensiero" uno dei suoi simboli, e in Giuseppe Verdi un possente ispiratore.
Arrivando a Piacenza per la mia prima visita ufficiale, la memoria corre al momento cruciale della vostra storia, quando Piacenza, nel marzo 1848, scelse, con plebiscito unanime, di unirsi al Regno di Sardegna: prima città della penisola a compiere questo passo sulla strada che condusse all'unità nazionale, Piacenza "Primogenita d'Italia". Queste non sono rievocazioni rituali, ma ricordi vivi, che ancor oggi ci uniscono e ci ispirano.
Cento anni dopo quegli eventi, il patriottismo dei piacentini ebbe espressione nella partecipazione di popolo alla Resistenza, che meritò il conferimento alla vostra città della medaglia d'oro al valor militare.
L'identità cittadina ha le sue radici in una lunga storia, a partire da quel primo insediamento romano di oltre 2200 anni fa, avamposto della civiltà romana verso l'Europa. E' segnata anche dalla unicità della vostra posizione geografica, nel cuore della Valle Padana, naturale punto d'incontro fra Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte, Liguria. L'unità d'Italia si nutre della singolare varietà di tradizioni di civiltà del nostro Paese, una ricchezza che non ha l'eguale altrove.
La memoria del passato è, per ogni popolo, ragione di forza nell'affrontare i problemi del presente, nel definire i progetti del futuro. L'esaltazione del valore dell'unità nazionale, così vissuta e concepita, ricorre frequentemente, come voi sapete, nei miei interventi. Ciò non deve meravigliare.
Non si tratta di richiami retorici, ma dell'espressione di un sentimento in me fortemente radicato e del dovere di restare fedele alla Costituzione. Su di essa ho giurato.
E la Costituzione attribuisce al Presidente della Repubblica, all'articolo 87, in quanto Capo dello Stato, la funzione di rappresentante, e quindi di garante, dell'unità nazionale.
Molte cose che qui sono state dette, e che ho attentamente ascoltato, sull'evoluzione dei rapporti fra i diversi livelli del potere locale e lo Stato centrale, e sui problemi che derivano dalla loro evoluzione, mi inducono a un'ulteriore riflessione.
Anzitutto voglio osservare che quando si intende modificare le istituzioni portanti della vita nazionale è giusto mettersi all'opera con spirito unitario, ricercando convergenze le più larghe possibili fra tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione.
E' indispensabile, inoltre, che la più attenta cura sia posta nell'adottare soluzioni che assicurino la coerenza e la funzionalità del quadro costituzionale, nel suo insieme e in tutte le sue parti.
Venendo poi a quel primario valore costituzionale che ho ricordato - l'unità d'Italia - va detto che esso non è in contrasto con il rafforzamento delle autonomie regionali e locali; purché sia sempre salvaguardato il principio dell'"interesse nazionale", quale garanzia effettiva dell'unità giuridica ed economica del Paese, e con essa la fondamentale funzione istituzionale del Parlamento, espressione della volontà politica del popolo italiano.
E' altresì necessario che sia definita, in modo chiaro e puntuale, la ripartizione delle competenze tra lo Stato e le Regioni, al fine di non aggravare ulteriormente il già pesante contenzioso per conflitti di attribuzione pendenti dinanzi alla Corte Costituzionale, dovuto, in parte, alla riforma del Titolo V della Costituzione, approvata nella precedente legislatura, e alla sua incompleta attuazione.
In tal modo si eviteranno sia aggravi burocratici in danno dei cittadini, sia disorientamento nelle nostre imprese, in gran parte di piccole dimensioni, sia l'aumento degli oneri finanziari per la pubblica Amministrazione, che deriverebbe da una duplicazione di competenze o da una moltiplicazione delle strutture amministrative. Il dibattito politico, in corso ormai da anni, si arricchisce via via di ulteriori, utili approfondimenti, frutto di attente ricerche, di cui converrà tenere conto.
Va poi ricordato che il principio di sussidiarietà, di fondamentale importanza per l'unificazione europea, stabilisce saggiamente compiti diversi ai diversi livelli di governo: dalle amministrazioni locali, agli Stati nazionali, alle istituzioni europee.
La realizzazione, necessaria per il rilancio economico dell'Europa, di nuove grandi infrastrutture, di vie di comunicazione continentali, di centri di ricerca avanzata, di istituti di formazione dei giovani, di iniziative industriali d'avanguardia, impone particolari responsabilità, oltre che alle amministrazioni locali, ai Governi e ai Parlamenti nazionali, come controparti delle istituzioni europee e come garanti delle misure che mirano a realizzare, nel progresso di tutti, la convergenza verso l'alto dei territori meno avanzati, obiettivo primario del processo di unificazione, fin dai suoi primi passi.
Il principio di solidarietà si affianca così a quello di sussidiarietà come fondamento delle regole del buon governo, valide ovunque. I territori oggi meno avanzati costituiscono fonti di risorse potenziali immense, per il vantaggio di tutti.
Torniamo a noi, qui e oggi, alla vostra città e provincia, ai problemi e progetti di cui mi avete parlato. La vostra esperienza, come quella di ogni altra provincia d'Italia, conferma il rapporto determinante che vi è tra l'esistenza di uno spirito di collaborazione fra pubblico e privato, e tra i diversi livelli dei pubblici poteri, e la creazione di condizioni favorevoli allo sviluppo economico e civile del territorio.
Fa piacere sentirsi dire, come qui è stato appena detto: "siamo una bella provincia, animata da una comunità di persone operose e rispettose delle regole", una provincia che gode di un diffuso benessere, ma che "aspira a fare di più e di meglio per il futuro". Posso dirvi che anche in un momento non facile come l'attuale per l'economia italiana ed europea, propositi analoghi sono largamente presenti nell'universo delle nostra realtà provinciali.
Nel corso del mio ormai lungo viaggio in Italia ho trovato una significativa varietà dei progetti di sviluppo, in rispondenza alla diversità delle condizioni e delle esigenze locali; ma anche una confortante comunanza di intenti sociali, di principi ispiratori, di linguaggio usato per definire sia le carenze e i problemi, sia i progetti necessari per ulteriori avanzamenti.
Alla luce di questa esperienza a tutto campo, in cui ho voluto impegnarmi, l'Italia appare ricca di diversità che hanno radici nel passato, e che sono ancora la sua ricchezza: ma appare anche più unita e omogenea nella propria identità nazionale di quanto sia mai stata nel corso della sua lunga storia. E' bene che l'orgoglio giustificato delle tradizioni locali si accompagni sempre alla consapevolezza di quanto sia forte il tessuto di civiltà, di storia, di tradizioni che tutti ci unisce.
Ciò che viene colta ovunque con molta chiarezza - e questo è stato un tema fortemente presente nei vostri interventi - è la necessità di eliminare gli ostacoli e le carenze infrastrutturali che frenano la crescita di tutti, e di alcuni territori in particolare. Di ciò voi siete particolarmente consapevoli, come è giusto che sia, vista la "felice collocazione geografica" del vostro territorio, naturale "crocevia di importanti flussi di traffico".
L'esperienza mi induce a rivolgervi un invito: elaborate progetti concreti, frutto della più vasta consultazione di tutte le istituzioni, pubbliche e private; e una volta definiti i progetti, datevi delle scadenze temporali per la loro realizzazione; controllate poi periodicamente l'avanzamento dell'opera intrapresa: eventuali ritardi, e relative responsabilità e rimedi, saranno più facili da individuare.
In questa città "Primogenita d'Italia" mi par giusto concludere il mio intervento con un "Viva l'Italia".
Carlo Azeglio Ciampi



Carlo Azeglio Ciampi, eletto al Quirinale il 13 maggio 1999 con un numero record di consensi (707),
è il terzo capo dello Stato nella storia della Repubblica a essere eletto al primo scrutinio dopo Enrico De Nicola e Francesco Cossiga.

Ciampi è nato a Livorno il 9 dicembre 1920.
Dopo due lauree in Lettere e in Giurisprudenza conseguite alla prestigiosa Normale di Pisa (la prima nel '41, la seconda nel '46), ad appena ventisei anni entra a far parte del team della Banca d'Italia.
Nel 1960 assume la direzione del Servizio Studi.
Nel 1973 è Segretario Generale della Banca d'Italia , vice direttore generale nel 1976, direttore generale nel 1978, nell'ottobre 1979 diventa Governatore della Banca d'Italia e presidente dell'Ufficio Italiano Cambi, funzioni che ha assolto fino al 28 aprile 1993.

Dall'aprile 1993 al maggio 1994 è stato Presidente del Consiglio.
Durante la XIII legislatura è stato Ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica, nei governi Prodi e D'Alema .
Dal 1993 è Governatore onorario della Banca d'Italia e dal 1996 membro del consiglio di amministrazione dell'Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Nel 1999 è stato eletto Presidente della Repubblica.


pubblicazione: 15/09/2004
aggiornamento: 22/10/2004

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Carlo Azeglio Ciampi

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