La caduta del governo Monti (XVI legislatura), annunciata tra rulli di tamburo dal Pdl, non cambierà di fatto il calendario del fine legislatura. Un’intera giornata di consultazioni sul Colle, si è conclusa con la quasi-certezza che alle urne saremo chiamati il 10 marzo. Proprio come era stato deciso un mese fa da Napolitano, Monti, Fini e Schifani... Nel comunicato stampa del Quirinale, questa data formalmente non compare. Ma fonti attendibili chiudono il balletto delle ipotesi : lo scioglimento delle Camere interverrà tra il 10 e il 20 gennaio.
E allora, che cosa ha prodotto in concreto l’annuncio della ridiscesa in campo di Berlusconi? Ha fruttato l’«election day». Le elezioni regionali in Lombardia (e forse anche in Molise), si terranno insieme con le Politiche, proprio come pretendeva il Pdl (nel Lazio invece su ordine del Tar sono state indette per il 3-4 febbraio).
I berlusconiani cedono un po’ sulla data delle Politiche, ma gettano le basi per qualche patto con la Lega alle Regionali.
L’unica certezza è che Alfano non ha insistito più per spedire subito a casa Monti e votare in febbraio. È intervenuto in mattinata alla Camera per annunciare che «consideriamo conclusa l’esperienza del governo», aggiungendo quasi ammiccante «non vogliamo mandare le istituzioni allo scatafascio». Poco dopo, nello studio di Napolitano, lui Cicchitto e Gasparri «hanno espresso il fermo intendimento di contribuire a un’ordinata conclusione della legislatura».
In concreto, il Pdl voterà a favore sulla legge di stabilità, in modo da evitare un patatrac sui mercati finanziari, e sul resto si regolerà in base alle proprie convenienze elettorali.
La lista dei provvedimenti da salvare è lunga. Di sicuro comprende la legge di attuazione relativa al nuovo articolo 81 (pareggio di bilancio in Costituzione) che fa addirittura parte del «Fiscal compact» europeo. Poi il decreto per l’Ilva di Taranto: verrà sicuramente approvato in tempo utile. Per tutto il resto, la corsa si fa affannosa. Difficile salvare la delega fiscale, cui tengono non solo Monti e Napolitano ma pure Confindustria. Sulla semplificazione delle Province, idem. A parole sarebbero tutti d’accordo per condurla in porto, ma chi ne ha seguito l’iter parlamentare storce il naso, non coglie il clima giusto. Poi ci sarebbero le leggi comunitarie, quella dell’anno scorso mai approvata e quella di quest’anno (con i provvedimenti per le spiagge e sugli allevamenti di animali).
Esce dai radar la riforma elettorale. Lo stesso Napolitano prende ormai atto che i partiti fanno solo «ammuina». Ne parlerà con Monti, stileranno insieme una lista di priorità, forse il Professore andrà in Parlamento a illustrare gli ultimi necessari adempimenti, prima che cali il sipario sulla XVI legislatura.
estratto da La Stampa del giorno 8 dicembre 2012
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