di Massimo Franco
Il tono compiaciuto col quale Silvio Berlusconi sottolinea l' unità ritrovata del centrodestra, suona come un doppio campanello d' allarme per l' opposizione. Dice che il governo si sta in qualche modo riassestando, dopo essere arrivato sull' orlo della crisi a luglio; e che si ricompatta proprio sulle riforme istituzionali volute dalla Lega e osteggiate, fino a pochi giorni fa, da An e soprattutto Udc. E' questa novità a suggerire al presidente del Consiglio parole di soddisfazione «per l' assoluta sintonia tra i capigruppo della Casa delle libertà». Gli regala la convinzione che sia stato davvero archiviato il braccio di ferro dei mesi scorsi; che la fronda interna ormai sia rientrata. «A luglio sembrava che si scatenasse il giudizio universale davanti ad ogni differenza», ha ammesso Berlusconi. Ora, i distinguo sono cauti, felpati: presentati con un filo di rassegnazione perché l' accordo non ha alternativa. L' insistenza con la quale il governo chiede il dialogo in Parlamento, è la conseguenza di questa consapevolezza; e finisce per apparire un gesto di forza. Il ministro leghista Roberto Calderoli incassa attestati di duttilità dagli alleati.
E aumentano le pressioni sull' opposizione perché approvi le riforme. Il presidente del Senato, Marcello Pera, spera che «nessuna forza politica si tiri fuori. Il processo di riforma federale è partito. Nessuno ha detto che vada fermato: è partito e va chiuso». Tirarsi indietro, avverte. «sarebbe un errore».
Ma il tentativo del centrosinistra è quello di sfilarsi senza darlo a vedere; di controproporre un' assemblea costituente alla riforma che sta prendendo corpo. Diessini e socialisti suggeriscono l' elezione di una sorta di commissione bicamerale, chiamata a plasmare la nuova Costituzione. Sarebbe l' unica maniera, sostengono, per «dare capo e coda» ad un progetto governativo considerato pasticciato e perfino pericoloso. In realtà, il governo vede la mossa come un espediente tattico per rinviare qualsiasi decisione. E dal centrodestra fioccano «no» prevedibili. L' unica disponibilità, peraltro solo teorica, è quella del segretario dell' Udc, Marco Follini. L' assemblea costituente? Un' ipotesi suggestiva, concede il leader centrista. Ma «mi chiedo se sia il momento giusto». La sensazione è che il governo consideri la proposta fuori tempo massimo. «Se fossimo all' inizio della legislatura», si potrebbe fare, risponde Calderoli al capogruppo diessino Violante. «Purtroppo, abbiamo superato la metà. Ci sarebbe un dibattito accademico ma non si arriverebbe a nessuna riforma». Insomma, ognuno sembra prepararsi alla rottura, cercando di scaricare le responsabilità sull' altro schieramento. Già ieri, una parte della sinistra ha invitato alla mobilitazione. E' stato evocato un fronte comune dell' opposizione, per disfare riforme additate come devastanti. Affiora con insistenza crescente la prospettiva di un referendum chiamato ad abrogare quanto la maggioranza sta realizzando. E' confermato che il centrosinistra punta a celebrarlo all' inizio del 2006, prima delle politiche. Ma non tutti scommettono su una vittoria facile. Il messaggio trasmesso dal presidente Pera è tagliente: attenti , «nel 2001 ci fu un referendum che registrò una scarsa partecipazione...».
|