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San Pietro Nolasco



Il Dpef 2005-2008

La bozza di Siniscalco.

Secondo le anticipazioni delle agenzie di stampa sul Dpef, il governo conta di incassare 15 miliardi l'anno dalle privatizzazioni.
Si conferma tuttavia che l'aggiustamento dei conti al quale si punta sarà strutturale, non si baserà su provvedimenti 'una tantum'.
Nella bozza, appena presentata dal ministro Siniscalco a Berlusconi e a un gruppo ristretto di ministri, si ribadisce la "crescita zero" per l'anno in corso e si chiarisce che "la lotta all'evasione e il recupero di base imponibile escludono il ricorso a sanatorie fiscali".

L'aggiustamento strutturale di finanza pubblica risulta pari "allo 0,8% nel 2006, all'1,8% nel 2007, al 2,4% nel 2008 e al 2,9% nel 2009".
Nel biennio 2006-2007, l'aggiustamento strutturale sarà "compensato da politiche per lo sviluppo, determinando un tasso di crescita programmatico in linea con il tendenziale".

Viene confermata la graduale riduzione dell'Irap.
La promessa è ribadita dal governo nel Dpef.
"Il governo - si legge nella bozza del Dpef - intende gradualmente ridurre l'Irap, attraverso l'esclusione del costo del lavoro dalla sua base imponibile e restringere il cuneo fiscale sul lavoro, intervenendo su alcuni degli oneri impropri".

Previste inoltre misure di contenimento degli affitti.
"Al fine di mitigare l'aumento degli affitti registrati nell'ultimo quinquennio il governo intende promuovere specifici incentivi fiscali": si legge nella bozza del Dpef che per la salvaguardia del potere d'acquisto delle famiglie indica l'obiettivo di "contenere alcuni costi essenziali" come appunto affitti, energia, trasporti e servizi finanziari.
Si prevedono inoltre "specifiche azioni" per contenere l'aumento delle tariffe pubbliche e dei prezzi dei servizi.

Per recuperare risorse, inoltre, si punterà anche sulla lotta al sommerso e all'evasione fiscale.
"La presenza del sommerso comporta l'evasione fiscale, sottrae risorse al bilancio pubblico e distorce la concorrenza", si legge nella bozza preliminare del Dpef in cui si puntualizza che "per modificare la struttura del bilancio e ridurre il disavanzo senza aumentare le aliquote occorre recuperare questa base imponibile con una politica credibile e coerente".

Al vertice di Palazzo Chigi, insieme al premier, c'erano i ministri Domenico Siniscalco, Roberto Maroni, Roberto Calderoli, Altero Matteoli e Mario Baccini.

Questi, inoltre, secondo la bozza messa a punto dal governo, i dati economici sui quali poggia il Dpef: crescita zero nel 2005, Pil all'1,5 per cento nel 2006 e nel 2007, deficit/Pil al 4,3 per cento nel 2005 ("valutato con il massimo del realismo", si legge nella bozza), al 3,8% l'anno prossimo e al 2,8% nel 2007, debito/Pil al 108,2, pressione fiscale in calo di oltre un punto, al 40,2%.

Si punta inoltre per i prossimi anni ad una ripresa dei consumi che crescerebbe al ritmo dell'1,5% l'anno.
Gli investimenti dovrebbero invece aumentare in media del 2,5%, l'export mostrerebbe un "recupero graduale" dall'anno prossimo (-3,5%).

Fonti del ministero dell'Economia affermano che "le anticipazioni sul Dpef riguardano una bozza preliminare nella quale i valori hanno natura provvisoria".




Documento di programmazione Economico-Finanziaria (Dpef 2005-2008)
Sintesi del Dpef 2005-2008.

Nel corso del 2004, l’economia mondiale ha continuato a rafforzarsi, così da entrare in una delle fasi più brillanti dell’ultimo ventennio. Questa ripresa in atto soprattutto negli Stati Uniti ed in Asia, arriva in Europa e in Italia con ritardo ed attenuata.

L’area dell’euro è l’unica ancora divergente ed, in particolare, il gruppo dei tre grandi paesi dell’Europa continentale - Francia, Germania, Italia - soffrono da oltre trenta mesi una situazione di debolezza. Sebbene i primi segnali di ripresa si vadano consolidando, lo sviluppo è insufficiente, limitato come è per il 2004 all’1,2 per cento e per l’anno successivo al 2,1 per cento. Una ripresa, anche rispetto al ciclo precedente, inadeguata.

Per i tre grandi paesi dell’Europa continentale questo mancato sviluppo, che ha conseguenze negative sui bilanci dei cittadini, sui conti delle aziende e sulle finanze pubbliche, non trova spiegazione solo nell’avversa congiuntura. Le economie di Francia, Germania, e Italia sembrano cadute in una sorta di trappola della bassa crescita, per causa del loro crescente divario strutturale nei confronti di quelle più dinamiche e per un gioco inverso di aspettative e comportamenti.

Minor innovazione, minore produttività, minori ore lavorate per addetto, minor tasso di partecipazione, minor competitività tengono bloccate le nostre economie e spiegano il loro differenziale negativo in termini di crescita reale e potenziale.

Anche nel 2003, malgrado una crescita dello 0,3 per cento, i conti pubblici italiani sono stati gestiti nel rispetto dei parametri del Patto di Stabilità: l’indebitamento è restato al 2,4 per cento del PIL e il debito è sceso al 106,2 per cento, con una riduzione di due punti rispetto al 2002.

Nel luglio del 2004, constatato il deterioramento dei conti rispetto alle previsioni e l’avvicinamento al limite del 3 per cento nel rapporto deficit/PIL, è stata presentata una manovra correttiva per 0,6 punti, pari a 7,5 miliardi di euro. A partire dal 2005, il deficit tendenziale si assesta al 4,4 per cento e si riduce poi lievemente per il venir meno delle misure una tantum, adottate negli anni di maggiore difficoltà. Si richiede quindi una correzione strutturale dell’ordine di 1,7 punti percentuali del PIL, giovandosi così il più possibile della ripresa internazionale.

Se questa fase dell’economia italiana fosse affrontata solo con un aggiustamento dei conti pubblici si darebbe una risposta inadeguata. Come se una impresa pretendesse di risolvere le proprie difficoltà limitandosi a tagli di costi e investimenti, però trascurando le ragioni della mancata crescita. Con l’aggravio che una minore crescita frenerebbe anche quel risanamento delle grandezze di finanza pubblica appunto espresse in rapporto al PIL.

Pertanto, la politica economica accorderà il risanamento finanziario con l’accelerazione della crescita, come richiede questa fase.

Se questa diagnosi è condivisa, occorre una scossa per uscire dalla trappola della bassa crescita. Occorre riavviare un modello di sviluppo basato sui punti di forza dell’Italia, negli ultimi dieci anni sempre più sbiaditi. Per questo, il Documento indica tre direttrici per la politica economica, esposte qui di seguito nel loro ordine logico:

i) una correzione strutturale dei conti;

ii) un rilancio della crescita;

iii) una riduzione del debito sostenibile che accresca la credibilità della politica finanziaria.

L’aggiustamento necessario per riportare il deficit dal 4,4 per cento al 2,7 per cento nel 2005 è poco meno di due punti di PIL. Per la Pubblica Amministrazione si richiede, dunque, un aggiustamento di circa 24 miliardi.

In base agli accordi con la Commissione e l’Ecofin, non più di un terzo della correzione potrà consistere in misure una tantum, intorno a 7 miliardi di euro. I 17 miliardi di euro di aggiustamento strutturale restanti includono l’eventuale prolungamento delle misure di riduzione della spesa del DL del luglio 2004, e saranno principalmente concentrate sulla riduzione della spesa corrente. L’aggiustamento corregge il deficit tendenziale, non la situazione attuale.

Ciò detto, è impensabile che queste correzioni strutturali siano indolori. Dunque occorrerà individuare misure economicamente non recessive e socialmente sostenibili. Scuola, Sanità, Sicurezza e Servizi sociali non avranno a risentire della politica economica del Governo che privilegia, anzi, la richiesta di protezione sociale.

La prudenza con la quale sono stati valutati i numeri del quadro macroeconomico conferma l’intento di ricercare, attraverso la credibilità, la condivisione del quadro. Qualora le aspettative rispondessero, com’è prevedibile, alla scossa della politica economica sarebbe più che ragionevole attendersi un andamento della crescita anche migliore di quello indicato. Ma in una misura che sarebbe oggi imprudente quantificare.

Per quante strategie economiche elabori il Governo, i risultati dipenderanno, infatti, dall’agire di 60 milioni di persone, libere di scegliere e concorrere così allo sviluppo. E’ pertanto necessario il contributo di tutti: cittadini, famiglie, istituzioni, parti sociali, terzo settore, ciascuno nell’ambito dei propri compiti e responsabilità. Dai loro comportamenti dipende il successo del disegno.

La riduzione del debito, infine, è indispensabile per generare appieno la spinta di cui l’economia italiana abbisogna e rinforzarne la credibilità nei mercati finanziari, e non solo. L’avanzo primario dovrà tendere al superamento del 4 per cento nella fase transitoria. Sarà accelerata la politica di privatizzazione degli attivi dello Stato. Si garantirà, in tal modo, il profilo temporale più adeguato alla riduzione del debito.

Le misure di aggiustamento del disavanzo, di sviluppo e di stabile riduzione del debito pubblico costituiscono un inscindibile assieme. Attuarne una senza le altre sarebbe controproducente. Ma un mix di disciplina fiscale e sviluppo costituisce, come è noto, la migliore ricetta per la crescita.

(da http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/dpef_2005_2008/sintesi.html )




pubblicazione: 06/07/2005
aggiornamento: 20/08/2005

Domenico Siniscalco 6546
Domenico Siniscalco

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