«L’importante è partecipare». In vista delle elezioni politiche di domenica 9 e lunedì 10 aprile, non a caso, apriamo il nostro commento con il noto aforisma.
Siamo convinti, infatti, che di fronte a una scadenza decisiva per il futuro del nostro popolo il primo vero nemico da sconfiggere sia l’astensionismo.
Certo, sappiamo bene che anche la democrazia italiana è stata attaccata dal virus americano del disinteresse di molti nei onfronti della politica che trasforma le tornate elettorali in un affare di pochi.
Ma in questa occasione crediamo sia importante, e qui azzardiamo contro ogni previsione, che, come ai vecchi tempi della prima repubblica, almeno l’80% dei cittadini vada a votare.
Quello che è in gioco, infatti, non è una semplice e legittima alternanza tra questa o quella coalizione.
Come elettori ci troveremo tra le mani la possibilità di decidere quale idea di persona e di società debba prevalere nel governo del nostro Paese, quale peso debba avere la questione cruciale della libertà (dei singoli, delle famiglie, dei corpi intermedi) nelle scelte che nei prossimi mesi l’esecutivo che uscirà dalle urne sarà chiamato a compiere.
Votare dunque, più che mai in questa circostanza, non solo è una scelta autenticamente politica alla portata di tutti ma è anche un dovere civico irrinunciabile.
Con quali criteri scegliere? La prima bussola è rappresentata certamente dal documento del cardinale Ratzinger relativo all’impegno politico dei cattolici secondo il quale una coscienza cristiana ben formata non permette a nessuno di favorire con il proprio voto l’attuazione di un programma politico o di una singola legge in cui i contenuti fondamentali della fede e della morale siano sovvertiti dalla presentazione di proposte alternative o contrarie a tali contenuti.
La conseguenza è che, come cristiani, il nostro voto non potrà essere in contrasto con il dovere di tutelare il diritto alla vita (dal concepimento al termine naturale), di proteggere i diritti dell’embrione; di salvaguardare la famiglia fondata sul matrimonio, di non imboccare l’inquietante via di fuga dell’equiparazione tra la famiglia costituzionale e le unioni di fatto. E ancora: il nostro voto dovrà essere a favore della causa della libertà di educazione (che è un diritto inalienabile dei genitori e non, come si è sentito dire in qualche dibattito una gentile concessione dello Stato); di un progetto orientato a perseguire solidarietà e giustizia sociale. E infine, ultimo ma non meno importante, a promuovere una reale sussidiarietà orizzontale, strumento di governo moderno e insostituibile, prima ancora che principio caro alla dottrina sociale cristiana.
Principi riconfermati da Benedetto XVI che ricevendo in udienza il Ppe ha indicato come valori «non negoziabili» - vale a dire non assoggettabili ai mercanteggiamenti e ai compromessi della politica - la vita, la famiglia e l’educazione dei figli.
Alla luce di questi autorevoli interventi occorre dunque certamente scegliere il partito (in questo la legge elettorale ci obbliga) ma senza perdere di vista, anzi mettendolo in primo piano come criterio di verifica, anche il programma della coalizione di cui il partito è componente".
(da Bologna Sette, allegato ad Avvenire del 2 aprile 2006)
|