Il Comune di Piacenza vende palazzo Chiapponi, edificio storico di pregio nella via om onima, e dove di recente - nel corso di interventi di parziale risanamento - è stato scoperto anche un mosaico romano. La base d'asta è di 5milioni e 200mila euro. Il palazzo ha una superficie commerciale di 1.758 metri quadrati, 4.430 metri quadrati di superficie coperta (lorda) e 305 metri quadrati di cortili, nell'attuale piano regolatore l'immobile ricade nella disciplina della città storica. Le offerte per palazzo Chiapponi, già sede un tempo dell'allora Partito Comunista, dovranno pervenire entro il 10 luglio. Attualmente nel palazzo, considerato libero e disponibile, sono ospitate l'Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra, l'Aias e l'archivio della Prefettura. Non si registrano vincoli, se non quelli dettati delle Belle Arti.
Il Comune mette in vendita anche un terreno agricolo al Gargatano di 11 pertiche piacentine (95mila euro) e un'area produttiva polifunzionale di 350 metri quadrati a Le Mose vicino al fabbricato Mulino Le Mose (31.500 euro). Altri immobili vengono venduti a Ca' Buschi e Rivergaro, e ancora a Piacenza, a Le Mose e in via Alberoni. In via Alberoni 2/A è in vendita una unità immobiliare posta al primo piano dell'edificio di 195 metri quadrati, più altri 20 nel seminterrato, con base d'asta di 324mila euro.
Ca' Buschi all'asta : Ambientalisti infuriati
Il Comune mette all'asta (142mila euro) la cascina Ca' Buschi e scatta la protesta degli ambientalisti. La pubblicazione dell'avviso di gara per la vendita del fabbricato che Palazzo Mercanti possiede nel comune di Rivergaro, località Ca' Buschi, ha sollevato lo sdegno di Legambiente che da tempo caldeggia il recupero di quell'immobile per destinarlo a sede di un ecomuseo, ossia di un centro di educazione ecologica che faccia da riferimento per il parco del Basso Trebbia di cui in questi anni si sta ragionando tra associazioni ed enti locali. È stato Giuseppe Castelnuovo, di Legambiente, a dare voce alla «rabbia quasi incontenibile» sua e degli ambientalisti con una e-mail inviata a un po' di assessori comunali. È stato tra i primi, due anni fa, a prendersi a cuore la proposta dell'eco museo e a perorarla; alla lettura dell'asta di vendita per Ca' Buschi ha preso "carta e penna" per bollarla come «decisione sbagliata, politicamente stupida ed eticamente riprovevole». Questo «perché dimostra la totale indifferenza, anzi il disprezzo, per una proposta di grande buonsenso espressa da Legambiente ma sostenuta da tutte le associazioni ambientaliste e dalla stessa Consulta comunale, che si rivela sempre più una scatola vuota». Per il recupero del fabbricato si sarebbe potuto trovare «facilmente» le risorse, secondo Castelnuovo, che punta il dito contro «l'impermeabilità assoluta alle sollecitazioni ambientaliste, pervenute in tempo assai utile per rimediare». A suo giudizio «tale accadimento» rappresenta «solo la punta di un iceberg rappresentato dalla drammatica disattenzione e contraddizione di questa amministrazione rispetto ai temi ambientali». Ma il danno più grave non è ambientale», rincara la dose Castelnuovo, bensì «la distruzione della fiducia dei cittadini, lo svuotamento di un progetto politico, il progressivo allontanamento delle forze migliori della società dalla partecipazione». Un barlume di speranza resta: «La vendita di Ca' Buschi potrebbe ancora, e nonostante tutto, essere evitata», conclude, per la verità scettico, Castelnuovo al cui sfogo ha aderito un altro ambientalista come Umberto Fantigrossi che pure che «il sindaco e la giunta facciano un passo indietro su questa decisione sciagurata». Il percorso e le motivazioni che hanno indotto il Comune alla vendita all'asta di Ca' Buschi sono contenute nel relativo provvedimento licenziato in questi giorni dal dirigente del settore Risorse, servizio Tributi e acquisti, Gabriella Brizzolara. La decisione di alienare il bene era stata formalizzata a fine 2003 (bilancio 2004 e pluriennale 2004-06) e ha preso concretezza dopo le relazioni dello scorso aprile da parte degli uffici comunali competenti e la nota di inizio maggio con cui la Direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici dell'omonimo ministero ha autorizzato l'operazione. Sul fabbricato c'è infatti, da 2003, un vincolo della Soprintendenza viste le caratteristiche di interesse culturale e testimoniale. Siamo all'interno del piccolo abitato di Ca' Buschi, sulla riva sinistra del Trebbia, una zona definita nelle perizie di stima «di buona-ottima appetibilità commerciale soprattutto nel contesto della tranquillità del luogo e nell'amenità del paesaggio con la vista sulle colline» e sul castello di Rivalta arroccato sull'altra sponda del Trebbia. Il bene si compone di un vecchio edificio a due piani, con annesso cortile, descritto «in cattive condizioni di manutenzione» e bisognoso «di un profondo rifacimento». Accanto c'è un impianto idraulico di presa d'acqua dal fiume. La superficie complessiva è di 275 metri quadrati, di cui 210 coperti. Nelle carte si parla di immobile di interesse non strategico per il Comune e di «ottica di una totale riconversione a uso residenziale», anche perché il vicolo della Sovrintendenza viene giudicato «non particolarmente gravoso». gu.ro., Libertà 25 maggio 2006
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