Il city manager: primo impegno la riorganizzazione del personale
Completo color cachi, abbronzatura senza grinze, il passo elastico di chi ha energia da vendere e invece di ricevere alla scrivania preferisce verificare di persona uomini e situazioni.
Ad una prima occhiata, Massimo Gambardella, il nuovo city-manager del Comune, porterà un bel po' di movimento a Palazzo Mercanti.
Ieri Gambardella ha preso servizio dopo qualche giorno di vacanza a Panarea. Un'occhiata alla sua postazione di lavoro, ancora sottosopra, un primo giro tra gli uffici in gran parte smobilitati per la pausa estiva («ma andrò a trovare tutti i dipendenti, uno ad uno, e a vedere cosa fanno»), due chiacchiere con i giornalisti. Gambardella è un siciliano caratterialmente disponibile al dialogo. Non si tira indietro se si tratta di raccontarsi un po'.
Il nuovo direttore generale è legato a Piacenza da anni di servizio come segretario comunale in vari Comuni. Per la verità i suoi inizi sono a Zavattarello, nel Pavese, a metà Anni '80, ma già da allora, Gambardella gravita sul Piacentino.
«Perché mi piace mangiare bene - scherza -, mi piace la coppa, il salame fatto tradizionalmente, i pisarei, quelli asciutti però». E poi il nonno ha fatto il militare a Piacenza, la mamma da piccola ha abitato qui. Nella nostra città si sente a casa. E non raccoglie la trita provocazione sulla chiusura, vera o presunta, dei piacentini. «Diffidenza? All'inizio, ma se riesci a farti apprezzare va tutto bene».
Sul Comune Gambardella esprime una sua solida filosofia, forse lo aiutano le letture preferite dei classici greci e latini: Socrate, Platone e Cicerone (ma ama anche le spy-story e i thriller).
Cosa serve per far funzionare bene un Comune? «La Pubblica amministrazione è in fase di transizione, oggi le esigenze dei cittadini sono al centro dell'attenzione e il Comune esiste in quanto deve dare servizi. Da ente abituato ad assetti burocratici si trasforma in struttura organizzata in funzione dei bisogni della gente, che paga tasse al Comune, con il decentramento fiscale e vuole risultati».
Ma un direttore generale cosa fa esattamente? «Traduce gli obiettivi politici nella pratica amministrativa, mantenendo al centro il cittadino, organizza la struttura e ne controlla il buon funzionamento, fa sì che i progetti vengano attuati nei tempi e nei modi condivisi sia dai dirigenti sia dai politici e sottolineo “condivisi”, non si tratta di imporre».
Con che spirito si accinge a governare la macchina comunale, con ottocento dipendenti e alla vigilia di un difficile riassetto? «Questo è il primo punto su cui lavoreremo. Per il resto, riconosco che l'impegno ha un peso rilevante, però io mi sono preparato, ho idee forti da proporre».
E quali devono essere i rapporti tra sindaco e city-manager? Reggi dice di averla scelta per il curriculum, la doppia laurea, ma anche per un certo “feeling”. «Un rapporto fiduciario che dura cinque anni o più è come un matrimonio, dove ci sta di tutto, anche le divergenze, ma dove quello che conta è l'unità di intenti che va al di là. Di Reggi condivido il programma su alcune linee precise: servizi sociali, anziani, sicurezza, ambiente, per una città che ha bisogno di diventare più viva, più dinamica.».
Che cosa si è portato via dall'esperienza di Fiorenzuola? «Con il sindaco (Antelmi, ndr) ci siamo trovati bene, spero di avere lo stesso rapporto con Reggi. Risultati ne abbiamo portati a casa: la nuova sede degli uffici, la tangenziale, l'ospedale nuovo. A Fiorenzuola, dove mi è stato lasciato tutto lo spazio necessario, lascio il mio arrivederci».
Come si rinnova il rapporto con i cittadini? «Il cittadino va ascoltato, vanno tenute porte aperte e cuore aperto, è sbagliata la cultura della pubblica amministrazione che vuol prevalere. Anche gli spazi, gli uffici, sono importanti, per esempio è utile eliminare certi divisori, le barriere, gli stessi banconi, così ho fatto a Fiorenzuola, per accogliere le persone più cordialmente, come in un salotto. Penso soprattutto agli anziani. E avere un solo luogo per riunire tutte le funzioni comunali, dall'anagrafe ai tributi, penso al palazzo degli uffici, evita perdite di tempo».
E i dipendenti del Comune? Come si relazionerà? «Dalle persone si deve prendere il meglio, interessandole, formandole, motivandole, coinvolgendole nel lavoro. E ci deve essere la possibilità di crescita professionale. Il Comune è come un corpo umano in cui ciascun organo ha una funzione, se qualcosa non va scatta una patologia. Io terrò le porte sempre aperte, chiunque potrà venire senza timori reverenziali. Siamo nell'arena tutti insieme». Patrizia Soffientini Quotidiano LIBERTA' 20 agosto 2002
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