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Il Cav. pensa al voto in primavera ma teme l’effetto Prodi al Senato

In caso di elezioni “tripolari” è a rischio la governabilità a Palazzo Madama

Silvio Berlusconi non dubita di vincere le elezioni, che ritiene ormai inevitabili.

Ma il premier teme di subire l’effetto Prodi, ovvero che la vittoria alle urne gli consegni stavolta un Senato ingovernabile.

Questo pericoloso scenario è stato considerato plausibile ieri pomeriggio in una lunga riunione a Palazzo Grazioli con i vertici del Pdl:
“Se saranno elezioni, saranno tripolari” cosa che comporterà, considerato il sistema elettorale regionale che determina l’elezione a Palazzo Madama, che i cosiddetti “scarti” non saranno più attribuiti alla sola coalizione perdente in ogni singola regione ma anche a quel futuribile terzo polo che secondo tutti i sondaggi già supera lo sbarramento dell’8 per cento.

Non solo. Il centrodestra nella formazione Pdl e Lega, sempre secondo i sondaggi relativi al Senato, potrebbe non vincere in tutte le regioni nelle quali aveva vinto alle politiche del 2008.
Sono infatti in bilico il Piemonte, la Sardegna, la Puglia e il Lazio.

Si tratta di ragionamenti che ieri consigliavano prudenza al Cav. il quale, tuttavia, specie dopo il voto alla Camera sul caso Caliendo (la maggioranza è sotto di 5 voti), considera la legislatura “già conclusa”.
L’alternativa di un patto politico con Fini non lo convince:
“Si è andati troppo in là” con accuse e dissidi di tipo non soltanto politico. E poi, spiegano gli interlocutori del premier:
“E’ Fini che non sembra disponibile a un accordo. Lo dimostra l’elezione di Italo Bocchino capogruppo e lo dimostra anche il suo flirt con Rutelli e l’Udc”.

Per la verità dal campo finiano arrivano invece aperture a un accordo, ne parla con il Foglio Carmelo Briguglio che dice:
“Casini ha sempre chiesto un Berlusconi-bis. Perché non accontentarlo?”.
E Flavia Perina: “Un accordo non ci vede affatto contrari”. Dunque chissà.

A via del Plebiscito il presidente del Consiglio ha evocato molte volte la parola “elezioni”.
E’ chiaro a tutti gli osservatori che al Cav. conviene chiudere la legislatura al più presto, ma sembra che non sia tecnicamente possibile votare a novembre.
La prima data utile, gennaio-febbraio, è in pieno inverno: quando però tutti gli indicatori sconsigliano di votare, per via dello scarso afflusso.
Non resta che la primavera: maggio.
Come fa il Cav. a essere sicuro di non cadere nella trappola di intrighi di Palazzo a crisi aperta?
Come può essere certo che il Quirinale non finisca con il mandare qualcun’altro a Palazzo Chigi anziché sciogliere le Camere?

Risposta: se è vero che a Montecitorio Lega e Pdl non sono più autosufficienti, lo stesso non vale per Palazzo Madama. Al Senato i numeri tengono e dunque, ragionano i berlusconiani, pare impossibile che qualcuno possa offrire al Quirinale maggioranze alternative.
Inoltre il premier ha già in tasca un accordo blindato con Umberto Bossi.

Il leader della Lega lo ha in qualche modo confermato ieri, e pubblicamente:
“Se cade il governo noi andiamo a elezioni con Berlusconi”.
I due ne hanno parlato la scorsa settimana, la Lega non teme le urne ed è sicura di due cose: al nord guadagna voti sia sul Pdl (in calo di otto punti rispetto alle ultime elezioni) sia (in tutto il centro-nord) sul Pd; il federalismo non è a rischio perché, come ha spiegato in privato Roberto Calderoli: “Lo si riprende subito dopo aver ‘stravinto’ le elezioni”. Ammesso che si “stravinca” al Senato.

Con i propri generali, nelle settimane passate, Berlusconi aveva immaginato di presentarsi a settembre con un pacchetto complesso di proposte riformiste: giustizia, fisco e federalismo.
Dove nel tema “giustizia” era previsto rientrasse anche un nuovo sistema per mettere il premier al riparo da procure e tribunali, considerato che la legge sul legittimo impedimento è data da tutti, nel Pdl, per morta (la Consulta potrebbe bocciarla a dicembre).
Questa ipotesi di interventi riformisti sembra tramontare assieme alla speranza di recuperare la legislatura.
Esiste una flebile possibilità che il Cav. riesca a “raggranellare” dieci voti alla Camera nei mesi a venire, ma finora i tentativi di abbocco con singoli parlamentari non hanno funzionato.

Nel vertice di ieri si è persino ipotizzato un paradossale (ma forse non così tanto) accordo con il Pd.
Un patto di legislatura che ruoti attorno a due cardini: giustizia (per Berlusconi), legge elettorale (per D’Alema e gli altri).
Molto evanescente, benché non sia neppure un’idea del tutto nuova nell’agenda politica di questi ultimi anni.

Insomma le idee ancora non sono chiare, si parla molto anche di interventi sull’organigramma del Pdl.

Berlusconi ne discuterà a partire da oggi in un primo vertice con i dirigenti del partito.

di Salvatore Merlo
www.ilfoglio.it del 5 agosto 2010


pubblicazione: 05/08/2010

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