Splendidamente portati: il bikini compie sessant'anni.
Sessant'anni "con la bomba addosso", un indumento che fece scandalo e che oggi è un'icona intramontabile di moda pop contemporanea a pari dignità con i jeans e con la minigonna.
Un capo basic continuamente reinterpretato ma che ruota attorno a grandi classici, istantanee di seduzione assoluta stampate per sempre nella nostra memoria.
Il due pezzi ascellare con cui Lucia Bosè vinse il titolo di Miss Italia, quello di Marilyn Monroe in "Niagara", il bikini più carnale di tutti, indossato da Brigitte Bardot in "E Dio creò la donna", il due pezzi bianco con cintura (e pugnale) esibito da Ursula Andress in "007 licenza di uccidere" che a fine secolo venne venduto all'asta per 130 milioni di lire: praticamente un feticcio.
La data esatta di nascita è il 5 luglio del 1946, il luogo Parigi, ad una sfilata di moda balneare.
Niente di nuovo sotto il sole: il tabù della pancia scoperta era stato infranto millenni prima. I primi due pezzi sono raffigurati nelle pitture minoiche e anche indosso alle atlete e alle ginnaste dei mosaici romani di Piazza Armerina. Un nudo casto, quello classico, innocente, da fitness.
Ma nel ventesimo secolo esibire tanti centimetri di pelle era impensabile. A ideare il primo bikini moderno, e soprattutto a battezzarlo con quel fortunatissimo nome, fu uno stilista-ingegnere assai poco conosciuto, il francese Louis Réard. In realtà Réard si limitò a "perfezionare" un'invenzione che era già in commercio da qualche settimana: un costume a due pezzi creato dallo stilista Heim e pubblicizzato come "il costume da bagno più piccolo del mondo", e per questo chiamato Atomo.
Da Atomo a Bikini, l'atollo delle isole Marshall in cui gli Usa alla fine di quel giugno '46 stavano facendo i loro esperimenti nucleari, il passo fu breve.
Un nome abbastanza esotico e accattivante da cancellare ogni possibile considerazione sul cinismo del suo utilizzo. Si chiamerà bikini per i suoi effetti esplosivi e dirompenti, stabilì Réard. I giornali che osarono pubblicare le prime foto di modelle in due pezzi titolarono: "Ecco le bombe del sesso" e anche: "Le nuove bombe non uccidono, portano seduzione e amore".
A Réard non fu facile trovare una modella che avesse il coraggio di sfilare con un costume tanto scostumato, e difatti dovette ricorrere a una spogliarellista del Casinò de Paris, Micheline Bernardini. Il bikini non ebbe vita facile, soprattutto negli Stati Uniti ad alto tasso di puritanesimo, dove venne a lungo bollato come indecente, un indumento sconveniente per una donna perbene, più adatto alle copertine di Playboy.
Il resto è storia nota: "Less is more". Il bikini diventa l'uniforme delle maggiorate sia nostrane che d'oltreoceano, evolve o meglio si restringe rispetto agli antidiluviani e voluminosi modelli anni Cinquanta di pari passo con il comune senso del pudore, veicolato dai surf movies. I primi modelli in commercio coprono pudicamente l'ombelico, altro baluardo destinato presto a cadere. Strumento supremo di seduzione indosso alle bellissime, diventa con il passare degli anni la divisa di tutte, ragazze, mamme e nonne, viene sdoganato, perde la sua aura peccaminosa rafforzando invece la sua valenza di praticità salutare.
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