di ETTORE GOTTI TEDESCHI
Che il presidente della Associazioni industriali, Giglio, abbia voluto ricordare una mia considerazione espressa nell'articolo di fine anno mi ha onorato, ma anche preoccupato di non aver saputo forse esprimere con chiarezza il mio pensiero.
Da troppo tempo nella nostra città siamo spettatori di convegni, libri bianchi, articoli, progetti e piani strategici (chiamiamole tutti insieme: "idee") per il rafforzamento del "benessere" della nostra provincia, benessere che passa anche da azioni economiche. Sorvolo sulle idee talmente accademiche che potrebbero adattarsi a Piacenza come a Pecorara o Pescasseroli, preferisco evitare anche riferimenti a quelle di visione talmente sognatrice, irraggiungibile e spesso anche un po' ingannevole, per chi ci crede, tanto da far riflettere persino sulla banalità dell'ottimismo.
Nel mio articoletto di fine anno ho invitato i miei quattro lettori a riflettere se e quali vantaggi competitivi specifici per lo sviluppo economico avesse mai la nostra provincia per poter esser tanto ottimista. Ne ho proposti alcuni a mo' di domanda, quale per esempio se avessimo mai avuto un imprenditore di riferimento (grande, radicato nel territorio, con un indotto significativo, con vantaggi unici o difendibili, ecc. ), senza togliere nulla ai tanti straordinari imprenditori di successo, medi o piccoli, ma spesso indotto di altri. La risposta concorre a spiegare, insieme con tutte le altre cose che mancano a Piacenza, la prudenza con cui si devono formulare le speranze scritte nei piani strategici e l'esigenza invece di maggior pragmatismo.
Ma nell'articoletto aggiungo, compiacendomene, che ultimamente cominciano a notarsi a Piacenza scelte di pragmatismo (potenziale) in varie figure e ruoli che occupano posizioni di influenza. Non farò riferimenti precisi che possano apparire di convenienza, ma ho notato un certo ricambio nella classe dirigente della città: nelle istituzioni economiche, corporative, e persino, come promessa, nella politica. Tutti con caratteri appunto dello stesso pragmatismo, chiamiamolo imprenditoriale-manageriale, pertanto comune a chi è orientato a un processo decisionale concreto, razionale efficiente ed efficace. Soprattutto orientato ai risultati, e abituato ad esser valutato sui risultati, non sui progetti, facilmente disattendibili.
Il famoso miglioramento del benessere diffuso per la nostra comunità non emergerà, dal numero di convegni fatti o dalla "carta" prodotta, il benessere per diffonderlo bisogna prima saperlo costruire e chi da maggior affidamento di saperlo fare è chi ha capacità ed esperienza dimostrata di saperlo fare, e tutto questo va spiegato ai cittadini senza illuderli o confonderli.
Questo è ciò che intendevo dire, caro presidente Giglio. E ciò soprattutto vale per gli aspetti cosiddetti economici, perciò esorto nel mio articoletto a lasciarli fare agli imprenditori privati evitando il conflitto politica-mercato e limitandosi a controllare la corretta produzione e distribuzione della ricchezza con altri progetti politici altrettanto concreti,efficienti e competitivi.
Il politico se vuole esser adeguato ai tempi prossimi deve conoscere o voler apprendere i vantaggi del mercato e non attrezzarsi alla politica dei falsi incentivi e della protezione. Anzi, credo che il politico debba cominciare a competere finalmente con idee concretizzabili anziché attraverso i compromessi di segreterie politiche.
La classe politica al governo delle istituzioni locali e nazionali, che ha il diritto e il dovere di esser apprezzata, si può perciò occupare prima di tutto di costruire i vari ponti sul Po e di far transitare i treni dei pendolari in orario, si può occupare di ridurre le varie Ici riducendosi nei costi, si può preoccupare di costruire prima i parcheggi anziché chiudere le piazze e le strade. Grazie. Ettore Gotti Tedeschi (Libertà del 31 gennaio 2006)
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