Minacciano di spegnere ventimila lampioni lasciando le città al buio, di chiudere anticipatamente le metropolitane o del tutto gli asili, di ridurre i servizi per gli anziani.
Chissà perché nessuno dei sindaci insorti contro la Finanziaria, ha pensato invece di darsi una calmata con le superconsulenze o le costosissime sedi di rappresentanza, di costringere ad una bella cura dimagrante le "notti bianche" o rinunciare alla pubblicità, agli spazi tv e a tutte quelle iniziative non fondamentali, ma che portano consenso, cioè voti.
La Finanziaria 2006, quella licenziata giovedì dal consiglio dei ministri, taglia i trasferimenti dello Stato ai Comuni. Tre miliardi di euro che rappresenteranno per le amministrazioni comunali il 6% in meno di introiti e che sono bilanciati dalla possibilità concessa loro di ritoccare le rendite catastali e mantenere il 30% di quanto recuperato dall'evasione fiscale. Il sacrificio, comunque, c'è. Ma è pari su per giù ai tagli che si è imposto il presidente della Repubblica per il Quirinale.
Eppure i sindaci l'hanno presa male, si sono messi a gridare allo scandalo. «È l'ultimo grido di allarme», tuona il fuoco il presidente dell'Anci, che guarda caso è anche sindaco di Firenze dell'Ulivo, Leonardo Domenici. Lo stesso che si è assunto un consulente per il look. E che ha prima costruito e poi fatto abbattere, cedendo alle pressioni degli ambientalisti, un parcheggio nei pressi della Fortezza da Basso. Ma Domenici dimentica gli eccessi del passato recente.
Come le bollette telefoniche del Comune di Palermo che, nel 1996, erano di 23 milioni di lire al giorno, e l'arredamento «di pregio» per i consigli di quartiere costati 2 miliardi e 557 milioni.
Perché non lancia un appello ai suoi sindaci dell'Anci, magari anche quello che a Portici, nove anni fa, spese 50 milioni per far riprendere dalle telecamere il consiglio comunale come se fosse un reality show? Basterebbe chiedere che i servizi pubblici costino alla collettività una cifra sopportabile.
Che non succeda, insomma, come al Comune di Carpi. Dove si scoprì nel dicembre '96 che ciascun trasportato costava 12.252 lire al giorno ai contribuenti. Che avrebbero fatto meglio a pagargli un taxi.
Ma il carico da novanta in questa rivolta dei sindaci rossi e spendaccioni contro la Finanziaria dei sacrifici, lo cala il sindaco di Roma Walter Veltroni. «Sarò costretto a chiudere alle 20,30 la metropolitana », ha attaccato. E a «sopprimere 47 linee di trasporto pubblico» vendendo «circa 280» autobus. Di più: «60 mila bambini non avranno i libri, spegnerò 20 mila lampioni». Insomma, una tragedia. Prevista dalla stessa persona che, pochi giorni fa, rilanciava l'idea di far costituire al suo Comune una compagnia aerea. E che, tra un consulente per le creme solari e l'altro, ha speso 4 miliardi di lire per cento tra concerti e spettacoli in occasione della Notte bianca.
Ma il Lazio, regione-modello per il centrosinistra, è omogeneo. Il presidente della Provincia di Roma Enrico Gasbarra, margheritino, ha speso 120 milioni di lire per riparare l'aria condizionata alla Casa della Cultura dell'Avana, Cuba. Solidarietà internazionale. E in patria? Nel 2004 ha stanziato 9,7 milioni di euro per incarichi esterni contro l'1,5 del predecessore. Mica male. Poi c'è Piero Marrazzo, governatore del Lazio. Sembrava il difensore dei cittadini, appena conquistata la poltrona, ha aumentato il numero degli assessori da 12 a 16, il personale di segreteria da 137 a 177 addetti, le commissioni da 14 a 24. E tutte col suo bel presidente, vicepresidente e autoblu. Poi i due Sergio: Cofferati, primo cittadino di Bologna, e Chiamparino, sindaco di Torino. «Taglieremo i servizi», tuonano. Ma il primo lavora per aprire una tv del Comune, il secondo si è fatto rifare la città gratis dallo Stato grazie ai tremila miliardi di lire stanziati per le Olimpiadi invernali. E che dire del consulente per le «sardine» della Regione Emilia, del faraonico ufficio stampa (16 giornalisti) del governatore della Calabria Agazio Loiero, delle 12 commissioni speciali e del cd rom sul "Sistema informativo territoriale" costato 2 milioni di euro al collega campano Antonio Bassolino. Piangono miseria, ma non si guardano in casa. «Questo allarmismo politico è inaccettabile », tuona il vicepresidente dell'Anci e deputato azzurro Osvaldo Napoli. «L'anno scorso ho sentito le stesse grida, non ho visto un solo Comune in Italia tagliare un solo servizio».
PAOLO E.RUSSO, Libero del 1/10/2005
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