Importante riconoscimento per il professor Giuseppe Carella, che domani, all'Auditorium della nuova Fiera di Milano, riceverà il premio "Medaglia d'Oro - Maestri dell'Oftalmologia Italiana" attribuito da Soi (Società Oftalmologica Italiana), come attestato per una brillante carriera dedicata alla ricerca. Il premio viene consegnato dal presidente Soi, Corrado Balacco Gabrieli, nel corso dell'86° congresso della società, evento che tradizionalmente ospita i ministri dell'Università e della Salute.
Giuseppe Carella è figura molto nota a Piacenza, dove per vent'anni ha ricoperto il ruolo di primario di Oculistica all'Ospedale, senza mai abbandonare il versante della ricerca, documentato in una ricca serie di pubblicazioni. Fronti ai quali, da otto anni, affianca l'impegno di docente all'Università del San Raffaele di Milano.
Diciottenne, viene inviato alla Sorbona di Parigi dal professor Gaetano Ottaviani, direttore della cattedra di Anatomia e Embriologia all'Università di Parma. «Torna quando hai capito, mi disse Ottaviani» ricorda Carella con la nostalgia dell'apprendista di fronte al maestro. «Rimasi là un anno per studiare le tecniche con cui si inietta un cromopolimero, un colorante, nei vasi sanguigni per evidenziarli e capirne la vascolarizzazione». Tecniche portate in Italia e che spingono il giovane assistente di anatomia, morfologo e angiologo, ad accostarsi al versante clinico, alle patologie dell'occhio («studiando come si dispongono i vasi si capiscono certe malattie, la stragrande patologia dell'occhio è vascolare»). Le esperienze scientifiche giovanili sono un prezioso serbatoio di conoscenze internazionali («le amicizie aprono tabernacoli incredibili»), ma tra i suoi numi tutelari, Carella cita gli italiani Giulio Morone, direttore della Clinica Oculistica dell'Università di Pavia e Rosario Brancato, direttore del Dipartimento di Oftalmologia dell'Università del San Raffaele. Nella storia di Carella - che prima di scegliere Piacenza è primario, il più giovane d'Italia, all'Ospedale Regionale di Alessandria - ricerca e impegno clinico sono continuamente fusi. Fondamentale sarà lo studio effettuato in America sulle applicazioni del laser per curare il glaucoma. E la ricerca sull'apoptosi, la modalità di morte programmata delle cellule, affrontata con passione e competenza.
Oggi Carella attribuisce un valore grande all'insegnamento impartito ai giovani («sono come fiammiferi, appena li strofini si incendiano, bisogna coinvolgerli e stimolarli»). In quanto ai malati («ciascuno è un'interpretazione personale della malattia, che modula secondo il suo carattere, il suo pudore») il professore ha sempre riservato loro un'attenzione a tutto tondo, intrisa d'umanità. «E' importante toccare il malato, è importante che senta che tu, medico, credi in ciò che fai».
«A Piacenza - racconta - ho curato la mia gente, ho portato da altri Paesi il primo impianto di cristallino artificiale, il primo laser per il glaucoma e ho avuto collaboratori che continuano in modo meraviglioso il lavoro».
Chi conosce Carella ne conosce anche la profonda cultura, il fascino teatrale, l'estro linguistico («se non avessi fatto l'oftalmologo forse mi sarebbe piaciuto scrivere» confessa). Un lascito paterno. Non il solo. «Sono destinato ad essere il "di" di qualcuno, figlio di Edigio Carella, poeta piacentino e padre di Egidio, radiologo conosciuto» scherza il professore. Ma dell'eredità paterna dice con orgoglio: «Mio padre amava Piacenza, svisceratamente. Sosteneva, con uno spirito alla Frank Capra, che nella sua città non nascono uomini cattivi. Mi ha insegnato ad essere un brav'uomo. Non devi diventare di successo, diceva, ma di valore». Patrizia Soffientini, Libertà del 30 novembre 2006
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