Un palco di sfarzo sanremese per festeggiare i quarant'anni di attività dell'Orchestra Franco Bagutti.
Uno spettacolo lungo quasi quattro ore in un susseguirsi di voci, ospiti e canzoni per celebrare in grande stile l'onorata carriera del maestro.
Questo lo scenario di martedì sera: quello di un Palabanca gremito e accerchiato da una moltitudine di macchine, camper e pullman da tutto il nord Italia. Un palazzetto firmato Bagutti Eventi con tutti i crismi. Abiti raffinati. Trucco e parrucco per tutti. Maschere eleganti e organizzatissime. Composizioni floreali. Un'infinità di luci e laser colorati, tessuti e maxischermi. Le telecamere di Italia 7 Gold - che stasera alle 21 manderà in onda le riprese dell'evento - e la presenza della regia di Radio Zeta, che ha invece trasmesso lo spettacolo in diretta.
Un Palabanca delle grandi occasioni, insomma, di quelle che ricorrono giusto una volta ogni quarant'anni. La "dinastia" Bagutti ha imposto l'identità di un marchio ormai leggendario. Ha celebrato con un festival memorabile il cammino glorioso di un'orchestra che, se agli esordi pagava dazio per la sua provenienza non romagnola, ha finito per dispensare sonore lezioni in tutta l'Italia e nel mondo.
Per certificarne la grandeur bastava gettare uno sguardo al palcoscenico. L'orchestra era al gran completo: due pianoforti, due batterie, archi, cori, fiati, tastiere, percussioni e chitarre. Dalla scalinata luminosa sono scesi il mitico Fausto Leali e il cantante dei Nomadi Danilo Sacco. E poi uno stuolo di grandi voci amiche del maestro, che militano, hanno militato o sono state da poco ingaggiate per entrare a far parte dell'orchestra. Su tutte quella del celebre Gianni Nazzaro, che all'amico Franco non ha risparmiato un grosso bacio, quella di Matteo Tarantino, quella di straordinaria energia del suo fratello minore Daniele, ospite a sorpresa, a battesimo del suo recentissimo ingresso nel "clan" Bagutti, salutato dal pubblico con straordinario calore. Un'ovazione è toccata anche a Omar Codazzi, così come applauditissima è stata la parentesi cabarettistica del romagnolo doc Paolo Cevoli. Così, giusto per snocciolare subito gli apici di una lunga serata di altissimo livello, giostrata con maestria e semplicità dai presentatori, Katia, Lara e Roby di Nunno. Ma il su e giù dalla scala è toccato anche più d'una volta alle voci ufficiali dell'orchestra, quelle dei raggianti Francesca Mazzuccato e Matteo Bensi, così come all'eclettica Marianna Lanteri, che ha cantato, duettato e anche ballato. Che dire, poi, dell'aplomb di Patrick Mittiga, cantante valdostano in rapida ascesa con il suo spettacolo dedicato al suo mito Frank Sinatra, o della passionale parentesi di tango che hanno regalato i campioni di ballo Massimo Benotto e Beatrice Laghi, danzando sul celeberrimo Libertango di Piazzolla magistralmente interpretato da un quartetto forte di due solisti d'eccezione come Leonardo Colonna al contrabbasso (da I Solisti Veneti) e Alessandro Cosentino al violino (dall'Orchestra Muti). Inconfondibili, poi, la voce partenopea di Roberto Polisano - che fu già ospite al Palabanca per il trentacinquesimo dell'orchestra - e la possanza del coro di 15 elementi in arrivo da Latina e guidato da Erminio Mozzato, altro amico di Bagutti di lunghissimo corso; penetranti la grinta genuina della romagnola Roberta Cappelletti e l'eclettismo di un altro big delle orchestre come Pietro Galassi, per non parlare della chiusura affidata ad una pepatissima Oh happy days performata dal Nicolini Gospel Choir, guidato dallo scatenato Francesco Zarbano, che non ha affatto dismesso i toni brillanti dell'ei fu Dj First intonando anzi un goliardico Tanti auguri al maestro Bagutti. Che ha poi voluto sigillare la serata con un Inno di Mameli cantato da tutto il palazzetto.
Tutti gli ospiti hanno avuto una parola di affetto, di stima, di devozione e di gratitudine nei confronti di Franco, che sul palco si è concesso a tratti. Le parole più sentite sono state ovviamente quelle dei figli: Andrea, Cristian, Francesca e Gian Marco, responsabile del grandioso allestimento scenico. Franco si è concesso al pubblico (e allo sberleffo soprattutto) anche nel momento Cevoli, che ha raccontato vita morte e miracoli del termine "patacca" e… non poteva che buttarla sulla politica, con «le focosità, il puttanesimo e il magnaccesimo del Silvio» e, di contro, con quelli della sinistra che «si ammazzano di pugnette». Tipo Veltroni, che mette il borotalco mentolato nelle pantofole per eccitarsi.
Protagoniste assolute, però, sono state le canzoni. Troppe per dirle tutte. Come non citare le immortali A chi, Io amo e Mi manchi: roba da pelle d'oca, con la voce di Leali che come il vino più invecchia e più è buona. Come dimenticare Io vagabondo e Vent'anni, offerte da quel trascinatore di Sacco. O la trionfale Bianco rosso e verde intonata dalla Mazzuccatto per omaggiare i 150 anni del Tricolore, Eravamo in 19 interpretata da Tarantino per ricordare i caduti di Nassirya e la New York New York di Mittiga; il cavallo di battaglia di Nazzaro, Quanto è bella lei, o la frizzante Cabaret offerta dalla Lanteri in una bella parentesi in odor di musical a stelle e strisce, e la lista sarebbe infinita.
Al Palabanca, insomma, si è scritto il film di una grande famiglia, in una notte magica dedicata alla scintillante costellazione melodica della più grande musica da ballo italiana. E qualcosa ci dice che non finisce qui.
PAOLO SCHIAVI Libertà del 19 maggio 2011
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