di MARCELLO POLLASTRI
Fare autocritica, riemergere dalle sabbie mobili di un’apatia progettuale e voltare pagina, rinnovare il partito, affidarsi a una nuova classe dirigente, contare di più, evitando magari di ricoprire il ruolo di semplici sparring partner.
Poiché la politica non ammmette ritardi e le scadenze elettorali arrivano sempre prima di quanto non ci si aspetti, la ricetta va assemblata in fretta, tutti insieme, possibilmente senza piangersi addosso.
E partendo da una dose vitale per la sopravvivenza, cioé il coinvolgimento di una base sconsolata, amareggiata, che lamenta scarsa considerazione.
In un’epoca in cui una fiacca politica si interroga un po’ ovunque su un efficacia ridotta ai minimi termini, ai quadri del partito di Forza Italia il messaggio della base è arrivato forte e chiaro ieri al grande Albergo Roma dove il partito si è riunito per volere dei giovani.
Un incontro (lasciato aperto alla stampa dopo un rapido e democratico sondaggio interno) in cui gli azzurri si sono fatti un esame di coscienza, si sono guardati negli occhi, hanno voltato lo sguardo ad un recente passato che brucia maledettamente, leggi elezioni Comunali, per poi riaprirlo fieramente e volgerlo verso un orizzonte che si augurano possa essere roseo, leggi il Congresso in programma in autunno. E le condizioni perché ciò avvenga, i candidati perdenti, ma anche i militanti o i semplici simpatizzanti, le hanno spiattellate senza tante censure, talvolta le hanno davvero “cantate” a una gestione che non li ha convinti, con particolare riferimento alla scelta di candidare Dario Squeri e ai criteri di allestimento della lista.
Oltre al commissario Antonio Agogliati, erano presenti i neo rieletti consiglieri comunali: Massimo Trespidi, Filiberto Putzu, Andrea Pollastri, Luigi Salice e Sandro Ballerini.
Sono stati in particolare i giovani, Davide Bastoni e Vittorio Silva, ad esprimere per primi tutto «il loro disaccordo sulla linea adottata dal partito, una linea lontana dalla gente e troppo vicina ai palazzi». Hanno criticato la scelta di candidare in blocco i consiglieri uscenti perché «noi dobbiamo essere invece il partito della meritocrazia». E si sono domandati retoricamente come mai fosse possibile «che gli industriali piacentini avessero votato a sinistra». Critiche condivise da molti presenti, compresa la professoressa Anna Tanzi, autrice di un intervento aspro ma costruttivo nel quale ha invitato tutti a contribuire alla «ricostruzione del partito»: «In un partito che deve contare - ha detto - c’è bisogno di tutti. C’è bisogno di un partito informato, preparato alla sfide che ci attendono ai vari livelli (Ptr, Psc, Pctp) e di un coordinamento che recuperi il contatto con la gente. Non servono i veti. La scelta del coordinatore non deve essere frutto di giochi di potere, ma della logica del servizio».
Tutti convinti di questa necessità, l’ex consigliere Renzo Rossi, Maurizio Dossena, Bruna Bartolini, ma anche molto critici.
Lo stesso intervento di Filiberto Putzu è stato ficcante: «Dovrebbe essere svolta pubblicamente un’autocritica, che non ho sentito, da parte di chi, tra noi, ha sostenuto così fortemente la scelta del candidato del centrodestra. Perché se noi seminiamo rape, poi non raccogliamo meloni».
C’è stato spazio anche per Roberto Pasquali fortemente scettico nei confronti «dell’impostazione della campagna elettorale di Squeri e negli errori di comunciazioni commessi dai suoi consiglieri». «Una campagna arrogante non paga mai». Ma secondo il sindaco di Bobbio sono stai anche altri gli errori commessi: «Accettare una candidatura dall’alto, le troppe liste». Ha poi auspicato un congresso unitario, senza spaccature, aggiungendo: «Vedete, non piango per il 16% visto che parte del nostro elettorato è confluito in una civica che non ha dato valore aggiunto. Ma d’ora in avanti non cerchiamo profeti, in Forza Italia ci sono persone che possono competere».
Con coraggio il commissario Agogliati ha affrontato una platea che, senza tuttavia mai accusarlo personalmente, non è stata certamente morbida nei suoi confronti. Agogliati ha aperto i lavori ripercorrendo i passaggi che hanno portato alla candidatura di Squeri, dal momento «in cui la coalizione mi incaricò di tirare le fila». «Noi volevamo Trespidi, ma agli alleati non andava bene. Perché? Non ci diedero nessuna spiegazione politica. E quando iniziai gli incontri bilaterali, a parte An, gli altri partiti avevano già scelto Squeri. Con il direttivo emersero più “contro” che “pro” su quella candidatura, poi Trespidi decise di conseguenza di sfilarsi. Ma quando cercammo di metterci una pezza, perché capimmo che era una candidatura calata dall’alta, non c’era nessun altro candidato che desse maggiori garanzie di Squeri. A quel punto era una scelta obbligata». «Sono arrabbiato - ha proseguito - perché Fi si è moblitata mai come questa volta, sono venuti tutti e Berlusconi addirittura due volte». Il commissario ha poi parlato del futuro, augurandosi lo svolgimento di un congresso «unitario, non di facciata, per un partito che si apra a tutti».
Infine, da molti atteso, è stato il turno di Massimo Trespidi, da indiscrezioni dato come candidato per la futura guida del partito. Il quale non ha fatto tanti giri di parole: «Abbiamo perso perché parte dell’elettorato non è andato a votare. Squeri si è impegnato allo spasimo e abbiamo visto che non è bastato. Quindi dobbiamo interrogarci e arrivare a delle conclusioni: i candidati devono essere scelti dal popolo. Ci vuole un metodo che serva a coinvolgere la gente. Bisogna dire no all’elettorato passivo. Le ragioni dei nostri ideali sono ancora attuali, ma si deve assolutamente recuperare il contatto con la società civile. Perché le elezioni si vincono sulla base dei programmi e della credibilità, non delle contrapposizioni. Tornare a vincere è possibile, ma dobbiamo farlo uniti e insieme».
Marcello Pollastri, La Cronaca di Piacenza del 6 luglio 2007
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