Le dimissioni di Francesco Scaravaggi sono state firmate, ma da quando diventeranno operative? Dall'Acri, associazione delle fondazioni bancarie, sentita per sciogliere una faccenda piuttosto ingarbugliata, è arrivata in via Sant'Eufemia l'indicazione per cui deve essere il consiglio generale ad avallare le dimissioni del presidente. Consiglio che va quindi sollecitamente convocato. A quanto risulta, il presidente uscente ha predisposto tre copie della lettera di dimissioni, sempre su indicazione Acri, poche righe consegnate agli uffici e da inoltrare al collegio dei sindaci, al vicepresidente e al consigliere anziano del consiglio generale (Domenico Battaglia, vigevanese).
In attesa anche delle interpretazioni da parte dello studio legale Portale di Milano, richiesto di un parere sullo Statuto, continuano le prese di posizione ciascuna portatrice di una propria verità. Veniamo al Cda, non è stato formalmente azzerato come chiedeva il presidente uscente, sarebbero servite 13 firme su 24 consiglieri del consiglio generale aventi diritto (il 25° è Gilda Bojardi, designata dai Comuni del territorio a sostituire Valter Alberici, ma deve ancora fare il suo ingresso in consiglio), ne sono arrivate 10 nella seduta di lunedì scorso, mancavano 5 consiglieri.
Il mondo politico chiede oggi le dimissioni del Cda, non emerge però alcuna volontà di percorrere questa strada.
Rebecchi Il membro del Cda Giovanni Rebecchi, sulla stregua del vice-presidente Beniamino Anselmi, afferma che il Cda «deve svolgere compiti immediati per garantire regolarità della Fondazione che dovrà indire elezioni del presidente nel più breve tempo». E ancora: «Il Cda non risulta sfiduciato e a tutti gli effetti deve traghettare la Fondazione, non è il momento di dimettersi». Rebecchi, che è in Fondazione già durante la gestione-Marazzi, oggi si dichiara molto amareggiato per la «pessima figura» che l'istituzione sta facendo agli occhi dell'opinione pubblica. Sul disagio di Scaravaggi interno al Cda? «Io avevo una delega all'export, Pareti alle erogazioni, Tagliaferri al polo formativo... c'era democrazia, più persone coinvolte in argomenti importanti. Senza togliere pensiero e autorevolezza al presidente» sostiene. Tagliaferri Da Madrid, un altro membro del Cda, Carlo Tagliaferri, espressione del Politecnico, confessa più «indignazione» che «amarezza» e parla di «scorrettezza senza pari» per come è stata appresa la richiesta di azzerare il Cda. Dopo un brindisi collegiale il venerdì sera dello stesso Cda - spiega - tre giorni dopo arrivava la convocazione del consiglio generale con all'ordine del giorno la revoca dei suoi membri («mai discussa prima»). Tagliaferri parla di provvedimenti attuati ma altri giacenti («su erogazioni e sulla legge 231 per la trasparenza e la sorveglianza, sulla gestione degli immobili»). Per il consigliere si stava lavorando per arginare le discrezionalità di gestione. Cda e presidente non si sarebbero invece mai trovati in disaccordo sugli investimenti, e il bilancio fu approvato all'unanimità. Montenz Di segno opposto è la posizione di Milena Tibaldi Montenz, consigliera del consiglio generale ed espressione del Comune di Piacenza, che dichiara a sua volta moltissima amarezza. «Francesco Scaravaggi è stato un grande a rassegnare le dimissioni, a porre l'aut aut con il Cda, o loro o io, è stato molto coraggioso. In consiglio si è perso il senso della misura da parte di alcuni, ora mi aspetto le dimissioni del Cda, se no sarà chiaro che fin dall'inizio non era la squadra del presidente, dando ragione a Scaravaggi. Il Cda deve dimettersi». Montenz annuncia che nel prossimo consiglio generale voterà per respingere le dimissioni di Scaravaggi e chiederà di revocarle: «E' un gran signore, ma di eccessiva democrazia si può morire».
pat. sof. Libertà 19/06/2014
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