Il ministro Filippo Patroni Griffi, lo stesso che, nelle scorse settimane, aveva incontrato una rappresentanza della Provincia piacentina, sostiene che le province italiane saranno tutte soppresse e dovranno cercare "aggregazioni diverse". Niente più campanili, dunque, né barricate per salvarli.
Le aree, tanto per fare qualche esempio, potrebbero essere la Brianza, l'unione delle province della Romagna o, addirittura, questo il caso piacentino, una nuova provincia "appenninico-adriatica".
La geografia non sembra più quella studiata sulle cartine delle elementari, l'obiettivo è quello di ridisegnare tutto il sistema del governo sul territorio, dopo la riforma varata nel 1865. Con - sembra - tempi leggermente più lunghi per il taglio delle Province, come si legge nelle modifiche al piano del Governo su cui, ieri, è cominciata una discussione serrata in commissione Bilancio al Senato. Nel frattempo, Piacenza cerca il suo male minore.
Se, ieri, l'onorevole Tommaso Foti del PdL ha rilanciato l'urgenza di un referendum condiviso, proposto a livello istituzionale, senza marchi di partito, oggi l'appello all'unità per chiedere di passare in Lombardia sembra, in realtà, aver creato due fronti. Mentre il presidente della Provincia, Massimo Trespidi, prende altro tempo per rispondere al monito del parlamentare azzurro (deliberare in consiglio provinciale, entro la fine di agosto, il via libera al referendum), il sindaco di Piacenza, Paolo Dosi, si schiera, piuttosto, vicino all'ipotesi circolata nei giorni scorsi di una "Provincia del gusto", che comprenda Piacenza, Parma, Reggio Emilia, fino, perché no, a Modena. Una maxi area da circa un milione di abitanti, praticamente una piccola regione, che tanto era piaciuta, come riportato ieri da Libertà, anche al presidente della Provincia reggiana, Sonia Masini, e che, sulla "Gazzetta di Parma", viene apprezzata anche dal primo cittadino di palazzo Mercanti. «La filiera agroalimentare sarebbe l'elemento unificante e caratterizzante - dice Dosi -: il modello emiliano romagnolo, sotto l'aspetto sanitario, dei servizi alla persona e della gestione dell'emergenza, è da preferire a quello lombardo».
Quella che, per Foti, rimane l'ultima zattera di salvataggio per avere un certo protagonismo, e cioè il referendum (se Piacenza va con Parma - questo a grandi linee il ragionamento - è la città di Parma ad essere Comune capoluogo, pur con un miliardo di "rosso", mentre se Piacenza si unisce a Lodi è la Primogenita, con un numero di abitanti superiore, ad essere capoluogo), è vista con un certo scetticismo dal sindaco piacentino. Questo perché, spiega, «Il referendum darebbe vita ad una serie di forze centrifughe che porterebbe chi confina con Genova, ad esempio, a guardare al versante ligure, mentre chi è più vicino a Parma a rivolgersi verso una soluzione interna alla nostra regione: meglio una scelta di omogeneità».
Il monito più volte lanciato dal sindaco è quello a una «riflessione collettiva, che sappia andare oltre alle opinioni personali» e la riflessione è che, piuttosto che alzare questi dissapori sul "chi sì e chi no", sarebbe meglio eliminare tutte le Province, in linea, quindi, con quanto detto dal ministro. Dello stesso parere anche il Fli (la presa di posizione è riportata integrale tra gli interventi), con Fabio Callegari e Alessandro Massa. «Fli aveva già avuto modo di esprimersi a favore dell'abolizione totale delle Province più di un anno fa - si legge in una nota -, con una ben riuscita raccolta firme, promossa anche a Piacenza. Né Piacenza, né Parma, né Lodi, né Cremona: la soluzione è abolire, non accorpare. Forse siamo ancora in tempo». Elisa Malacalza LIBERTA' 25/07/2012
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