Sergio Giglio nuovo Presidente degli Industriali Piacentini.
«Raccolgo il testimone da uno straordinario presidente, l'amico “Beppe” Parenti, che a sua volta lo ereditò da un altro “grande”, Giovanni Magnaschi. Entrambi hanno lasciato un segno profondo nell'associazione, sarà difficile per me eguagliarli. Più modestamente, spero di essere ricordato come il presidente che ha promosso nuovo progetti concreti, ad esempio nel campo dell'internazionalizzazione e del terziario. Ma il mio sogno nel cassetto sarebbe quello di riuscire a coagulare l'imprenditoria piacentina, perchè finalmente si riesca a “fare squadra” in termini di territorio, di innovazione , di ricerca e per tutte le iniziative importanti che partono da Piacenza».
Sergio Giglio, neo presidente dell'Associazione Industriali di Piacenza, si presenta così. Nato il 16 settembre 1955, veleggia dunque verso i 50 anni. Sposato con Emanuela e con un figlio, Giovanni Maria, di 9 anni; divide con il fratello Bruno Giglio le responsabilità di un gruppo fondato nel 1948 e che oggi, spiega lo stesso contitolare «si propone come un partner a 360 gradi per la gestione di tutte la attività inerenti i servizi di supporto alle aziende». Una molteplicità di servizi tra cui la gestione, conduzione, manutenzione, apparecchiature biomedicali; la logistica del farmaco; il facility-management; il global service; l'information technology; i servizi di consulenza; l'assistenza tecnica-amministrativa; i servizi ospedalieri di lavanderia; le operazioni immobiliari e di sviluppo territoriale. Il Gruppo Giglio - tanto per farsi un'idea - dispone di un organico di circa 150 dipendenti ed ha stipulato contratti per 240 milioni di euro.
Ma torniamo al nuovo incarico che attende l'affermato imprenditore piacentino e alla rituale raffica di domande. Misuriamo un po' la “febbre” alla nostra industria. «A Piacenza il settore ha risentito di tutti gli effetti negativi presenti nel resto del Paese (in primo luogo “lacci” e “lacciuoli” fiscali; ma anche per l'emigrazione di parecchie aziende, in alcuni casi a seguito di acquisizioni, altre volte per problemi strutturali), tuttavia la situazione non è così disastrosa come a volte la si dipinge. C'è ancora una realtà sana che ha tutte le carte in regola per risalire la china. Penso ad aziende come la Cementirossi, la Paver, la Selta di Roveleto e tante altre».
Quali sono stati i problemi più seri affrontati negli ultimi anni? «Vi è stato un grosso problema legato ai “passaggi generazionali”, non dimentichiamo che le nostre aziende provengono al 90 per cento da famiglie e questo a volte è uno scoglio difficile da superare. Si impongono scelte non facili, non è il mero passaggio del testimone tra padre e figlio, il problema è che figlio deve sapersi integrare con il managment ed avere la capacità e la voglia di rischiare, magari coinvolgendo nell'azienda altre forze».
La meccatronica, che a Piacenza ha conosciuto un periodo di gloria e di straordinario business, non è più comparto trainante. «Io credo che in questo settore come in altri ci siano ampi margini di ripresa, legati soprattutto a nuovi investimenti in tecnologia».
Ma quale può essere, oggi, il settore trainante? «Io credo molto nel manifatturiero, ma soprattutto nel terziario, che in tutto il mondo oggi galoppa e che io considero la nuova frontiera».
La strada da seguire? «La prima cosa da fare, come auspicavo prima, è “fare squadra”, cosà di per se abbastanza difficile per la mentalità piacentina. Bisogna rendersi conto che è questa la strada da percorrere se la piccola e media impresa vuole ripartire. Poi, ovviamente, bisogna puntare alla grande su formazione e ricerca. I nuovi laboratori che sono nati e stanno nascendo a Piacenza sono importantissimi, perchè ci consentiranno in futuro di “spalmare” questa ricerca sul territorio».
Intanto, però, si punta sulla logistica. «Io non demonizzo la logistica. E' una scelta che si è fatto e alla quale bisogna restare coerenti. Ora bisogna però pensare ad una logistica diversa, meno invasiva e più di nicchia; insomma è una scelta che nel futuro va ripensata meglio».
Quanto la nostra piccola e media impresa ha risentito e risente della globalizzazione? «Tantissimo, perchè ormai tutti i settori sono danneggiati, dal tessile e l'elettronica fino a molti altri comparti. Però non ci si deve fasciare la testa prima di essersela rotta, perchè non dimentichiamo che l'industria italiana tradizionalmente ha trovato proprio nei momenti difficili il coraggio, le capacità e le risorse per risorgere. Per battere la globalizzazione e i mercati ipercompetitivi come quello cinese i vuole un dosato mix di ingredienti: occorre tenere il “cervello” in Italia e delocalizzare eventualmente le lavorazioni che si possono spostare». Giorgio Lambri, Libertà del 7/6/2005
C'è bisogno di un patto d'azione per Piacenza Il primo discorso ufficiale del neo-presidente davanti alla platea del Collegio Alberoni
Il neopresidente di Assoindustria Piacenza, Sergio Giglio, ha esordito ringraziando per la fiducia accordatagli e in particolare il predecessore Giuseppe Parenti «che mi ha consegnato un'Associazione solida e vitale». Giglio spera di confidare anche nell'attenzione dei pubblici amministratori, del sindaco Roberto Reggi e del presidente della Provincia Gian Luigi Boiardi e allo stesso Parenti in veste di presidente della Camera di Commercio.
C'è bisogno di iniziative «condivise e concertate» ha aggiunto.
C'è bisogno di stringere un «solidale patto d'azione per Piacenza» su ruolo dell'impresa, infrastrutture, assetto urbano, ambiente, formazione e ricerca.
Giglio pensa ad una provincia «madre e non matrigna, attenta alle esigenze dei suoi figli», in cui un posto di rilievo lo ha proprio il lavoro «come realizzazione di sé». Quel lavoro - ha proseguito Giglio - che è anche «condizione indispensabile per essere in grado di soddisfare le legittime aspettative di tutti quegli immigrati che hanno scelto la nostra terra come luogo per migliorare le proprie condizioni di vita».
E ancora: «La velocità con cui il mondo cambia, impone a tutti - soggetti singoli e collettivi, pubblici e privati, imprese e sindacati, vecchie e nuove generazioni - non solo di modificare gli schemi abituali di comportamento, non solo di dar prova di grande flessibilità intellettuale e di altrettanta duttilità operativa, ma di progettare un futuro assieme, in un rapporto di concreta reciprocità, ciascuno facendo la propria parte con lealtà, e tutti assumendoci le responsabilità che ci competono».
Non sono mancati i passaggi più severi: «Negli ultimi anni in questa città, si è molto progettato ma poco realizzato. Sono state fatte scelte che stanno fortemente caratterizzando questa provincia. Scelte determinanti, ma per certi versi ancora in parte incompiute. Le opzioni che sono state fatte e quelle che qualche amministrazione sembra voler fare - secondo alcune idee affascinanti che in queste settimane abbiamo letto sui quotidiani locali - devono innanzitutto tenere conto di un quadro complessivo in cui siamo chiamati ad operare e che certamente non nasce e muore dentro i confini della nostra provincia, ma interagisce col mondo e dalle dinamiche mondiali è fortemente influenzato». I cambiamenti in atto impongono «scelte coraggiose» e non dettate dal caso. Piacenza ha una sua caratterizzazione produttiva precisa, «dalla quale non si può prescindere e dalla quale si deve partire per non rischiare di lasciare sul terreno troppi feriti. E lo sanno bene le organizzazioni sindacali, con le quali mi auguro di poter continuare il positivo confronto».
Giglio ha poi parlato sulla necessaria collaborazione tra pubblico e privato.
Importante anche battere la strada della finanza di progetto (pubblico-privata), già rilanciata da un crescente convegno camerale: «Le risorse ci sono , basta solo metterle nelle condizioni di essere utilizzate».
E poi un invito generale: «Osare, pensare in grande, ed un poco sognare. In un contesto dove l'impresa ha scelto da tempo un modello basato sull'innovazione e la qualità». «L'obiettivo deve quindi essere quello di sostenere queste energie produttive, vecchie e nuove, e questi sforzi di crescita. Favorire il recupero dei settori in declino, perché sorgano nuove iniziative produttive e di interscambio commerciale, com'è nella nostra vocazione territoriale».
E Giglio promette attenzione «all'ambiente ed alla cultura», perché in particolare, «ambiente ed attività economiche non sono due entità così inconciliabili». E anzi un programma ambientale in azienda può generare minori spese molto significative oltre a migliorare la vivibilità del nostro territorio, senza dover bandire le attività produttive, bollandole a priori come nemiche dell'ambiente.
Sui progetti per il prossimo biennio: «sostengo alla necessaria, crescente internazionalizzazione del nostro sistema produttivo, ed al suo accompagnamento verso una progressiva ed ineludibile terziarizzazione» anche per dare risposta all'occupazione dei giovani formati nei nostri istituti e nelle nostre università, un importante patrimonio da non disperdere. Un modo anche per combattere il pendolarismo intellettuale.
Giglio è intervento anche sul tema delle piccole imprese che hanno bisogno di un sistema efficiente, di certezze amministrative e sociali. E la classe politica ha il compito di garantire queste certezze. E' qui che mette in gioco la sua stessa affidabilità. Non contestiamo il primato della politica. Ma non deve servire da alibi per giustificare pure e semplici spartizioni di potere, né da paravento alle debolezze». Un primato da conquistare attraverso «la concretezza, la coerenza e la incisività dell'azione di governo, l'efficacia e la trasparenza dell'amministrazione».
Nonostante tutto, dice Giglio, ci sono energie imprenditoriali, industriali, commerciali, agricole, artigianali e cooperative, sempre operose. «E c'è, in queste energie, anche il segno dell'orgoglio civico di lavorare per il futuro della nostra città».
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