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sabato
23
settembre
2023
San Lino, papa



Discussione sulle Linee di Mandato

Intervento del Consigliere Filiberto Putzu

CONSIGLIERE PUTZU (FORZA ITALIA)


Grazie, Presidente.
Una breve premessa.
Il motivo del contendere affrontato dai precedenti interventi, non è tanto che a Piacenza ci sia o meno la più bassa pressione fiscale dell’Emilia Romagna, cosa da dimostrare, perché a seconda delle classifiche …
Ma, viceversa, la differenza non ininfluente, che giova ripetere anche in quest’aula anche a beneficio di tutti, della stampa e dei colleghi consiglieri, è di quanto è aumentata la pressione fiscale dal 2002.

Giova ricordare che nel 2002 la pressione tributaria era di 218€ a persona; dopo 5 anni è aumentata di +281€ a persona, quindi è aumentata del 130%.
Bisogna non dimenticare mai da quanto si è partito.

Quindi, a fronte di una tassazione probabilmente troppo bassa, che non è stata premiata dagli elettori, che era quella dell'amministrazione Guidotti, c’è stato poi un incremento assolutamente consistente della pressione fiscale del +130%.
Al di là delle classifiche del “Sole 24 ore”, di Repubblica,etc., basta leggere i bilanci consuntivi.
I revisori contabili fanno, allegati ai bilanci, la loro relazione, e lì c’è scritto per gli anni precedenti quanto è la pressione tributaria.
Con Cacciatore si discuteva sulla congruità di questo parametro, però fintanto che non cambia il parametro, il parametro rimane quello: cioè, le tasse diviso il numero degli abitanti fanno la pressione tributaria.
A Piacenza nei cinque anni passati è aumentata del +130% e questo è un dato incontestabile.

Sulla opportunità che aumentando le tasse si possano dare più servizi e che probabilmente a Piacenza, la maggioranza dei piacentini abbia ricevuto questo input, io posso essere d’accordo.
Non solo, ma non va mai dimenticato che l’aumento della pressione tributaria consente di sostenere la spesa corrente, cioè il personale, il sociale, ecc., ma consente anche di rientrare dai mutui che il Comune accende per sostenere le spese di investimento.
È chiaro ed evidente che se io aumento le tasse, le tasse non andranno solamente a sostenere la spesa corrente di tutti i giorni, ma mi consentiranno anche di rientrare dai mutui che io accendo per costruire le rotonde, piuttosto che le strade, piuttosto che le infrastrutture.
Su questo tipo di argomento si può discutere; viceversa, sulla differente visione che ha il centrosinistra e il centrodestra ritengo che ci sia poco da dire.
(omissis)

La discussione odierna è forse una buona occasione per fare una utile considerazione in merito all’esito elettorale delle ultime consultazioni di Piacenza, consultazioni che – com’è noto – hanno visto rieletto Roberto Reggi.
Infatti, sulle linee programmatiche, sugli argomenti fondamentali per la città si giocano molte delle chance di vittoria del candidato e della sua coalizione.
Che cosa ha fatto Reggi?
Reggi ha proposto un duplice modello di città: una città trasformata e una città ecologica, puntando in estrema sintesi sul miglioramento della qualità della vita e su rotonde e piste ciclabili che assieme identificano una città che cambia, una città che è ecologica.

Proporre una città ecologica poteva sembrare inopportuna e fallimentare.
Piacenza infatti è stata ed è una città ad alto tasso di inquinamento: è circondata da autostrade, da tangenziali, circonvallazioni che, in maniera miope, si sono costruite al ridosso della cinta urbana.
La conformazione della città è molto particolare e quindi questo è un alibi che si può addurre.
Tuttavia la costruzione della tangenziale sud è ormai sostanzialmente integrata pressoché nel tessuto urbano.
La tangenziale ipotetica nord è a stretto ridosso della città e quindi gli assi di scorrimento anche se toglieranno macchine dal centro storico, non le toglieranno per quanto riguarda la massa critica dell’inquinamento.
A circa 500 metri da Piazza Cavalli c’è una centrale elettrica, a poca distanza c’è un inceneritore; fabbriche di cemento e laterizi sono posizionati a poca distanza, fino a poco fa addirittura dentro il tessuto urbano.
Piacenza ha elevatissimi valori di PM10-5 e 2,5 ed ora il pericolo si chiama ossidi di azoto.
L’acqua, com’è noto, è la peggiore d’Italia per la concentrazione di nitrati.
Tuttavia è bastato cavalcare il processo, da altri già deciso e in corso di realizzazione, della trasformazione della centrale Edipower, della sua riconversione e sostenere anche che il 50% (è già stato detto più volte dal dr. Fabbri di Arpa) dell’inquinamento fosse dipendente dal gas di scarico delle auto, per mettersi e mettere in pace la coscienza.
È bastato ampliare il centro pedonale, mettere qualche fioriera qua e là, per far dimenticare lo scomodo argomento dell’inquinamento, quasi fosse un argomento scontato, risolvibile togliendo i semafori fonte di inquinamento, andando in bici su nuove piste ciclabili e camminando in un centro senz’auto.
Il problema acqua è stato risolto regalando acqua resa frizzante e più pura (o meno inquinata, a seconda di come la consideriamo) captata da pozzi più profondi.
Anche il sogno di “Piacenza città dei parchi” ha sempre aleggiato in sottofondo, facendo riferimento anche alla possibilità di recuperare alla città aree militari verdi non più strategiche.
Ad esempio, il sogno delle ex- Pertite, grande parco a disposizione dei cittadini, fu dichiarato da Reggi già nel 2002.

Certo Reggi ha dichiarato come prioritario anche il maggior impegno sul sociale, ma la grossa fetta del consenso secondo me gli è arrivata da quella parte (ampia) dell’elettorato che è stata abbagliata dalla proposta, poi effettivamente in parte realizzata, di trasformare e di cambiare la città.

In effetti a me capita spesso di parlare con conoscenti, passanti, elettori e amici, e, al di là del colore politico, quasi tutti dicono: “Però la città è cambiata”.
La città trasformata fa riferimento soprattutto alla nuova viabilità, che ha determinato la nascita di nuovi spazi.
Un esempio per tutti: la viabilità vicino a Blockbusters.
In effetti lì ci sono degli spazi che fino a pochi anni fa erano impensabili e inimmaginabili; c’è uno spazio nuovo, slarghi, ci sono delle strade nuove.
Anche la notevole spinta all’urbanizzazione, nuovi supermercati, nuovi quartieri residenziali, è stata accettata dalla maggioranza dei piacentini come un avvicinamento, come un percorso della città in via di trasformazione.
Quartieri presentati spesso come ecologici, alcuni in fase di realizzazione (l’ex-Unicem addirittura definito dai giornali “quartiere modello”, la trasformazione dell’ex- Doppel sullo Stradone Farnese) e altri da realizzarsi (San Sisto, la baia sul Po, l’ex-Acna che prevede spazi verdi9.
Tutto questo contribuisce a rappresentare una città trasformata, ecologica.
L’edificazione del nuovo Palazzo Uffici è confermato nell’immaginario collettivo questa "vision".
Hanno confortato il progetto "città ecologica", il verde mantenuto a verde in Via Cella e in Via Morigi.
In questo caso però per ottemperare a un preciso impegno politico preso da Roberto Reggi con i residenti elettori della zona.
Sulla stessa linea anche il primo premio del concorso di idee di riqualificazione di Piazza Sant’Antonino: “Un prato in Sant’Antonino”, degli architetti Premoli e Brambilla, progetto vincitore, divulgato con una grande manifestazione a Palazzo Gotico a fine novembre 2006.

Questo progetto di città trasformata e città ecologica (lo vedremo dopo) è stato supportato da una azione di marketing eccezionale, sostenuto da stampa e TV amiche, azione di marketing e propaganda che però non è sempre stato realista e veritiero...

Ed il reiterare il duplice modello di città trasformata e città ecologica è risultato vincente anche nelle recenti consultazioni elettorali.
Questo progetto è stato riproposta grazie alle aree militari, già definite si badi bene ex-aree militari: nuovi parchi, verde per tutti, passeggiate col cane, sintesi clorofilliana, migliore qualità della vita per case tra gli alberi.
E nella gente questo messaggio è passato molto bene.
Ma le aree militari non sono solamente le grandi aree verdi dell’ex-Ospedale militare e l’Arsenale: sono anche interessanti caserme in centro storico, in Via Castello, in Via Benedettine, già passate dalla Difesa al Demanio, pronte a diventare non parchi ma parcheggi e residenze di lusso.
Tuttavia il recupero alla città delle aree militari è stato un messaggio forte, percepito da moltissimi come un diritto a riappropriarsi di aree quasi impropriamente utilizzate.

Anche il progetto enunciato dall’esponente del governo Prodi, il sottosegretario Forceri, della possibilità di accorpamento di un nuovo polo militare di almeno 200.000 mq al Polo logistico di Le Mose rientra in quest’ottica, perché, nel contempo, trasferendo là i magazzini militari ampie aree diventerebbero disponibili in centro e in periferia.
Il sottosegretario Forceri diceva nel febbraio del 2007:
“L’operazione di accorpamento in un polo unico delle aree in grigio- verde piacentine dove sorgono gli stabilimenti militari è andata molto avanti”.
E spiegava:
“Abbiamo individuato sia le priorità che sulla base di una nuova finanziaria andranno al Demanio, sia tutte le altre aree dove siamo attualmente presenti, come il polo di mantenimento pesante nord, il MACRA, per il quale è stato avviato un percorso di permute e di scambio con un’area e una serie di costruzioni da reperire nella zona industriale del territorio piacentino. Si è fatto il progetto di massima, sono state definite le necessità, le quantità; ora si tratta di procedere”.
E prosegue:
“Il programma di permuta è molto grande e importante e come Difesa vogliamo assolutamente realizzarlo. Poi ci sono le altre aree passate all’agenzia del Demanio e su cui sono fondamentali gli enti locali, vale a dire cosa riusciranno a fare e quali progetti metteranno in campo. Bisogna avere idee e progetti da poter sottoporre a partner privati. Sono necessari investimenti”.
Ancora Forceri, questa volta nell’agosto del 2007, sull’accorpamento dell’ex-Arsenale, Macra e Laboratorio Pontieri, dice:
“La Difesa è pronta già da settembre – il mese scorso – a stringere i fili della permuta di aree, per arrivare a un nuovo, più razionale polo militare a Le Mose. Sul progetto di accorpamento e permuta per Piacenza siamo già pronti, – conferma il sottosegretario – lo riprenderemo a settembre con l’Amministrazione comunale e tutto è definito anche nei particolari”.

C’è quindi da chiedersi, a questo punto, se i progetti di città ecologica e di città trasformata siano condivisibili e se si siano realmente realizzati o no, questo perché è dovere di chi amministra fare il bene della città.

Ora che la campagna elettorale è terminata, oltre agli slogan, bisogna che l’impegno sia massimo e la trasparenza dell’informazione è fondamentale.
I messaggi positivi devono essere confortati dalle azioni intraprese per il loro raggiungimento; le problematiche negative – bisogna avere il coraggio di farlo – devono essere fatte emergere e sviscerate per poi essere affrontate.

La città ecologica ritengo possa essere un obiettivo condiviso, pur con tutti i limiti di partenza già ricordati.
Ritengo però che ci si debba maggiormente concentrare sulla lotta ai nuovi inquinanti dell’aria e ai vecchi inquinanti dell’acqua.
Grande attenzione deve essere posta sulle particelle di particolato più piccole, quelle denominate
PM 5 e 2,5, e sugli ossidi di azoto
, che personalmente ritengo essere ormai il reale problema a Piacenza.
Nel 2002 ARPA quantificava la produzione di ossidi di azoto determinandone i produttori , e diceva (l’ARPA è l’agenzia regionale, quindi un organismo che dovrebbe essere super partes, certo non è di destra): “Circa 6.000 tonnellate all’anno da parte dell’industria nel 2002, di cui 3.000 da parte della centrale Edipower; 1.500 tonnellate all’anno da parte del traffico”.
Anche l’inceneritore ne produce un bel po’, tanto che alla inaugurazione del termovalorizzatore di Borgo Forte, Andrea Cirelli dell’Autorità Regionale per la gestione dei rifiuti ne sottolineò l’importanza.

Mi sembra, signor Sindaco, che sia giunto il momento di avere da ARPA un aggiornamento dei dati, con una esatta quantificazione di quanti ossidi di azoto arrivano dalla centrale, dall’inceneritore, dall’industria e dal traffico, perché i dati che abbiamo sono un po’ vecchi.

In merito alle piccole particelle PM5 e 2,5, da tempo Armaroli del CNR di Bologna ha identificato nelle centrali a metano, cioè quelle riconvertite come la nostra, la tana delle polveri killer e questo studio e altri non sono mai stati confutati; il problema è la misurazione di questi inquinanti che aumentano le patologie respiratorie e che aumentano la mortalità: aumenta la mortalità, ovviamente nella popolazione anziana oppure nei cardiopatici, per cause cardiache e polmonari.
È difficile misurare queste particelle perché si formano in un secondo momento e non si rilevano ai camini.

PRESIDENTE
 Chiedo scusa, consigliere Putzu. Siamo in corso d’intervento, mi rendo conto, ma è arrivata durante il Tuo intervento la richiesta di prolungamento del Consiglio Comunale. E’ evidente che non posso metterla in votazione adesso, stai parlando, però ve lo dico per poterla votare alla fine del Tuo intervento. Grazie.

CONSIGLIERE PUTZU (FORZA ITALIA)
 Dicevo che queste particelle ancora più fini, che entrano ancora di più nel alveo respiratorio perché sono più piccole come diametro -5, 10, 2,5 sta a significare i micron di diametro hanno tra i loro principali precursori sono gli ossidi di azoto.

Recentissimamente è intervenuto sulla stampa locale anche la Federazione Ordini dei Medici della regione Emilia Romagna, ribadendo la preoccupazione per la politica intrapresa in riferimento agli inceneritori a livello regionale e sottolineando la pericolosità delle emissioni e lo sviluppo di patologie tumorali (tumore al polmone e linfomi) in conseguenza degli ossidi di azoto.

Gli ossidi di azoto in presenza dell’umidità atmosferica si trasformano in acido nitrico, i suoi sali vengono chiamati nitrati e sono pressoché tutti solubili in acqua.

I nitrati della nostra acqua dipendono quindi solo dall’uso dei fertilizzanti e alla rotazione agricola intensiva, oppure dall’elevata urbanizzazione e dall’alta produzione di ossidi di azoto a Piacenza?


Compatibilmente con lo sviluppo economico- il traino dell’economia è certamente il motore dello sviluppo di un territorio- bisognerà, se si vuol dare corpo realmente e non solo con politiche superficiali allo sviluppo della città ecologica, bisognerà trovare i mezzi e i modi per mettere al centro della nostra azione politica questo argomento.

Senza dimenticare poi che il problema PM10 per Piacenza non è finito: occorre non dimenticare mai che il Polo logistico ha incrementato e incrementerà la produzione di polveri fini di un buon 33% sul totale.
Spero che chi fa politica, cioè noi, non si accontenti di liquidare il problema perché Le Mose è a 4 km da Piazza Cavalli.
Si è parlato di organizzazione del trasporto delle merci usando piattaforme distributive, il famoso progetto MEROPE; si è parlato di incrementare il trasporto su ferro anziché su ruota, per l’entrata e uscita delle merci stoccate al Polo logistico, ma mi sembra che sia stato fatto molto poco finora in merito a questo argomento, e l’impegno ad andare avanti è stato molto attenuato, ultimamente.

Questo Consiglio, inoltre, il giorno 26 marzo 2007 ha votato un emendamento che avevo proposto al Piano Energetico Comunale, in base al quale (emendamento votato all’unanimità, quindi da minoranza e maggioranza) si chiedeva che si pensasse a un Protocollo d’intesa per obbligare i privati a mettere sui tetti dei capannoni impianti solari, termici, fotovoltaici, per ridurre l’inquinamento dell’area industriale. Mi sembra che questa cosa non sia ancora stata fatta.  
Secondo me chi viene a Le Mose non deve più mettere il gasolio per riscaldare i magazzini, ma deve mettere l’impianto fotovoltaico sul tetto...

Per quanto riguarda invece il progetto di città trasformata è necessario superare la motivazione viabilistica della trasformazione urbana e pensare invece se sia possibile, con un ampio dibattito dove si cerchi la convergenza piuttosto che la differenza, qual è il modello di città futura che andiamo a realizzare.
L’idea di una città dei parchi, di una Piacenza verde, è complessivamente piuttosto grossolana.

Risulta evidente e chiaro che le aree che saranno disponibili non possono essere ipotizzate a verde esclusivo: è necessario acquisire le aree e chi acquista non lo fa certamente per beneficenza, a meno che sia l’Amministrazione comunale a proporre un progetto in questo senso e a sostenerlo economicamente in modo diretto.
Cordata pubblico-privato vuol dire trovare l’impresa che acquista, ottempera alle richieste dell’Amministrazione e in cambio deve poi ricavarne un utile economico.

Le grandi aree future ex-militari allora saranno un contenitore per che cosa?
Qual è il nostro modello di città?
Come vogliamo che si sviluppi Piacenza?
La città ha bisogno di nuovo residenziale?
Se sì, per quale tipologia di abitanti?
Il nostro territorio e la sua popolazione sono in grado di sostenere nuovo residenziale e commerciale? Oppure vogliamo attirare qui nuovi abitanti alla ricerca di migliore qualità della vita?
Abbiamo bisogno di nuovo residenziale o di nuova impresa, e se nel secondo caso quale tipo di impresa?
Centri direzionali, dependances di grandi aziende che possono essere attirate da convenienti condizioni economiche, da strategicità logistica, da qualità e stili di vita migliori?
Che turismo vogliamo sviluppare per Piacenza e città e quali condizioni infrastrutturali, culturali e commerciali vogliamo realizzare?
Qual è l’idea di sviluppo che abbiamo in merito al polo universitario?

Penso che su questo sia indispensabile confrontarsi tutti assieme, ricercando se è possibile unitarietà di intenti e di vedute.
In caso contrario ci si dovrà allora cimentare ciascuno sostenendo le proprie idee e vedute, ma avendo sempre al centro l’attenzione per la città e i piacentini tutti
.
Grazie.


pubblicazione: 18/10/2007

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